Mar Cinese, esercitazioni congiunte di Manila e Tokyo contro la pirateria (e Pechino)
Manila (AsiaNews/Agenzie) - Le guardie costiere di Filippine e Giappone hanno svolto ieri una esercitazione comune contro la pirateria nei mari che, in via ufficiosa, serve anche a rinsaldare l’alleanza fra i due Paesi in chiave anti-cinese. I reparti impegnati nell’esercitazione, che si è svolta 16 km al largo del porto di Manila, hanno simulato l’assalto a una nave da cargo, vittima di un (finto) dirottamento da parte di pirati. Una prova di forza e di cooperazione il governo filippino e Tokyo, nel contesto di una crescente tensione nei mari dell’Asia-Pacifico che vede coinvolti fra gli altri anche il Vietnam.
Le esercitazioni congiunte di ieri di Filippine e Giappone sono le prime dalla firma di un accordo di partnership e collaborazione strategica siglato da Manila e Tokyo nel 2012. Una operazione che è stata osservata con attenzione dalla Cina e da altre 17 nazioni dell’area, impegnate in questi giorni in serrate trattative per una via comune contro la pirateria nei mari, il traffico illecito e la sicurezza della navigazione.
Entro la fine dell’anno sono in programma altre tre esercitazioni congiunte.
Il capitano Koichi Kawagoe, della guardia costiera nipponica, sottolinea che il Giappone intende aiutare le Filippine nel migliorare le sue capacità di difesa nei mari, in un’ottica di tutela e protezione dell’ambiente. “Sono di interesse reciproco” aggiunge, confermando che Tokyo è pronta ad aiutare le nazioni del Sud-est asiatico in caso di difficoltà.
Una nota che non farà certo piacere a Pechino, che ha persegue politiche espansioniste nella regione.
Da tempo Hanoi e Manila - che per prima ha promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu, che non ha valore vincolante - manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende le Spratly e le Paracel, isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori).
A sostenere i Paesi del Sud-Est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue" usata da Pechino per marcare il territorio, fino a comprenderne quasi l'80% dei 3,5 milioni di kmq. Inoltre, nel mar Cinese orientale vi è un fronte di scontro aperto fra Cina e Giappone, che si contendono il controllo delle isole Senkaku/Diaoyu.
L’egemonia riveste un carattere strategico per lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse economico e geopolitico.
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