Libia, monta l’ira contro Usa ed Europa. Il generale Haftar cavalca il malcontento
Le varie fazioni libiche sempre più irrequiete. Il controllo dei terminal nelle mani del generale legato al governo di Tobruk. Proteste di piazza e sui social media contro le ingerenze straniere. Pieno sostegno dei leader tribali ad Haftar nella protezione dei beni della Libia.
Tripoli (AsiaNews) - Cresce l’ira fra le fazioni in Libia, dopo le condanne espresse ieri da Stati Uniti e da altri cinque Paesi europei per l’occupazione dell’area della Mezzaluna petrolifera da parte dell’Esercito nazionale libico (Enl). Alla guida delle truppe il generale Khalifa Haftar, legato al governo di Tobruk, che ha assunto nelle ultime ore il controllo dei principali terminal. Ieri pomeriggio si sono tenute due manifestazioni di protesta a Tobruk e a Zintan, contro quelle che vengono definite ingerenze straniere. I capi delle milizie presenti a Zintan minacciano di chiudere di nuovo qualsiasi accesso alla strada costiera.
Intanto sui social media monta la campagna di protesta contro gli Stati Uniti; attivisti e popolazione civile chiedono di estendere le manifestazioni di dissenso in ogni angolo della Libia.
Fonti di AsiaNews a Bengasi parlano di un’ira crescente fra la popolazione dopo la richiesta rivolta da Usa, Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito all’Enl di ritirarsi dalla Mezzaluna petrolifera “senza precondizioni”. Una manna per il generale Khalifa Haftar, che sfrutta “le condanne occidentali per acquisire una maggiore popolarità” basata sulla “dignità nazionale”, che respinge al mittente “qualsiasi ingerenza americana ed europea”.
Una strategia che ha funzionato a lungo con l’ex leader Muhammar Gheddafi; egli si faceva passare per il garante dell’indipendenza e della sovranità della nazione dinnanzi a qualsivoglia volontà di occupazione straniera, diretta o indiretta.
Haftar ha imposto il divieto di esportazione di petrolio senza coordinamento e autorizzazione del Consiglio presidenziale. Omar El Ghani, un cittadino di Bengasi, spiega ad AsiaNews che “la gente comune è molto soddisfatta del comportamento del generale Haftar e delusa dall’Occidente”. Il leader militare libico ha inoltre trovato pieno sostegno “contro l’ingerenza straniera” da parte di molti capi tribù della Cirenaica, i quali hanno ritenuto “inaccettabili” le condanne espresse da Washington e dai Paesi europei.
In un comunicato diramato ieri i leader tribali hanno sottolineato che pur rispettando “gli interessi dei Paesi occidentali in Libia, questo tuttavia non significa che essi hanno il diritto di dettare l’occupazione o la riconsegna [dei pozzi petroliferi]”. La nota ufficiale prosegue esprimendo il pieno appoggio “al generale Khalifa Haftar e all’Enl” e il diritto a “proteggere i beni della Libia”. I capi tribù della Cirenaica si sono infine posti l’interrogativo in merito al silenzio mantenuto da Usa ed Europa, oggi pronte a condannare, quando a “derubare ogni giorno il petrolio libico” era Ibrahim Jadhran. Si tratta del capo milizia di Ajdabia, nella Libia orientale, e comandante della Petroleum Defense Guards (Pdg), che aveva dichiarato l’autonomia della parte orientale del Paese.
Le critiche contro l’ingerenza occidentale sono state ascoltate anche dall’ex Primo Ministro Mahmud Jibril e dal colonnello Idris Madi; quest’ultimo, in particolare, aveva definito la riconquista da parte dell’Esercito nazionale libico della Mezzaluna petrolifera come “un trionfo di tutti i libici”.
Le manifestazioni sono proseguite stamane per protesta contro la notizia, falsa, di un invio di truppe armate da parte dell’Italia. Voci incontrollate scaturite dalla dichiarazione rilasciata ieri dal ministro italiano della Difesa Roberta Pinotti che aveva annunciato la volontà del governo di Roma di istituire un ospedale a Misurata per curare i feriti nei combattimenti contro lo Stato islamico (SI) a Sirte. Oltre ai dottori e al personale medico, si è parlato anche dello stanziamento di soldati per garantire protezione al presidio ospedaliero.
L’inviato speciale Onu per la Libia Martin Kobler ha avvertito del pericolo di un fallimento del Paese, dovuto all’interruzione delle esportazioni del petrolio che restano, ad oggi, l’unica risorsa per l’economia nazionale. A margine di una riunione del Consiglio di sicurezza Onu sulla Libia egli ha anche riconosciuto la necessità di legittimare il generale Haftar, che “deve avere un ruolo”. “Vorrei sedermi insieme a lui - ha aggiunto il diplomatico Onu - e discutere con lui”.
Intanto il Presidente del Consiglio presidenziale Fayez al Sarraj ha invocato oggi una “riunione urgente” fra le parti in conflitto “per risolvere con coraggio e responsabilità la crisi che sta attraversando il Paese”. Egli ha inoltre aggiunto che “la situazione attuale in Libia è una delle più pericolose”. (PB)
05/04/2019 13:56
30/12/2019 14:07