La polizia conquista il PolyU. Studente: Non vogliamo un’altra Tiananmen
Arrestati molti studenti e attivisti. Scontri sono avvenuti per tutta la notte e il giorno di ieri. Stanotte alle 2, mons. Joseph Ha e alcuni parlamentari democratici hanno cercato di far dialogare polizia e studenti, ma senza successo. La Corte suprema di Hong Kong decreta che la legge anti-maschere è incostituzionale. Gli articoli del Quotidiano del popolo.
Hong Kong (AsiaNews) – Nelle prime ore di stamane, verso le 5.30, la polizia di Hong Kong è entrata nel PolyU (università del Politecnico) dopo una giornata di assedio, arrestando decine di studenti, ex studenti e attivisti del movimento anti-estradizione.
Poche ore prima, uno studente aveva dichiarato ai media: “Non vogliamo assistere a un’altra 8964 [4 giugno 1989, la data del massacro di Tiananmen] qui ad Hong Kong o perfino al PolyU, la nostra seconda casa”.
Per tutta la giornata di ieri la polizia aveva cercato di entrare nell’università occupata da circa 500 persone, che erano riusciti anche a bloccare il traffico del vicino Crossing Harbour Tunnel, il tunnel sottomarino che unisce la penisola di Kowloon con l’isola di Hong Kong, una delle arterie più importanti del territorio.
Le forze dell’ordine hanno usato lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma e in alcune parti proiettili mortali. Gli occupanti si sono difesi con pietre, molotov, e nei giorni scorsi perfino con frecce e catapulte.
Verso le 2 di notte, mons. Joseph Ha, vescovo ausiliare di Hong Kong, insieme ad alcuni parlamentari del gruppo democratico e membri del PolyU hanno cercato di dialogare con il comandante della polizia per trovare una soluzione pacifica all’assedio (foto 3). Ma i poliziotti, accecandoli coi riflettori, li hanno avvertiti: “Andate via. Questa è una messa in guardia”. Il gruppo guidato da mons. Ha ha cercato di entrare nell’università da altre entrate, ma è stato sempre ricacciato indietro dalla polizia.
Anche membri del sindacato degli assistenti sociali hanno cercato di dialogare con la polizia, ma è stato inutile.
La polizia ha precisato che non si è trattato di un “raid” nell’università, ma di una “operazione di dispersione e arresti” contro “una grande banda di rivoltosi” che lanciavano molotov contro le forze dell’ordine e incendiavano oggetti.
Intanto, proprio in queste ore, la Corte suprema di Hong Kong ha decretato che la legge d’emergenza che proibisce alle persone di indossare delle maschere in pubblico “è incostituzionale”: essa da un potere al capo dell’esecutivo che non è previsto dalla Basic Law, la mini-costituzione di Hong Kong.
La legge era stata introdotta il 5 ottobre scorso dal capo dell’esecutivo Carrie Lam, sfruttando un regolamento del tempo coloniale che dava potere al governatore in momenti di “pericolo pubblico”. Il fine era di far desistere dalla partecipazione alle manifestazioni, dove i dimostranti, nel timore di essere riconosciuti dalla polizia, indossavano maschere. Con essa la polizia aveva potere di arrestare persone mascherate e di multarle. Il provvedimento è stato inutile: molti dimostranti hanno sfidato il divieto, marciando per le strade e indossando maschere di diversa foggia.
In Cina la propaganda nazionalista e anti-Hong Kong non cessa di diminuire. Ieri il “Quotidiano del popolo” ha riportato un articolo in cui si afferma che quanto succede nel territorio è ormai "una battaglia per la vita o per la morte”, fra “sovversione e anti-sovversione” e che non si poteva stare a guardare mentre “Hong Kong annega”.
Oggi, lo stesso giornale, organo ufficiale del Partito comunista cinese, dice che non c’è più spazio per il “compromesso” nella lotta contro le proteste, che pretendono di distruggere il principio “Una nazione, due sistemi”.
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