Nelle acque del mar Arabico una ‘zona morta’ in progressiva espansione
È l’allarme lanciato dagli scienziati, che puntano il dito contro il riscaldamento globale. Oggi l’area morta ha raggiunto le dimensioni della Scozia. Scienziati: tendenza “preoccupante”. La mancanza di ossigeno rende difficile la sopravvivenza dei pesci. Il fenomeno coinvolge anche le barriere coralline e il turismo.
Abu Dhabi (AsiaNews/Agenzie) - Nelle acque del mar Arabico vi è una “zona morta” che ha raggiunto oggi le dimensioni della Scozia e sembra destinata a crescere in modo ulteriore. A lanciare l’allarme è un gruppo di scienziati, che punta il dito contro i cambiamenti climatici responsabili del progressivo inaridimento del mare.
Dal suo laboratorio ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti (Eau), Zouhair Lachkar è al lavoro su un modello a colori computerizzato del Golfo dell’Oman; esso mostra il cambiamento delle temperature, del livello dei mari e della concentrazione di ossigeno. I risultati dei modelli e delle ricerche diffusi di recente mostrano una tendenza “preoccupante”.
Le zone morte sono aree del mare in cui la mancanza di ossigeno rende difficile la sopravvivenza dei pesci. Quella nel mar Arabico, la sezione nord-occidentale dell’oceano Indiano, “è la più intensa al mondo” afferma Lachkar, uno dei più autorevoli scienziati alla New York University nella capitale degli Emirati.
“Inizia a circa 100 metri di profondità e si spinge fino a 1500 metri - aggiunge l’esperto - di modo che l’intera colonna d’acqua risulta completamente priva di ossigeno”. Le zone morte sono fenomeni naturali in tutti i mari del mondo, ma questa è apparsa e ha iniziato a diffondersi negli anni ’90. Secondo Lachkar e altri scienziati la causa del progressivo aumento è il riscaldamento globale, unito ai danni provocati dalle industrie del turismo e della pesca.
Le zone costiere e le popolazioni che le abitano, da Mumbai in India a Muscat nell’Oman, saranno interessate da una ulteriore espansione della zona morta. E i pesci, una fonte di sostentamento essenziale per la regione, potrebbero trovare un habitat sempre più ostile ed essere esposti al rischio di sovra-sfruttamento ed estrema competizione per la sopravvivenza. “Quando la concentrazione di ossigeno diminuisce - conclude Lachkar - i pesci non possono sopravvivere e si va incontro a morti massicce”. Infine, il fenomeno dell’inaridimento dei mari coinvolgerebbe anche, per estensione, il turismo e le barriere coralline.