La finta democrazia dell’Uzbekistan
Anche Taškent ha celebrato nei giorni scorsi le sue elezioni parlamentari suddividendo equamente i voti tra il 42,7% del partito liberal-democratico del presidente Šavkat Mirziyoyev e quelli degli altri partiti “alternativi”, ma in realtà tutti fedeli al regime vigente. Mentre la libertà di espressione e di stampa continua a ridursi di anno in anno.
Taškent (AsiaNews) - Anche l’Uzbekistan ha celebrato nei giorni scorsi il suo turno di elezioni parlamentari dell’Olij Mažilis e di varie amministrazioni regionali, suddividendo equamente i voti tra il 42,7% del partito liberal-democratico del presidente Šavkat Mirziyoyev e quelli degli altri partiti “alternativi”, ma in realtà tutti fedeli al regime vigente: i democratici di Millij Tiklaniš, i social-democratici e i popolar-democratici, che tutti insieme hanno ottenuto più o meno lo stesso numero di seggi del partito di maggioranza, 65 a 70, tra i seggi maggioritari e quelli proporzionali.
Mirziyoyev ha osservato compiaciuto che le elezioni si sono svolte “in un clima di forte concorrenza”, mentre da diversi anni ormai, prima ancora della sua elezione nel 2016, si presentano soltanto i partiti filo-governativi, mentre quelli che potrebbero rappresentare anche solo debolmente una certa opposizione non riescono neppure a ottenere la registrazione per presentare i propri candidati.
L’Uzbekistan è il Paese più popoloso dell’Asia centrale con 35 milioni di abitanti, e più ancora dei suoi vicini cerca di presentare uno scenario di democrazia illusoria, per ammantare di liberalismo il regime fortemente autoritario. Da queste parti non vige esplicitamente la legge del “70-80%” con cui si devono per forza concludere le elezioni in Russia e Bielorussia, e che la Georgia nei giorni scorsi ha mitigato con il “quasi 60%” della vittoria del Sogno Georgiano, provocando grandi proteste nella popolazione.
La scorsa competizione elettorale del 2019 si era svolta ancora nella fase di transizione dalla cupa dittatura di Islam Karimov, il primo presidente post-sovietico rimasto al potere per vent’anni. Il nuovo regime di Mirziyoyev si presenta con delle aperture modernizzanti e apparentemente tolleranti, mentre il sistema rimane saldamente in mano al presidente, che intende collocare l’Uzbekistan in un ruolo strategico nei nuovi equilibri mondiali tra Oriente e Occidente, e ha bisogno del sostegno interno e internazionale.
La libertà di espressione e di stampa in Uzbekistan in realtà continua a ridursi di anno in anno, secondo le statistiche di Reporter senza frontiere, per cui se nel 2019 Taškent era accreditata di 46 punti su 100, oggi è sceso fino a 37. Molti blogger e pubblicisti indipendenti che si erano illusi del “disgelo” di Mirziyoyev, oggi si trovano dietro le sbarre delle prigioni. Gli esperti filo-governativi, come Miršokhid Aslanov della rivista Diplomat, pronosticano invece “un grande programma di riforme nella storia politica del Paese”.
Secondo Aslanov “la popolazione ha un grande desiderio di cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza dell’economia, l’indipendenza del sistema giudiziario e la difesa dell’ambiente”, grandi temi su cui si sofferma spesso il presidente Mirziyoyev. I partiti “di contorno”, tra cui anche gli ecologisti, avrebbero la funzione di stimolare le riforme. Gli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa si sono limitati a criticare le “misure troppo restrittive” per la registrazione dei partiti alle elezioni.
Uno dei pochi critici aperti del presidente è Khindirnazar Allakulov, che da anni cerca di registrare senza successo il suo partito “Verità, progresso e unità”. Ex-rettore dell’università di Taškent, si trova costantemente sotto pressione da parte delle autorità, che agiscono anche contro i suoi parenti e sostenitori, spesso arrestati e sottoposti a vessazioni, anche con elettroshock. Suo figlio Šerzod si trova attualmente in prigione, ma egli non esita a definire le elezioni trascorse come uno “show propagandistico”.
Lo scorso anno Mirziyoyev ha fatto approvare una nuova costituzione del Paese, secondo un copione ben rodato dalla Russia di Putin ad altri Paesi ex-sovietici, facendosi quindi rieleggere a un nuovo mandato di 7 anni al posto dei 5 precedenti, chiudendo il cerchio con le parlamentarie che garantiscono il “luminoso futuro” del nuovo Uzbekistan.
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