La Grecia non fa resistenza, l'Ue estende le sanzioni contro Mosca
Mosca (AsiaNews/Agenzie) - "La Grecia non ha salvato la Russia". E' la constatazione più diffusa sui giornali russi all'indomani della decisione Ue di estendere di sei mesi le sanzioni individuali contro personalità russe e separatisti ucraini, considerati implicati nel conflitto nell'Est dell'ex repubblica sovietica. Adottate subito dopo l'annessione, a marzo 2014, della Crimea, le misure dovevano scadere a marzo. L'esplicita e forte opposizione dichiarata dal nuovo governo di Atene ad ulteriori misure punitive contro Mosca non si è tradotta, così, in quello che in Russia molti speravano, ma su cui realisticamente in pochi facevano affidamento: anche solo un veto, secondo il meccanismo di consenso Ue, avrebbe impedito il prolungamento delle sanzioni.
Per ora, però, i ministri degli Esteri europei hanno scelto di non ampliare le restrizioni economiche alla Russia; il capo della diplomazia tedesca, Frank-Walter Steinmeier, ha comunque avvertito che un'ulteriore escalation in Donbas, dove sono ripresi feroci combattimenti tra separatisti ed esercito regolare, costringerà Bruxelles a prendere "provvedimenti ben più gravi".
Anche dagli Usa arrivano ammonimenti: l'accordo raggiunto dai ministri degli Esteri dell'Ue, il 29 gennaio, di ampliare le sanzioni gia' esistenti "e' solo un segnale in piu' che le azioni degli ultimi giorni e settimane sono assolutamente inaccettabili e che ci saranno altre conseguenze", dice la portavoce del Dipartimento di Stato, Jen Psaki, mentre dall'ambasciata Usa a Mosca negano la preparazione di una visita, il 4-5 febbraio, del segretario di Stato John Kerry, riportata dai media russi.
E se sul terreno la situazione vive la peggiore escalation da settembre, in campo diplomatico continuano i negoziati. Mosca guarda con ottimismo al lavoro del Gruppo di contatto: rappresentanti di Ucraina, Russia, Osce e separatisti filorussi si riuniscono oggi, 30 gennaio, a Minsk per nuovi colloqui alla ricerca di un accordo per tentare di rilanciare il dialogo e concordare una tregua, dopo una settimana che ha visto l'Est ucraino precipitare, di fatto, di nuovo in guerra. Sempre a Minsk, il 5 settembre, era stato firmato il primo accordo di cessate il fuco, con una serie di passi politici previsti ma poi mai realizzati.
L'ultimo round di negoziati nella capitale bielorussa si è tenuto il 24 dicembre, ma senza successi. I ribelli vogliono dialogare direttamente con il presidente ucraino Petro Poroshenko; da parte sua Kiev chiede negoziati direttamente col Cremlino, il quale a sua volta continua a rifiutare la definizione di 'parte in conflitto', lasciando formalmente tutto nelle mani dei leader delle autoproclamate repubbliche di Dontesk e Lugansk. (N.A.)
14/10/2019 08:00
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