Mons. Hinder: con Khalifa bin Zayed lo sviluppo ‘tollerante’ degli Emirati
Un Paese in lutto per 40 giorni ha salutato il presidente 73enne, malato da tempo. La guida della nazione già da tempo nelle mani del principe ereditario Mohammed bin Zayed. Ex vicario d’Arabia: si respira un clima di “rispetto e tributo” alla persona. Per la nuova leadership il valore della tolleranza che abbraccia religioni ed etnie.
Abu Dhabi (AsiaNews) - Negli ultimi anni Shikh Khalifa bin Zayed Al Nahyan “è apparso di rado in pubblico”, conducendo una vita “molto ritirata” e, pur mantenendo a livello nominale la carica di presidente ed emiro di Abu Dhabi, sono altre le autorità che hanno guidato la nazione. Tuttavia, sul piano politico va sottolineata “la visione di aprire il Paese” e continuare “il progetto del padre” [il fondatore Zayed bin Sultan Al Nahyan] in un’ottica di sviluppo e crescita. È il ricordo che mons. Paul Hinder, già vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen) e da poco dimissionario per raggiunti limiti di età, traccia ad AsiaNews del presidente degli Emirati Arabi Uniti (Eau) scomparso nei giorni scorsi. “Tutto il Paese - prosegue il prelato - è in lutto, ancora oggi gli uffici e le scuole sono chiusi, le bandiere sventolano a mezz’asta, si respira un clima di rispetto e tributo della persona, anche se la gente sapeva che non stava bene”.
Malato da tempo, Shikh Khalifa è morto il 13 maggio all’età di 73 anni. Era nato il 7 settembre 1948, figlio maggiore di Zayed bin Sultan Al Nahyan, emiro di Abu Dhabi e presidente degli Emirati dal 1971, anno dell’indipendenza dal Regno Unito, fino alla sua morte nel 2004. Il ruolo ha un valore di gran lunga cerimoniale e, secondo tradizione, viene assegnato all’emiro di Abu Dhabi, il più ricco dei sette che compongono la nazione del Golfo.
Con tutta probabilità la carica di presidente dovrebbe essere ricoperta dal fratello, il principe ereditario Mohammed bin Zayed (Mbz), già oggi uno dei leader regionali e mondiali più potenti; egli è espressione della nuova classe dirigente araba e del Golfo, che trova il corrispettivo in Mohammad bin Salman (Mbs) in Arabia Saudita. L’incarico di primo ministro viene invece affidato all’emiro di Dubai la cui carica è ricoperta oggi da Mohammed bin Rashid al Maktoum, figura per certi aspetti controversa e accusato del rapimento della figlia.
Gli Emirati osserveranno un periodo di lutto della durata di 40 giorni, mentre per tre sono rimasti chiusi gli edifici pubblici. I funerali si sono celebrati il 14 maggio scorso sotto la guida del principe ereditario di Abu Dhabi, mentre una picchetto militare ha scortato la salma all’interno della moschea per la preghiera e poi lo ha condotto al luogo di sepoltura. I fedeli si sono riuniti intorno alla tomba mentre il principe ereditario ha spalato con le mani la terra nella tomba del fratellastro.
La nazione saluta il suo defunto leader, ma lo sguardo è già proiettato da tempo verso il futuro come conferma l’ex vicario apostolico. “Il principe ereditario - racconta mons. Hinder - è una persona energica, con una visione ben precisa come ho potuto constatare nei vari incontri, soprattutto quelli in preparazione della visita di papa Francesco nel 2019 e la firma del documento sulla fratellanza, che egli ha sostenuto con forza”.
Pur dovendo tenere conto delle sensibilità dei cittadini, prosegue il prelato, la nuova leadership prosegue “nel cammino di apertura e di sviluppo”, di incontro e dialogo. “L’aspetto preponderante - osserva - è l’importanza che viene data alla tolleranza, un elemento che si somma all’ambito economico. Uno spirito di tolleranza che abbraccia tutte le religioni ed etnie e uno dei capisaldi su cui poggia il futuro degli Emirati”.
14/02/2024 16:39