Manila richiama ambasciatore dal Canada, che non vuole indietro la sua spazzatura
Il caso riguarda 69 container carichi di immondizia, inviati per errore nelle Filippine. Il Canada non ha rispettato la scadenza del 15 maggio per riprenderseli. La spazzatura importata da nazioni ricche è una delle emergenze ambientali più gravi nel Sud-est asiatico.
Manila (AsiaNews/Agenzie) – Il governo delle Filippine ha richiamato l’ambasciatore ed i consoli in Canada, dopo che Ottawa ha mancato la scadenza per riprendersi un carico di rifiuti esportati nella nazione del Sud-est asiatico. Lo annuncia oggi il segretario filippino agli Affari esteri, Teodoro López Locsin Jr. “A mezzanotte della scorsa notte – dichiara sui social – sono partite le lettere di richiamo. Ambasciatore e consoli sono attesi qui tra un giorno o due. Il Canada non ha rispettato la scadenza del 15 maggio, per cui manterremo una ridotta presenza diplomatica fino a quando la spazzatura non sarà rispedita laggiù".
Manila ha annunciato la scorsa settimana che Ottawa ha accettato di tornare in possesso di 69 container carichi di immondizia, inviati per errore nelle Filippine. In aprile, il presidente Rodrigo Duterte aveva attaccato il Canada sui rifiuti, spediti tra il 2013 ed il 2014 per quello che i nordamericani ritengono un accordo commerciale. Il carico – etichettato come materie plastiche da riciclare a Manila – erano in realtà pieni di pannolini, giornali e bottiglie d'acqua. Nel 2016, un tribunale filippino ha stabilito che la spazzatura dev’essere restituita al Canada. Ottawa assicura che sta lavorando per organizzarne il ritorno, ma non ha comunicato quando ciò potrà avvenire.
Il caso dei rifiuti non è l’unico a frenare i rapporti tra i due Paesi. Nel 2018, Duterte ha cancellato una commessa da 233 milioni di dollari per l’acquisto di 16 elicotteri dal Canada, dopo che Ottawa aveva espresso il timore che i velivoli venissero utilizzati contro i ribelli. Nel novembre 2017, il presidente filippino ha criticato il premier canadese Justin Trudeau alla fine di un vertice internazionale, per aver sollevato dubbi sulla sua controversa guerra alla droga.
Il problema dei rifiuti importati da nazioni ricche è una delle emergenze ambientali più gravi nel Sud-est asiatico. Secondo ecologisti, il capitalismo, l'avidità e le disuguaglianze hanno creato una profonda crisi nel sistema di riciclaggio globale. Gli “sporchi segreti” dell'industria multimiliardaria sono venuti alla luce nell'estate del 2017: la Cina, che per decenni è stata il maggiore importatore mondiale di materiali riciclabili, ha improvvisamente annunciato l'intenzione di chiudere i propri confini a 24 categorie di rifiuti riutilizzabili. Tra questi vi sono diversi tipi di scarti di plastica e carta mista. Il divieto è entrato in vigore il 1° gennaio 2018 e i suoi effetti si sono propagati in tutto il mondo.
Dalla fine del 2017 e in crescendo fino al 2018, le nazioni nel Sud-est asiatico sono state invase da plastiche riciclabili provenienti da Paesi sviluppati come Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone e Australia. Nella prima metà del 2018, le importazioni di rifiuti di plastica sono raddoppiate in Vietnam e aumentate in Thailandia del 1.370% rispetto all'anno precedente. Nel giugno scorso, Bangkok aveva 30mila container pieni di rifiuti nei suoi porti, mentre in Vietnam vi erano circa 9mila container inutilizzati. Per fronteggiare la crisi, i tre Paesi hanno dovuto emanare divieti temporanei alle importazioni in attesa di nuovi regolamenti.
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