Maristi di Aleppo: le sanzioni impediscono una vera pace
I religiosi raccontano di una città che cerca con fatica di tornare alla normalità. Ma l’obiettivo di un ritorno dei profughi è ancora lontano. Il coraggio e la forza di quanti sono rimasti. L’auspicio che il conflitto possa cessare in tutto il Paese. Le molte iniziative dei cristiani a favore della popolazione: uomini, donne e bambini.
Aleppo (AsiaNews) - Il ritorno dei rifugiati e di quanti sono fuggiti dalle violenze “avrebbe significato la fine della guerra” e, soprattutto, il “ritorno alla vita”. Tuttavia, anche di fronte alla riunificazione della città, del ripristino dei servizi di base (elettricità e acqua), resta centrale il bisogno di “ravvivare la fiamma della speranza”, perché altrimenti non sarà possibile fermare “il flusso di persone che lasciano il Paese” che “continua” ancora oggi. È quanto raccontano i Maristi blu, nella 34ma Lettera da Aleppo e inviata per conoscenza ad AsiaNews. Oltre ai programmi di aiuti alla popolazione resta “essenziale” la cura della “persona umana”, la pace “sull’intero Paese” e la fine delle sanzioni dell’Occidente.
Ecco, di seguito, un’ampia sintesi della testimonianza contenuta nella lettera da Aleppo numero 34. Traduzione dal francese a cura di AsiaNews:
In queste ultime settimane, abbiamo visto arrivare molti amici che avevano abbandonato il Paese durante la guerra. Spesso erano soli. Vedere le persiane delle loro case aperte o incontrarle per la strada, ridestava in noi la speranza; la speranza a lungo attesa, di un loro ritorno che avrebbe significato la fine della guerra, la fine dell’incubo emigrazione e soprattutto il ritorno alla vita.
Li abbiamo accompagnati in giro per la città. Siamo diventati delle guide turistiche del mercato devastato e dei quartieri stravolti dall’odio. Abbiamo dovuto spiegare la sofferenza di quanti hanno dovuto restare. In molti hanno espresso il loro stupore di fronte alla loro volontà di vivere e di sopravvivere. E alla nostra domanda “Pensate di rimanere?”, la risposta negativa o dissimulata ci riportava all’amara realtà dell’emigrazione.
È vero che nel dicembre 2016 si è scritta la parola fine alla divisione della città in due parti. Ed è vero che, da allora, la ricostruzione è diventata un obiettivo prioritario del governo e della popolazione. Ed è ancor vero che centinaia di famiglie che erano fuggite dalla parte orientale della città e cui era stata distrutta o resa inagibile la casa, hanno deciso di rientrare. Infine, è vero che i servizi di base come l’acqua e l’elettricità sono di gran lunga migliorati.
Ma resta il punto essenziale: la persona umana. Chi ha fatto la guerra e chi l’ha subita. Cosa ne è rimasto, di queste persone, in quali condizioni è il loro spirito? È ancora equilibrato? Come rimediare alle ferite della guerra? Come camminare verso la riconciliazione? Come reagire alla violenza di alcune persone? Quale cammino di recupero e di educazione devono seguire i bambini, vittime della guerra? Quale discernimento proporre ai giovani, in età di prendere decisioni per l’avvenire? Come sostenere l’integrità delle coppie e del loro focolare? E soprattutto, come ravvivare la fiamma della speranza?
Resta anche la speranza che la pace possa regnare sull’intero Paese e che non restino più alcune sacche di guerra, come nella provincia di Idlib e nella campagna a ovest di Aleppo e nel nord-est della Siria. E poi ci sono ancora centinaia di migliaia di famiglie che continuano a vivere sotto le tende, nei campi profughi, all’interno dei confini o nelle nazioni limitrofe.
All’Occidente spetta la decisione di rimuovere le sanzioni che colpiscono la popolazione. Il rappresentante speciale delle Nazioni Unite, che ha compiuto una visita a Damasco di recente, in riferimento agli effetti negativi delle misure coercitive unilaterali e in tema di diritti umani ha dichiarato: “Sono profondamente preoccupate perché le misure coercitive unilaterali contribuiscono ad aggravare le sofferenze del popolo siriano […] è difficile credere che essere possano incoraggiare la transizione verso la democrazia”.
I nostri amici che sono tornati, giusto per un momento, per rimettere in ordine le loro case o sistemare alcuni problemi rimasti in sospeso, ripartono lasciandosi una grande questione irrisolta: “Saremo destinati a lasciare il Paese?”. Del resto il flusso di famiglie o di persone che desiderano o che lasciano il Paese non si è certo fermato.
Intanto proseguono i programmi educativi, di sviluppo umano avviati da anni, cercando al contempo di creare opportunità di lavoro. Il mese di settembre è stato consacrato alla formazione delle insegnanti dei nostri due programmi educativi “Voglio imparare” e “Imparare a crescere”. Soumaya Hallak, svizzera di origine siriana, le ha formate alla terapia post-traumatica attraverso la musica e l’uso del corpo. Bahjat Azrieh, psicologo, li ha avviati alle “competenze della vita”. Infine, Veronica Hurtubia dell’università Cattolica di Milano, in collaborazione con l’Ufficio internazionale cattolico dell’infanzia (Bice), ha diretto una prima tappa della formazione sul tema della resilienza.
I 90 bambini di “Voglio imparare” hanno cominciato il loro anno all’inizio di ottobre. I 55 bambini di “Imparare a crescere” li hanno raggiunti verso la fine del mese. Durante tutti i mesi dell’estate, i loro educatori hanno dato vita a un nuovo programma modellato sulle situazioni che si trovano a vivere i nostri bambini.
Una nuova equipe è venuta per potenziare il nostro lavoro psico-educativo. Si tratta di “Seeds”. Cinque persone lavorano a contatto con gruppi di età diversa: dai prescolari agli adulti, passando per giovani e adolescenti. Il programma “Sviluppo della donna” riunisce una quarantina di donne attorno in occasione di momenti settimanali di formazione su temi importanti come la sanità, la psicologia, la cucina…
Con i programmi di micro-sviluppo […] abbiamo finanziato sinora 70 progetti.
Proseguono le iniziative in campo sanitario. Noi, Maristi blu di Aleppo, insieme ad altre associazioni caritative, aiutiamo i malati a farsi visitare e operare, o acquistare le medicine di cui hanno bisogno. E poi, tutti i mercoledì e la domenica una ventina di nostri volontari al campo profughi di “Al Shahaba”, situato a circa 25 km da Aleppo. Nelle tende all’interno del campo sono alloggiate 120 famiglie. La nostra presenza e il nostro operato hanno migliorato la loro condizione di vita. I più piccolo hanno un momento per svagarsi con esercizi fisici e giochi. I più grandi in età scolastica imparano a leggere e a scrivere. Gli adolescenti sono seguiti da un gruppo di volontari che permette loro di riflettere su temi che riguardano la loro vita e la loro condizione di sfollati. Natale si avvicina! E porta con sé la speranza di pace e di riconciliazione. Per la nostra città di Aleppo, per il nostro Paese, la Siria, per il nostro popolo, speriamo che Natale sia tempo di incontro e non dell’arrivederci.
Lavoriamo perché la civiltà dell’amore e della pace regni sulla nostra terra e nei cuori.
*Frate Marista blu ad Aleppo
19/11/2019 11:08
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