12/07/2017, 11.27
IRAQ
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Mar Sako: dopo la liberazione di Mosul, cancellare l’ideologia jihadista e costruire la pace

Il patriarca caldeo apprezza gli sforzi di esercito irakeno e Peshmerga che hanno portato alla vittoria nella ex roccaforte del Califfato. Egli delinea la “lunga e faticosa” strada che porta a una sicurezza duratura. Ancora isolati episodi di violenza in città. Premier irakeno: la convivenza “assieme” ai “fratelli cristiani” è la “risposta naturale” a Daesh. Morto al Baghdadi, mancano conferme.

 

Mosul (AsiaNews) - Pieno “apprezzamento” per gli “sforzi” compiuti dall’esercito irakeno e dalle milizie Peshmerga curde, che hanno strappato Mosul allo Stato islamico (SI, ex Isis) anche se permangono alcuni focolai di violenza in città. E l’invito a camminare attraverso la “lunga e faticosa” strada che porta alla completa “cancellazione” della ideologia jihadista e alla costruzione di una “pace e sicurezza” durature. Così il primate della Chiesa caldea mar Louis Raphael Sako, in una nota pubblicata sul sito del patriarcato e inviata per conoscenza ad AsiaNews, ha commentato la “liberazione” della ex roccaforte del Califfato, tracciando il percorso da seguire per la rinascita della regione e di tutto il Paese.

Il 10 luglio scorso il Primo ministro Haider al-Abadi ha annunciato la vittoria della coalizione arabo-curda che, a ottobre, ha sferrato una ’offensiva a tutto campo contro l’Isis a Mosul. Una operazione durata oltre nove mesi e caratterizzata da pesanti combattimenti, gravissime distruzioni e un nuovo esodo di massa di civili, usati come scudi umani dai jihadisti.

Testimoni locali in città riferivano di sporadici combattimenti che si sono susseguiti per tutta la giornata, a dispetto dei proclami di vittoria ufficiali da parte del governo. Fonti vicine alla coalizione, coadiuvata nell’offensiva dai raid aerei statunitensi, parlano di alcune isolate “sacche di resistenza” dei miliziani nella Città Vecchia. Nell’area vi sarebbero ancora 3mila persone, perlopiù civili, intrappolate; di questi la maggioranza sono disabili, anziani e bambini che hanno perduto i contatti con le loro famiglie nel tentativo di sfuggire alle violenze.

Nel pomeriggio di ieri è circolata anche la notizia della morte del "califfo" dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, rilanciata dalla tv irakena Al Sumaria che cita una fonte della piana di Ninive. I vertici del Califfato dovrebbero comunicare a stretto giro di vite il nome del successore di al-Baghdadi, anche se restano dubbi sull’autenticità dell’annuncio. Gli esperti nutrono però molti dubbi e in passato il leader dello SI è stato dato più volte per morto o ferito, senza mai una prova effettiva.

All’indomani dell’annuncio della vittoria sull’Isis, il premier irakeno in visita a Mosul ha incontrato al quartier generale del comando per le operazioni militari di Ninive una delegazione di cristiani originari della città e della piana. Durante l’incontro il leader di governo ha sottolineato che “la nostra ambizione” è che tutti gli sfollati e i “figli di tutte le religioni, nazionalità e credo possano tornare”, soprattutto “i nostri fratelli cristiani”. La “risposta naturale” a Daesh [acronimo arabo per lo SI], ha aggiunto, “è di vivere assieme”.

Abadi ha inoltre ricordato che “la nostra diversità” è una fonte di “orgoglio” e deve essere “preservata per rendere vano il disegno di Daesh, che voleva imporre agli irakeni un unico colore” e spezzare una “unità formatasi nei millenni”. Il nostro compito, ha concluso, è quello di “proteggere i cittadini e fornire loro servizi a prescindere dall’appartenenza etnica e religiosa, combattendo ogni discriminazione e favorendo la convivenza” fra i “figli di Ninive”.

Ideali di unità, condivisione e impegno comune rilanciati a più riprese nelle scorse settimane anche dal patriarca caldeo mar Louis Raphael Sako, in un’ottica di ricostruzione. Nonostante gli sforzi sinora compiuti, scrive il prelato, “vi è una lunga e faticosa strada” per eliminare Daesh e riportare la pace. Agli irakeni e, in particolare, ai cristiani egli chiede una “nuova consapevolezza” per scongiurare un “ulteriore declino, divisione e frammentazioni del passato”. Alla comunità cristiana “più antica” al mondo mar Sako chiede uno sforzo comune per “ricostruire case e infrastrutture” per facilitare “il ritorno dei profughi”; la creazione di un “piccolo team” di massimo 10 persone che operino a nome e in rappresentanza dei cristiani, lavorando con uno spirito di squadra in patria e all’estero; creare una struttura centrale che sappia rispondere ai bisogni dei cristiani e alle loro aspirazioni. (DS)

 

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