L’esercito birmano vuole mantenere il potere di veto sulle riforme costituzionali
Yangon (AsiaNews/Agenzie) - I vertici dell'esercito birmano, che regge ancora oggi i destini della nazione, sono contrari a qualsiasi modifica della Costituzione - avanzata in questi mesi - che privi i militari del potere di veto su modifiche ed emendamenti alla Carta. È quanto riferisce il comitato dei "saggi" del Parlamento, che ha il compito di "rivedere in chiave democratica" una Costituzione scritta dai generali durante la dittatura militare e approvata nel maggio 2008 in piena emergenza causata dal ciclone Nargis.
Fra i punto più controversi, la norma "ad personam" - articolo 59 (F) della Costituzione - che impedisce di fatto ad Aung San Suu Kyi, premio Nobel e leader del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld), di candidarsi alla presidenza del Myanmar.
I 31 membri del gruppo, creato nel febbraio scorso, hanno presentato nei giorni scorsi il rapporto finale all'Assemblea, con le proposte di modifica della Carta avanzate da tutti i partiti del panorama politico, dalle organizzazioni pro diritti umani, dai movimenti attivisti e dall'esercito. Il Parlamento discuterà i vari punti in questione, fra cui il famigerato articolo 436 che garantisce il potere di veto ai vertici militari; essi detengono infatti per Costituzione il 25% dei seggi, e per cambiamenti della Carta serve il consenso di almeno il 75% dell'assise. Ecco perché, di fatto, senza le divise è (ad oggi) impossibile qualsiasi emendamento.
Per Aung San Suu Kyi sbarazzarsi del potere di veto è il primo passo per reali innovazioni in chiave democratica e moderna della nazione; per i militari in Parlamento, invece, la controversa norma "dovrebbe essere mantenuta nella sua forma originale". E anche il partito di governo, lo Union Solidarity Development Party (Usdp), emanazione diretta della ex giunta militare, ha concesso un'approvazione "condizionata" all'emendamento dell'articolo 436.
Secondo la modifica proposta dalla Nld, in futuro i cambiamenti della Carta potranno avvenire se vi sarà il consenso del 75% del parlamentari eletti (esclusi dunque i militari), oppure più della metà del totale dell'assemblea, considerando in questo caso anche il 25% dei deputati in divisa. La seconda fase prevede la ratifica dei cittadini, mediante referendum.
Nei giorni scorsi il comitato elettorale ha affermato che le prossime elezioni generali, in programma nel 2015, si terranno nell'ultima settimana di ottobre o la prima di novembre.