Londra punta sulla Cptpp, l’accordo di libero scambio di Obama sognato anche da Taipei
Primi negoziati si apriranno a fine settembre. Con la partecipazione britannica, il blocco commerciale coprirà il 16% del Pil mondiale. Difficile la partecipazione dei taiwanesi, osteggiati da Pechino. Taiwan vuole un’intesa economica bilaterale con il Regno Unito: tiepida l’amministrazione Johnson, favorevole Lord Alton, sanzionato dai cinesi.
Roma (AsiaNews) – Il governo britannico terrà a fine settembre il primo incontro per negoziare la sua adesione alla Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (Cptpp), l’accordo di libero scambio erede della Trans-Pacific Partnership (Tpp) voluta dall’ex presidente Usa Barack Obama.
Lo ha annunciato ieri il Giappone, ad oggi l’azionista di maggioranza del patto commerciale firmato nel 2016 anche dagli Usa. Con la partecipazione di Washington esso avrebbe rappresentato il 40% del commercio mondiale. L’amministrazione Obama lo vedeva come uno strumento di soft-power per contenere l’ascesa cinese, ma all’inizio del suo mandato presidenziale Donald Trump lo ha rigettato.
Da tempo Tokyo lavora all’allargamento della Cptpp. Al momento, oltre al Giappone ne fanno parte Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Il Regno Unito è alla ricerca di accordi commerciali per rafforzare la sua posizione internazionale post-Brexit. Dato che Londra ha già siglato intese commerciali con molti Paesi membri della Cptpp, il suo ingresso nel blocco economico dovrebbe arrivare in tempi rapidi, con ogni probabilità a inizio 2022. La partecipazione britannica farebbe crescere la quota di Pil globale coperta dalla Cptpp dal 13 al 16%.
Anche Cina, Corea del Sud e Thailandia hanno espresso interesse verso quest’area di libero scambio dell’Asia-Pacifico. Lo stesso ha fatto Taiwan, ma la sua presenza è subordinata all’esclusione di Pechino, che considera Taipei una “provincia ribelle”. L’adesione dell’isola alla Cptpp allargata alla Gran Bretagna potrebbe risparmiare ai britannici la scelta se firmare o meno un’intesa commerciale bilaterale con i taiwanesi: una decisione delicata, viste le posizioni di Pechino.
Taiwan ha sottolineato più volte di voler concludere un accordo su commercio e investimenti con la Gran Bretagna - così come con l'Unione europea. Il gabinetto britannico sembra tiepido al riguardo. Alla domanda di AsiaNews se avesse assunto iniziative per negoziare un patto commerciale e sugli investimenti con Taipei, l'Ufficio britannico del commercio ha detto che l’amministrazione Johnson è “impegnata a rafforzare la sua ricca e ampia relazione commerciale con Taiwan”. Esso ha aggiunto che “il Regno Unito sta lavorando con Taiwan per approfondire le sue relazioni, anche attraverso i colloqui commerciali annuali e i dialoghi associati, l’attività ministeriale, e attraverso gli impegni dell'inviato commerciale del premier a Taipei”.
Nel 2020 il volume di beni e servizi scambiati tra Regno Unito e Taiwan è arrivato a 6,1 miliardi di sterline (7,1 miliardi di euro). Londra non nega di aver aperto un dialogo con Taiwan sul commercio, ma è attenta a minimizzare qualsiasi impegno formale. Anche se il ministro britannico al Commercio Greg Hands ha detto in passato che “Taiwan è un argomento che mi sta a cuore", Boris Johnson non sembra disposto ad aprire colloqui commerciali di alto livello con Taipei. Essi metterebbero infatti in pericolo le già tese relazioni con la Cina.
L'ufficio di rappresentanza di Taipei nel Regno Unito ha confermato in modo indiretto l'approccio britannico. L’ambasciata de facto di Taiwan a Londra ha detto che il proprio governo è impegnato con quello britannico a promuovere legami economici bilaterali più forti, compreso il perseguimento di un accordo di libero scambio o di un accordo sugli investimenti. I due Paesi hanno avviato colloqui annuali a livello ministeriale per costruire legami economici più forti, ma hanno tenuto l'ultimo round (il 23°) l'anno scorso.
Nel Regno Unito c’è però chi spinge per un’intesa con Taipei: Lord David Alton è uno di loro. Membro della Camera dei lord, egli è una delle nove personalità britanniche sanzionate dalla Cina a marzo: la risposta di Pechino a precedenti sanzioni britanniche contro funzionari ed enti cinesi accusati di violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. "Con l'aumento delle minacce [cinesi] a Taiwan – ha dichiarato Lord Alton ad AsiaNews – è importante che il Regno Unito agisca di concerto con i suoi alleati nel mondo libero per rendere chiaro al Partito comunista cinese che i suoi tentativi di imporre la propria egemonia saranno contrastati".