15/09/2009, 00.00
INDIA – CINA
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Nel regno di Cindia crescono le tensioni fra Delhi e Pechino

di CT Nilesh
Finora gli scontri erano solo fra soldati dei due eserciti sui confini contesi. Ma ora c’è il Dalai Lama; la concorrenza nei mercati africani; la troppa amicizia della Cina con Pakistan, Sri Lanka e Myanmar; l’invasione di prodotti cinesi in India. I vantaggi dell’India: la democrazia e l’uso dell’inglese. Ma si collabora nel mondo informatico.
New Delhi (AsiaNews) – Mentre il mondo spera nel regno di Cindia [l’unione dei mercati di India e Cina] per uscire dalla crisi economica mondiale, appaiono sempre più frizioni fra i due giganti dell’Asia. Certo, la competizione tra India e Cina data da molto tempo: per decenni essa ha riguardato confini ed affari militari. Ma di recente, con la loro entrata nel commercio e negli affari internazionali, Delhi e Pechino hanno cominciato a scontrarsi sempre più spesso su una miriade di temi.
 
Nelle ultime settimane si rincorrono notizie di intrusioni dei militari cinesi nei territori di confine, l’ultimo è avvenuto il 13 settembre nello stato settentrionale dell’Uttarkanth. Il governo di New Delhi cerca di minimizzare per lasciare i motivi di tensioni lontano dai riflettori e non offrire spunti polemici all’opposizione interna. Ma i fatti dicono che nella cosiddetta Line of Actual Control (Loc), i rispettivi eserciti non si limitano a controllarsi a vicenda. È di oggi la notizia diffusa dall’Indian Army  del ferimento di due ufficiali della Indo-Tibetan Border Police in uno scontro a fuoco con militari cinesi nel nord del Sikkim. L’incidente risale al 30 agosto e indica un deterioramento ormai in atto della situazione.
 
Le carte geografiche dell’India sono state disegnate dagli ufficiali britannici quando la Cina era una nazione chiusa e sottomessa. I britannici avevano il loro interesse nel segnare i confini più larghi possibile. Quando se ne sono andati, l’India ha ereditato i confini di un impero “conquistato”.
 
Non appena l’armata comunista si è sentita in forze per affermare i suoi diritti, nel 1962, essa ha invaso il nordest indiano e l’India non è stata capace di fermarli. Da quella amara esperienza, l’India di Gandhi della non-violenza, è stata costretta a salire sulla corsa agli armamenti, fino alla bomba atomica del 1974. Poiché molti chilometri di confine sono sulle alte montagne dell’Himalaya, è molto difficile demarcarli e controllarli. Questo spiega le continue schermaglie fra pattuglie dei due eserciti.
 
Negli ultimi anni il ventaglio di conflitti fra i due Stati si è allargato. India e Cina la pensano diversamente in molti campi: ad esempio, hanno differenti posizioni nel Wto (Organizzazione Mondiale del Commercio; v. il no all’esportazione di giocattoli cinesi in India); la spartizione dei mercati e delle risorse dell’Africa;  la poco chiara interferenza della Cina con Islamabad; l’appoggio di Delhi al Dalai Lama ed alla causa tibetana; gli investimenti delle compagnie cinesi in alcuni settori indiani; il rifiuto della Cina a visti d’entrata per commercianti indiani.
 
L’ultima controversia è circa l’annunciata visita del Dalai Lama nello Stato dell’Arunachal Pradesh e il posizionamento degli aerei militari Sukhois a Tezpur. L’Arunachal ha una folta popolazione buddista che giustifica la visita del leader tibetano. Ma la Cina considera questa regione parte del Tibet e quindi della Cina. D’atra parte, proprio per questo, l’India è pronta a difenderla. Ed ora che il Pakistan è occupato a combattere i terroristi al confine con l’Afganistan, l’India può spostare i suoi aerei militari verso oriente. Per mantenere  sicuri i confini del nordest da forze ostili, in ottobre uno squadrone di MKI (una variante del modello militare Su30) verrà spostato alla base militare di Tezpur nell’Assam. A questo farà seguito un altro contingente alla base di Chabua nell’Assam orientale ed anche a Bagdogra nel Bengala Occidentale.
 
Questa competizione sembra aumentare sempre più, proprio ora che ambedue le nazioni, definite come “Cindia”, sono divenute la locomotiva trainante della ripresa economica dopo la grande crisi finanziaria. Un confronto è inevitabile, ora che l’India si è accorta che la Cina ha catturato il 60% del mercato dei giocattoli nel mercato indiano. Come sarà possibile che  I due Paesi stanno conquistando la posizione di nazione dominante in Asia, e nel mondo:  come sarà possibile che esse rimangano buoni vicini e partner commerciali?
 
In India è diffusa la paura che la Cina stia accerchiandola dal Pakistan al Myanmar, da Malacca a Colombo. Gli indiani temono che la Cina voglia invadere il mercato indiano con prodotti a buon mercato, costruiti forse nelle prigioni.
 
Lo scorso gennaio, l’India ha imposto un embargo di sei mesi sull’importazione di giocattoli cinesi e la Cina ha minacciato di accusare l’India al Wto per restrizioni illegali. I commercianti indiani, specialmente quelli piccoli, sono preoccupati per i giocattoli cinesi. Prakash Bansal, un produttore di giocattoli a New Delhi ha subito una grossa perdita. E commenta: “Ormai i cinesi producono perfino oggetti tipicamente indiani come le [statue del dio] Ganesh. I loro prodotti sono ben fatti ed a buon mercato. Non ci è possibile far meglio di loro”.
 
Ciò in cui gli indiani fanno meglio è nella democrazia: un Paese popoloso più o meno come la Cina riesce a far partecipare alle elezioni i villaggi più sperduti, con reali effetti sulla leadership e sui cambiamenti. Si sa quanto i capi comunisti cinesi disprezzino la democrazia indiana. Ma i capi indiani pensano che a lungo andare  la democrazia trionferà e quando il bisogno di libertà si affermerà nel popolo cinese, la stabilità del loro sistema ne soffrirà e la crescita economica rallenterà. Un altro elemento positivo per l’India è la sua conoscenza ed uso della lingua inglese, ereditata dall’era britannica.
 
Vale la pena ricordare che una collaborazione sta avvenendo, ed è nell’informatica: gli hardware dei computer sono prodotto soprattutto nell’area cinese del mondo; i software sono prodotti specialmente in India o da indiani nella Silicon valley americana. Sarà forse questo il modello di cooperazione per il futuro?

 

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