02/08/2016, 16.35
CINA
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La lobby degli intellettuali chiede più libertà. Gli sgambetti dei rivali di Xi Jinping

di Willy Lam

Mentre si avvicina il prossimo Congresso del Partito, sui media ufficiali appaiono scontri evidenti fra la linea di Xi e quella dei liberali, della Lega giovanile, della cricca di Shanghai. Intanto Xi mantiene il potere assoluto, come Mao. Dall’esperto di politica e società cinese Willy Lam. Per gentile concessione della Jamestown Foundation (traduzione dall’inglese di AsiaNews).

Hong Kong (AsiaNews) – Accademici, giornalisti e altri intellettuali liberali hanno compiuto un passo deciso nel chiedere più libertà di espressione e minore censura su internet. Altri vogliono resuscitare riforme politiche in stallo da molto tempo. Per la prima volta da quando Xi Jinping ha preso il potere alla fine del 2012, i media ufficiali hanno pubblicato articoli che sembrano sfidare la supremazia del presidente e segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc). Nella tradizione cinese, aperte espressioni di dissenso avvengono quando le fazioni più importanti del partito sono impegnate in una lotta di potere. Ma a causa della natura conservatrice della leadership, è improbabile che si apra una nuova epoca di quello che Deng Xiaoping chiamò “liberazione del pensiero”.

Nel giugno scorso, 77 scienziati dell’Accademia cinese delle scienze e altri istituti scientifici e di ingegneria hanno inviato una petizione al Pcc, chiedendo al segretario generale Xi di togliere la censura su internet. I ricercatori cinesi affermano che il non poter accedere a internet potrebbe “impedire in modo grave il progresso della scienza e della tecnologia in Cina”. La pubblicazione ufficiale “China Science News” ha citato un docente, il quale diceva che “lo stretto controllo di internet ha prodotto gravi perdite alle persone impegnate nella ricerca scientifica” (Voice of America, 6 giugno; Radio Free Asia, 2 giugno).

Tale aperta sfida è notevole proprio mentre si intensifica la lotta di potere fra il presidente Xi e le altre fazioni del partito – specie la Lega giovanile comunista (Lgc), capeggiata dall’ex presidente Hu Jintao e la cricca di Shanghai guidata dall’ex presidente Jiang Zemin – nell’approssimarsi del 19mo Congresso del partito programmato per il prossimo anno (China Brief, 11 maggio).

Ancora più audace della petizione dei docenti è stato un recente articolo nel Quotidiano del popolo, interpretato come un indiretto rifiuto alla dittatura statale di Xi. In un articolo dal titolo “La mania egocentrica e assolutista porterà a una brutta scomparsa dei quadri più alti”, la commentatrice Hou Lihong sembra voler azzerare la presa di potere di Xi e la guida di un solo uomo. Nel suo articolo Hou punta il dito soprattutto contro rappresentanti regionali, ma è ovvio che la sua critica si possa applicare al supremo leader Xi Jinping. Ad esempio, Hou mette in guardia gli “yibaishou” (i boss n. 1, 一把手), che spesso sbagliano nella “megalomania e nell’uso spropositato del potere”. “Se il grande boss considera la sua pubblica autorità come un potere privato  - ella dice - e le sue parole come la politica ufficiale, tale uso egoistico del potere diviene molto pericoloso e porterà a una triste fine del leader supremo” (People’s Daily, 13 giugno; Radio French International, 13 giugno).

Riportare un simile articolo da parte del Quotidiano del popolo è stato attribuito alle manovre segrete del membro del Comitato permanente del Politburo (Cppb), incaricato dell’ideologia e della propaganda: Liu Yunshan, considerato un protetto dell’ex presidente Jiang (Apple Daily [Hong Kong], 17 giugno). L’insoddisfazione di Xi verso Liu è stata evidente quando il presidente ha fatto visita al Quotidiano del popolo, alla Xinhua e al CCTV lo scorso febbraio, dove il capo del partito ha chiesto ai tre media più importanti di xingdang (姓党), “prendere il nome di famiglia dal partito”. La critica implicita di Xi era che questi portavoce avevano deviato dalle istruzioni date loro dal zhongyang, le autorità centrali del partito, guidato dal segretario generale (People’s Daily, 9 marzo; Xinhua, 19 febbraio).

All’inizio dell’anno, il presidente Xi ha chiesto alla Commissione centrale per l’ispezione disciplinare (Ccid) di inviare un team per l’ispezione centrale al Dipartimento di propaganda, che è guidato da Liu. Ciò è stato visto come un tentativo di da parte di Xi di tenere a freno Liu. La Ccid è guidata da Wang Qishan, membro del Cppb e un principino considerato il più stretto alleato di Xi. E’ significativo che invece di soffermarsi su questioni legate alla corruzione, Wang Huaichen, i capo del gruppo d’ispezione, ha parlato degli standard ideologici troppo poveri dei rappresentanti della propaganda. In un articolo riportato dalla maggior parte dei media centrali lo scorso giugno, Wang nota che i quadri del dipartimento “non hanno un’alta vigilanza politica, e vi sono discrepanze [con gli ordini centrali] sull’attuazione delle politiche”. Wang, già capo del Comitato provinciale del dipartimento legale e politico del Sichuan, ha accusato il Dipartimento di propaganda di non osservare le “quattro coscienze” [sulla politica; sulla situazione completa; sull’obbedienza al nocciolo del partito; sul guardare nella stessa direzione [con il zhongyang,  il potere centrale]. Le ultime due sottolineature  - aderire al “nocciolo” e al zhongyang – rappresentano le richieste di Xi a che i suoi editti vengano seguiti (China.com, 8 giugno; Sina.com, 8 giugno).

I conflitti sull’economia

Il ben noto disaccordo fra X e il premier Li Keqiang – che capeggia la Lgc, ed è membro del Cppb – è emerso come un raro scontro di opinioni nei media ufficiali. Parliamo qui dell’ormai famosa intervista data da una “figura autorevole” al Quotidiano del popolo, messa in prima pagina l’8 maggio scorso. La figura autorevole, probabilmente Liu He, il principale consigliere economico di Xi,  ha criticato le indicazioni date dal Consiglio di Stato (il gabinetto di governo, capeggiato dal premier Li), secondo cui nel primo trimestre l’economia cinese aveva mostrato “un inizio roseo”.

L’articolo diceva: “Le contraddizioni radicate nell’economia non sono state disinnescate, mentre nuovi problemi si annunciano”. La figura autorevole era citata nel dire che l’economia cinese andava verso una “traiettoria a L” e che questo trend sarebbe durato per “più di un anno, o due”.

Essa poi si sofferma sui rappresentanti governativi che per gonfiare l’economia, favoriscono una aggressiva politica fiscale e monetaria con tutti i mezzi, compresi progetti di infrastrutture che vanno in fallimento per i prestiti”.

“la nostra economia – concludeva - ha potenzialità e capacità di recupero sufficienti… La velocità di crescita non cadrà molto, anche senza gli stimoli”. Per quanto riguarda il da farsi, la figura autorevole suggeriva le misure raccomandate dal presidente Xi: “ridurre la capacità [produttiva], ridurre le scorte, la leva finanziaria, riducendo i costi di produzione e sostenendo i settori deboli” (People’s Daily, 9 maggio; New Beijing Post, 9 maggio).

In una settimana, il gruppo di Li ha risposto. Guo Tongxin (un nome collettivo di penna, per l’Ufficio nazionale di statistiche del Consiglio di Stato) ha pubblicato un articolo nell’edizione del 16 maggio del Quotidiano del popolo, in cui si afferma che “la nostra economia ha raggiunto una discreta buona partenza [ed] è gestito in modo stabile ... La struttura economica è ottimizzata e la vita della gente è migliorata”.

“Nel complesso, l’economia nazionale ha seguito una linea costante ed è stato fatto del progresso pur nella stabilità”. L’articolo nega che la crescita economica sia stata ottenuta grazie a un’enfasi della finanza o dall’accumulo di un eccesso di debito. Esso fa notare che la costante espansione dell'economia è dovuta a "l'accendersi delle riforme, al rafforzamento dell'innovazione, e alla spinta di trasformazione [strutturale]” (Xinhua,16 maggio; People’s Daily, 16 maggio).

A causa della “lotta fra due linee” al vertice del partito, un certo numero di accademici ha espresso opinioni diverse sulle direzioni future dell’economia. Alcuni sostengono la linea favorita da Xi e Liu He, un buon numero di esperti ha criticato la visione della “figura autorevole”, contenuta nell’articolo del 9 maggio sul Quotidiano del popolo.  Ad esempio, il famoso economista Zhanh Jun, dell’università di Fudan, ha sottolineato che “sostenere la crescita economica è molto più importante che ridurre la leva finanziaria”. Yao Yang, un esperto di sviluppo economico all’università di Pechino, ha indicato che un eccessiva riduzione della capacità potrebbe colpire la crescita economica: “Diminuire la capacità produttiva, riducendo le scorte e la leva finanziaria raffredderà la domanda globale e colpirà l’espansione economica” (Ming Pao [Hong Kong], 9 giugno; Phoenix TV Net, 8 giugno).

Anche gli intellettuali liberali, soffocati dall’apparente ritorno di Xi alle norme maoiste, si sono messi a gridare. Il che è vero soprattutto per i quadri in pensione, che un tempo hanno lavorato per i segretari Hu Yaobang e Zhao Ziyang, riceviti ancora come le icone della liberalizzazione.

Ad esempio, Li Rui, che un tempo è stato segretario personale di Mao, in un articolo della scorsa primavera, ha messo in luce che senza una riforma politica generale, la nazione potrebbe rimanere indietro e sarebbe incapace di invocare un posto di guida nella comunità delle nazioni. “Riforma del partito e miglioramento della società dipendono dalla scienza e dalla democrazia”, ha scritto Li. “Questi sono valori universali” (VOA,18 aprile; Sohu.com, 18 aprile). Con toni simili, Zi Zhongxun, ex capo dell’istituto America dell’Accademia cinese delle scienze sociali, faceva notare che “dove vi è assenza di libertà di espressione e di stato di diritto, associati con pesanti disuguaglianze sociali, le élite quali i pubblici intellettuali dovrebbero gridare per sostenere la giustizia” ” (360doc.com [Beijing], 19 giugno; Sohu.com, 17 giugno).

Il guinzaglio agli intellettuali

Nonostante le sfide che ha di fronte, Xi è ancora il più potente leader del Pcc dai tempi di Mao Zedong. I circoli politici di Pechino osservano se il supremo leader permetterà a questa audace esternazione di opinione di continuare. Da una parte, è un solido interesse del segretario generale del partito mostrare perlomeno una unità di facciata all’interno del partito, via via che la preparazione al Congresso accelera. Dall’altra, se Xi riesce a marginalizzare i suoi avversari politici, egli potrebbe essere tentato a reintrodurre il noto detto del presidente Mao, “una [sola] voce nella stanza”.

In due recenti discorsi, si vede l’ambivalenza di Xi riguardo al dare più spazio agli intellettuali. In un seminario con intellettuali, operai modello e rappresentanti giovanili dell’Hebei e dell’Anhui, lo scorso aprile, Xi si è espresso con note concilianti ai membri della classe colta. “Dare coraggiose direzioni e diffondere innovazioni è il requisito della grande massa degli intellettuali”, ha detto il presidente.

“Con entusiasmo dovremmo dare il benvenuto alle idee e alle critiche offerte dagli intellettuali, che sono ben motivate”, ha continuato Xi, aggiungendo che il partito dovrebbe adottare il “giusto” tipo di suggerimenti dalla classe colta. “Dovremmo – ha detto ancora -essere più tolleranti e magnanimi verso idee e critiche che sono sopra le righe o perfino sbagliate”. Usando un proverbio cinese molto noto, Xi ha detto che le autorità no dovrebbero “afferrare il codino [la treccia degli intellettuali], appiccicare epiteti su di essi o colpirli con il bastone” (Xinhua, 30 aprile; South China Morning Post, 30 aprile).

Ad ogni modo, che Xi non sia pronto ad allentare il guinzaglio agli intellettuali, è evidente dal suo famoso discorso sul ruolo della filosofia e delle scienze sociali nell’edificazione della nazione. Parlando in maggio a un gruppo ristretto di studiosi e professori, Xi ha sottolineato che essi devono considerare il Marxismo come il contenuto e la pienezza della conoscenza. “I fatti – ha detto - provano che, senza considerare i tempi che cambiano… il marxismo dimostra ancora oggi la forza potente della teoria scientifica e ancora occupa un alto livello in termini di verità e moralità”.

In generale, accademici, ricercatori e quadri dovrebbero “con autocoscienza insistere sulla guida del marxismo”. “Essi – ha detto ancora il capo del partito - dovrebbero avere una coscienza teoretica definita, fede politica risoluta e una modalità scientifica di pensare” basata sul marxismo e sul socialismo con caratteristiche cinesi” (People’s Daily, 18 maggio). Eppure, percorrere la vecchia strada dell’ortodossia potrebbe soffocare la creatività e l’innovazione, di cui il Pcc ha estremo bisogno per iniettare nuovo spirito alla riforma, che rimane il pilastro più potente di legittimazione per un partito vecchio di 95 anni.

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