25/09/2024, 13.24
IRAQ - LIBANO - ISRAELE
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Milizie irachene pronte a sostenere Hezbollah. Al-Sistani invoca la fine ‘dell’aggressione’

Negli ultimi giorni si registrano attacchi della Resistenza islamica in Iraq contro Israele, l’ultimo nella notte con droni intercettati e abbattuti dall’aviazione. In caso di invasione di terra del Libano i miliziani pronti a unirsi al conflitto. Il 94enne leader sciita chiede aiuti per la popolazione civile libanese. Fra gli iracheni timori di una escalation che favorirebbe anche il ritorno dell’Isis. 

Baghdad (AsiaNews) - Nella guerra lanciata da Israele contro Hezbollah in Libano, che coinvolge l’intero Paese trascinato in un conflitto dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche, il rischio di una escalation regionale è più di una possibilità come dimostra il coinvolgimento di milizie filo-sciite in Iraq. In queste ore, infatti, il movimento Resistenza islamica in Iraq ha lanciato un attacco contro obiettivi dello Stato ebraico, utilizzando missili da crociera Al’Arqab. Operazioni analoghe sono già avvenute nel recente passato, in risposta alla guerra in corso a Gaza, ma ora si sono estese a difesa “dei popoli oppressi di Palestina e Libano” come spiega una nota del gruppo rilanciata dall’iraniana Mehr News Agency (Mna).

“Abbiamo preso di mira un obiettivo vitale nel nord dei territori occupati - prosegue la dichiarazione - con un missile da crociera Arqab”. Nella notte la Resistenza islamica in Iraq ha attaccato Israele con due droni transitati nello spazio aereo siriano ed entrati in territorio israeliano dalle Alture del Golan, facendo risuonare le sirene a Ein Zivan e Merom Golan intorno alle 3 del mattino. Gli impatti - dovuti al probabile abbattimento di caccia militari dell’esercito israeliano (Idf) - hanno scatenato incendi in aree aperte, senza causare danni a infrastrutture o persone. I principali gruppi che formano la Resistenza islamica in Iraq hanno infine avvertito che, in caso di invasione terrestre del Libano da parte di Israele, sono pronti a entrare “direttamente” nel conflitto a fianco di Hezbollah e affrontare le truppe Idf. 

Si tratta al momento di operazioni di lieve entità se paragonate agli attacchi contro il Libano o la guerra a Gaza, ma che testimoniano l’allargamento del conflitto se non a nazioni dell’area, quantomeno a gruppi o movimenti sciiti collegati alla galassia iraniana (e a Hezbollah). Da qui la crescente preoccupazione degli iracheni di un possibile coinvolgimento a tutto campo del Paese nella guerra fra Israele e Libano, che rischierebbe di far deragliare la fragile ripresa dopo anni di guerra e instabilità, legate anche ai jihadisti dello Stato islamico, minaccia tuttora presente. 

“Entrare in guerra sarebbe una follia” dichiara Basil, tassista 40enne di Salah al-Din. “Temiamo ancora il ritorno dello Stato Islamico”. “Entrare in guerra darebbe a questa organizzazione la possibilità di ripresentarsi di nuovo” scrive in un editoriale pubblicato ieri al Mashhad. Elham, insegnante di lingua araba di 44 anni del sud di Baghdad, avverte: “La guerra significa la fine del processo educativo, che sta ancora soffrendo di gravi crisi. Stiamo cercando di rilanciare l’intero processo educativo, ma le guerre sembrano inseguirci, impedendoci di andare avanti”. Un altro iracheno, Saif al-Azzawi, ha avvertito che il coinvolgimento del Paese nella guerra in Libano potrebbe portare al collasso dell’attuale sistema politico. “Quello a cui assisteremo nel 2025 sarà un Iraq diverso da quello precedente, e gli interventi stranieri negli affari interni dell’Iraq inizieranno se sarà coinvolto nella guerra contro Israele”.

In una prospettiva di crescente preoccupazione - e tensione - legata al quadro regionale, si inserisce l’appello - raro e inusuale - a favore di un Libano che si sta trasformando in “un’altra Gaza” della massima autorità sciita in Iraq, il grande ayatollah Ali Al-Sistani. Nella nota il 94enne leader religioso invoca la fine della “barbara aggressione e la protezione del popolo libanese” e, rivolgendosi ai fedeli, chiede di “contribuire ad alleviare le sofferenze” e “venire incontro ai bisogni umanitari”. Al contempo egli auspica “ogni sforzo” per mettere fine alla “aggressione” israeliana contro il Libano, da giorni sottoposto a un’incessante campagna di bombardamenti contro esponenti e obiettivi di Hezbollah ma che finisce per colpire, e uccidere, i civili.

La dichiarazione di Al-Sistani è una conferma ulteriore della preoccupazione con la quale la regione mediorientale, i governi e le autorità religiose e civili, guardano all’escalation. Del resto Baghdad è uno degli osservatori più attenti, e interessati, dagli eventi in corso: il governo, infatti, è dominato da partiti e fazioni filo-Teheran con forti legami con Beirut e, soprattutto, i miliziani sciiti di Hezbollah. Da qui l’intervento del primo ministro iracheno Shia al-Sudani, che avrebbe dato “istruzioni” per azioni di sostegno al popolo libanese, oltre ad aver incaricato il capo dell’esercito di: estendere o rinnovare il visto di ingresso ai cittadini libanesi presenti sul territorio; esentare i libanesi che al momento sono in situazioni irregolari di incappare in provvedimenti di espulsione; continuare a garantire un ingresso senza visto ai libanesi che si trovano alla frontiera o nei punti di ingresso. Inoltre, il ministero degli Esteri di Baghdad ha sollecitato un vertice della Lega araba e delle nazioni musulmane, auspicando un intervento coordinato e unitario per mettere fine “all’aggressione” israeliana, oltre a rafforzare i ponti aerei per l’invio di aiuti alla popolazione. 

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