La riabilitazione dei perseguitati dell'era sovietica in Kirghizistan
Una legge per difendere la memoria dei cittadini che hanno subito persecuzioni sotto Lenin e Stalin, tra il 1918 e il 1953. Gli storici kirghisi parlano di almeno 40mila persone. Una mossa del presidente Sadyr Žaparov (lui stesso accusato di autoritarismo) che cerca di presentarsi come l’autore di una “grande riconciliazione nazionale”.
Biškek (AsiaNews) - I deputati del Žogorku Keneš, il parlamento di Biškek, si sono riuniti nel Comitato per le politiche sociali, per valutare il testo della legge vigente “Sui diritti e le garanzie dei cittadini riabilitati, che hanno sofferto a causa di repressioni per le proprie convinzioni politiche e religiose, e per caratteristiche sociali, nazionali o altre”, e insieme le disposizioni per l’Archivio nazionale della repubblica del Kirghizistan.
La proposta prevede di inserire un nuovo articolo che riguardi i condannati per alcuni articoli del Codice penale dell’allora Russia sovietica tra il 1922 e il 1926, che vennero applicati anche sul territorio kirghiso fino al 1961, coprendo tutto il periodo staliniano, e le ondate di persecuzioni che riguardarono moltissime persone. Nella nuova redazione, le caratteristiche della persecuzione politica sono collegate alle azioni delle autorità sovietiche in seguito alle decisioni “Sul terrore rosso”, che dopo la rivoluzione punivano coloro che si opponevano alla rivoluzione e al nuovo regime comunista, negli anni della guerra civile tra il 1918 e il 1920, e anche in quelli successivi.
In Kirghizistan, e negli altri Paesi dell’Asia centrale, il movimento contro-rivoluzionario era definito dal termine basmačestvo, che riassumeva le azioni di vari gruppi di liberazione nazionale, ma anche di affermazione delle proprie appartenenze etniche e religiose, identificando nei basmači i proprietari terrieri e i baj, i grandi latifondisti o gli agricoltori arricchiti dalle politiche degli anni ’20, i cosiddetti kulaki, ma anche i mullah e in generale la borghesia considerata antisovietica come classe “nemica”.
Uno degli autori del nuovo progetto di legge, Žanarbek Akaev, ha osservato che anche presso l’Istituto di storia, archeologia e etnologia dell’Accademia nazionale delle scienze si sta formando una commissione per la riabilitazione delle vittime delle repressioni politiche, nella cui composizione entreranno studiosi, rappresentanti delle associazioni non governative, dell’Agenzia per la difesa dei diritti, degli organi della procura, del ministero degli interni, dei servizi del Gknb e dell’archivio statale. Questa commissione verrà ufficialmente approvata dal Žogorku Keneš.
Come spiega Akaev, “vogliamo difendere i diritti e la memoria dei cittadini che hanno subito persecuzioni sotto Lenin e Stalin, tra il 1918 e il 1953, per garantire la loro piena riabilitazione e una nuova comprensione della nostra storia”. Gli storici kirghisi parlano di almeno 40mila persone a cui si devono applicare le nuove definizioni, tra coloro che sono stati fucilati, mandati in lager o al confino, condannati da tribunali o da trojke di sovietica memoria, i terzetti dei “giudici rivoluzionari”. Ora sono passati cento anni dall’inizio del periodo interessato, e la riabilitazione per i deputati “è una missione imprescindibile”, conferma il relatore, “e dovrebbero farlo anche negli altri Paesi dell’Asia centrale, dove invece non sembra esserci uguale sensibilità”.
Il processo di revisione delle persecuzioni storiche è lungo e faticoso, e richiede uno scrupoloso lavoro d’archivio e di studio delle fonti. In Kirghizistan l’importanza di questa iniziativa assume contorni particolarmente sensibili, in un contesto attuale dove da molti parti si accusa il regime di Sadyr Žaparov di regredire verso forme di autoritarismo e repressione sempre più simili al passato sovietico. I deputati hanno quindi approvato il nuovo progetto di legge all’unanimità, esprimendo in questo modo una solidarietà con il presidente, che cerca in ogni modo di presentarsi come l’autore di una “grande riconciliazione nazionale”.
Tra i tanti perseguitati dei tempi sovietici vi erano anche importanti intellettuali come Torokul Ajtmatov, Imanaly Ajdarbekov, Bajaly Isakeev, Kasym Tynystanov e altri, fucilati nel 1938 a conclusione della fase più acuta del terrore staliniano e accusati allora di essere “nemici del popolo”, mentre ora sono i principali candidati per formare un nuovo “pantheon della cultura kirghisa”. Il luogo della loro sepoltura è stato ritrovato solo dopo la fine del regime sovietico, e il monumento in loro onore è il simbolo di un Paese che ancora stenta a rinascere, liberandosi delle sue contraddizioni e degli spettri del suo passato.
05/11/2021 10:27
19/10/2021 08:46
05/08/2021 08:58
09/06/2023 09:08
17/03/2023 08:51