La guerra e la polemica sulle 'etnie minori' in Russia
Fanno discutere le affermazioni di Vladimir Kara-Murza, uno dei più autorevoli esponenti dell'opposizione a Putin in esilio, sulla folta presenza delle etnie non russe tra i soldati di Mosca al fronte in Ucraina. Molti lo hanno accusato di razzismo. Ma c'è chi ricorda anche i caucasici che combattono nelle fila di Kiev, osservando amaramente come in questo conflitto sanguinoso "ognuno cerca i propri nemici".
Mosca (AsiaNews) - Ha suscitato molte discussioni l’affermazione del più autorevole oppositore russo all’estero, Vladimir Kara-Murza, quando al senato di Parigi ha risposto alla domanda sulla quota preminente dei soldati in guerra e dei caduti appartenenti ai cittadini delle repubbliche nazionali della Russia, spiegando che “per i russi è psicologicamente difficile uccidere gli ucraini, perché con loro formiamo un unico popolo”. Se gli ucraini si sono inalberati per l’ennesima “annessione” per loro indesiderata, molti russi di etnie “minori” si sono offesi per l’esclusione dalla vera comunità della grande Russia, soprattutto i caucasici sostenitori della “Ičkeria indipendente”.
Molti hanno ricordato come Kara-Murza sia stato liberato nel grande scambio di prigionieri, che ha riportato in compenso in Russia il killer Vadim Krasikov, che era stato condannato all’ergastolo in Germania dopo l’assassinio del comandante ceceno Zelimkhan Khangošvili. Ora vivendo da “esule dorato” in Occidente “fa propaganda con la retorica che di fatto giustifica il regime putiniano e l’elettorato russo”, riassume il capo del movimento per l’Ičkeria “Forza Unica”, Džambulat Sulejmanov. Lo stesso Kara-Murza ha poi cercato di giustificarsi affermando che non è stata corretta la traduzione dal francese, e che lui stesso non intendeva affermare la superiorità dei russi sulle altre nazionalità, ma riportava “ciò che aveva sentito da molti colleghi”.
Una di queste è un’attivista umanitaria di Rostov nella Russia meridionale, Anastasia Ševčenko, prigioniera politica, la prima ad essere accusata di collaborazione con “organizzazioni indesiderate”, vicenda da lei raccontata nel libro dal titolo appunto “Indesiderata”, pubblicato dopo il suo trasferimento a Vilnius nel 2022, una volta scontati i tre anni di lager a cui era stata condannata. Lei stessa ha ammesso di aver sostenuto la tesi poi diffusa da Kara-Murza durante un incontro privato, in cui si discuteva del perché la maggioranza dei prigionieri di guerra in Ucraina provenissero da regioni di etnie non russe, che si offrono volontari per ottenere gli alti compensi promessi.
Rispondendo alle domande dei giornalisti di Kavkaz.Realii, Ševčenko ha commentato che “io non avrei riferito questa opinione al parlamento francese, io stessa sono nativa della Buriazia e non mi sembra opportuno indicare pubblicamente quelli a cui viene più facile uccidere”. Allo stesso tempo ammette che “il problema esiste”, e che la quota di partecipazione a questa guerra delle “nazionalità non titolari” è davvero impressionante, come ad esempio in una statistica diffusa a Omsk in Siberia, da cui sono stati inviati un 15% di kazachi in Ucraina, mentre nella regione essi costituiscono solo il 4% della popolazione.
I motivi di questa sproporzione necessitano riflessioni approfondite, sostiene l’attivista e giornalista, “io mi faccio spesso questa domanda, ed è imprudente dare risposte pubbliche troppo specifiche”. L’idea che i non-russi siano più propensi ad uccidere gli ucraini “è sicuramente una tesi razzista, ma non si tratta delle opinioni di Kara-Murza, è una situazione che dimostra le tendenze razziste e fasciste dell’attuale governo russo”. Del resto, la sproporzione è evidente anche tra i prigionieri politici in Russia, dove un’alta percentuale tocca ai rappresentanti delle nazionalità come i buriati, i baškiri, i tatari o i caucasici, contro i quali “il grado di repressione è molto più alto che in tutto il resto della Russia”.
Anastasia fa anche notare che molti caucasici stanno combattendo nelle file ucraine, e in questa guerra “ognuno cerca di propri nemici, i favorevoli all’Ičkeria sono anzitutto schierati contro i kadyrovtsy”, i ceceni fedeli al presidente super-putiniano Ramzan Kadyrov. Lavorando molto per assistere i prigionieri, la Ševčenko non può fare a meno di notare “quanti conflitti interetnici si intrecciano nella guerra tra Russia e Ucraina”, dove si scontrano georgiani di varie tendenze, coreani del sud e del nord, calmucchi contro azeri, perfino nella “brigata Azov” degli ucraini, considerata dai russi la più razzista, si trovano persone di varia estrazione. L’attivista conclude invitando tutti a “non gonfiare troppo questa polemica”, che potrebbe rivelarsi molto più pericolosa di quanto sembri.
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