La Chiesa ortodossa russa vuole ‘formare cristiani degni di tale nome’
Approvato un documento su “Principi dell’attività dell’Ufficio missionario diocesano”. Il programma missionario prevede “la creazione delle condizioni per una partecipazione attiva dei neo-battezzati alla vita della parrocchia, e per il loro successivo inserimento”.
Mosca (AsiaNews) - Lo scorso 14 maggio il Sinodo dei vescovi ortodossi russi ha approvato un importante documento, dal titolo “Principi dell’attività dell’Ufficio missionario diocesano”. Si tratta di un vasto e capillare progetto di evangelizzazione, rivolto principalmente alla formazione dei fedeli poco o nulla inseriti nella vita della Chiesa. Il Patriarcato vuole in questo modo affrancarsi dall’identificazione della religione con il “sentimento nazionale”, che ha caratterizzato questi decenni di rinascita religiosa post-sovietica, e trovare il modo di formare cristiani degni di questo nome.
La denominazione di “Ufficio missionario” riassume quindi tutte quelle dimensioni pastorali legate alla formazione, alla catechesi e alla ri-evangelizzazione di un popolo passato troppo superficialmente dall’ateismo alla professione di fede, seguendo lo spirito del tempo e gli slogan della politica. Non si tratta in effetti di un programma missionario che guarda a territori ancora da “conquistare” alla fede ortodossa, secondo l’accezione classica del termine, anche se nel preambolo si ricorda che “la testimonianza missionaria appartiene alla natura stessa della Chiesa Una, Santa, Universale (Sobornaja, il termine russo per Catholica) e Apostolica, e consiste nell’annuncio della Buona novella al mondo intero”.
Nel distinguere “scopi e obiettivi”, il programma prevede in realtà “la formazione di coloro che, essendo battezzati, non partecipano pienamente alla vita ecclesiale, e anche di coloro che, non essendo battezzati, appartengono ai popoli che storicamente professano l’Ortodossia”. La definizione normalmente applicata ai “fedeli ortodossi”, infatti, si applica sostanzialmente su base etnica, ragione per cui si calcola l’80% dei russi come figli della Chiesa Ortodossa, escludendo le etnie che si riferiscono ad altre confessioni e religioni. Evidentemente, i vescovi hanno deciso di superare questa impostazione puramente formale, su cui si basava la stima della “rinascita religiosa” degli ultimi trent’anni. Si prevede dunque un’intensiva catechesi “prebattesimale e postbattesimale”.
Il secondo grande obiettivo della “missione” è squisitamente difensivo: “contrasto alla minaccia settaria, contrasto alla minaccia neo-pagana, prevenzione contro l’estremismo religioso e i conflitti interconfessionali”, riflettendo piuttosto l’ideale più radicale dell’Ortodossia “militante” e custode della vera anima del popolo russo. Soltanto “in alcune regioni l’attività missionaria delle eparchie può essere indirizzata alla cura pastorale delle piccole popolazioni indigene”, secondo un’impostazione “ad gentes” meno tradizionale nelle Chiese orientali, rispetto a cattolici e protestanti.
Nella storia russa, in effetti, ci sono alcune analogie con l’espansione cattolica, ad esempio, nel continente americano o africano, secondo i tempi della progressiva colonizzazione dell’immenso territorio siberiano e asiatico. Gli antichi regni dei Khan mongoli, che in Europa e Medio Oriente avevano assunto la religione musulmana, non hanno lasciato eredità religiose specifiche nei vasti spazi dell’Asia del nord, dove si trovano svariati ceppi etnici ancora legati al paganesimo, o al massimo praticanti forme poco sviluppate del buddismo. Le politiche di russificazione, particolarmente intense nel XIX secolo, hanno quasi completamente cancellato la memoria di quelle credenze, se non in dimensioni locali molto ristrette. I popoli esplicitamente buddisti, peraltro, non sono stati oggetto di conversione forzata, tanto che un’intera regione della stessa Russia europea, la Kalmykia, conserva ancora il buddismo come “religione di Stato”.
A metà dell’800 venne addirittura aperta un’Accademia Teologica esplicitamente missionaria a Kazan, l’antica capitale dell’ultimo khanato tartaro, e ancora oggi capoluogo della repubblica federale del Tatarstan. Lo scopo era principalmente quello di contrastare la diffusione dell’Islam, oltre che l’acquisizione di una maggiore conoscenza delle altre tradizioni religiose orientali dei territori dell’Impero russo. Il risultato fu realmente interessante, permettendo un’integrazione dei musulmani nello stato ortodosso che ancora oggi può costituire un modello da imitare anche in altre parti del mondo.
Il pericolo dell’estremismo religioso richiamato dal documento sinodale non si riferisce quindi principalmente al “terrorismo islamico” come nei Paesi occidentali, se non per le zone più problematiche della Cecenia e del Caucaso. Le minacce da cui difendere l’Ortodossia, secondo il patriarcato di Mosca, si chiamano oggi Testimoni di Geova, Scienthology, o alcune forme poco controllabili di pentecostalismo e battismo evangelico, che la Chiesa russa considera particolarmente deleterie per la salute spirituale della popolazione. Fino a poco tempo fa veniva inserito tra i nemici anche il “proselitismo cattolico”, di fatto mai veramente praticato dalle non numerose comunità cattoliche russe, e che oggi il Patriarcato ritiene di avere definitivamente domato.
Il programma missionario, da sviluppare in tutte le quasi trecento eparchie ortodosse, prevede quindi “la creazione delle condizioni per una partecipazione attiva dei neo-battezzati alla vita della parrocchia, e per il loro successivo inserimento”, usando un termine tipico della “rinascita religiosa” recente, la chiesificazione (votserkovlenie) dei neofiti. Si prevedono speciali “celebrazioni missionarie”, da coniugare con approcci catechistici: il rito bizantino ortodosso, che si celebra nell’antica lingua slava-ecclesiastica, è assai poco comprensibile per i fedeli in generale.
Una proposta su cui lo stesso patriarca Kirill insiste da tempo è “la creazione nelle parrocchie più grandi, sotto la guida del sacerdote o del missionario parrocchiale (se esiste), di gruppi di volontari per offrire consulenze sulla vita parrocchiale”, alla maniera dei catechisti e dei laici collaboratori delle parrocchie cattoliche o delle comunità evangeliche, poco tradizionali per l’Ortodossia. Importante anche “la formazione del clero per il servizio missionario”, del resto necessaria anche in Occidente, come insiste lo stesso papa Francesco. Un’altra iniziativa simile alle parrocchie cattoliche sono i “foglietti della domenica” e i “gruppi del Vangelo”, da studiare nella lingua corrente, mentre tipicamente russa è la raccomandazione della “attività apologetica” a cui prestare particolare attenzione, anche “sulla rete, internet, televisioni e stampa, a scopo missionario”.
La Chiesa russa cerca quindi di affrancarsi dal soffocante abbraccio statale, anche se il documento consiglia di “collaborare con le istituzioni e le aggregazioni sociali che sostengono gli scopi missionari della Chiesa”. La vera rinascita religiosa non è solo la fine dell’ateismo di stato e delle sue persecuzioni, ma la crescita nella fede delle persone e dell’intero popolo.
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