03/08/2024, 09.47
MONDO RUSSO
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La 'tri-unità' del popolo russo

di Stefano Caprio

A Sebastopoli le celebrazioni della festa del Battesimo della Rus’ di Kiev sono diventate l’occasione per ammantare di un’aura trinitaria l’unità tra Bielorussia, Ucraina e Russia. Proprio mentre il clamoroso scambio di prigionieri politici con Germania e Stati Uniti, ha permesso a Mosca di liberarsi dei più noti “agenti stranieri” che “disturbavano la pace interna” anche dalle celle dei lager.

Nella città di Sebastopoli, capitale della Crimea, in occasione della festa dei 1036 anni del Battesimo della Rus’ di Kiev si è tenuto il forum sul Russkij Mir, il “Mondo Russo”, per celebrare anche l’apertura del grandioso museo della “Nuova Chersoneso”, voluto dal metropolita ortodosso Tikhon (Ševkunov), il “padre spirituale” di Putin mandato in Crimea per punizione dal suo nemico storico, il patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev). Il principale assistente ecclesiastico putiniano ha invece sfruttato l’occasione per rilanciare la sua immagine di “ortodossia imperiale”, cominciando proprio dalla terra sacra della penisola sul Mar Nero. Nel museo vengono ricordate le “tre epoche” del cristianesimo: quella apostolica, quella bizantina e quella russa, riassunte proprio nella Crimea del martirio di papa Clemente, della Tauride greca e del Battesimo della Rus’.

Il principe Vladimir di Kiev aveva infatti occupato la città di Chersoneso per minacciare l’impero bizantino, ottenendo in moglie la figlia dell’imperatore di Costantinopoli e accettando per questo il cristianesimo di rito orientale, dopo vari ondeggiamenti tra cattolici latini, ebrei e musulmani. Egli venne battezzato nella terra di Crimea alla fine del primo millennio nell’anno 988, per poi immergere l’intero popolo nelle acque del Dnepr a Kiev, e queste storiche celebrazioni vengono ancora di più separate tra gli ucraini - che le ricordano a metà luglio sottolineando che “a quei tempi, dove ora c’è Mosca, si aggiravano le bestie feroci” - e i russi che a fine mese le esaltano come “l’origine della tri-unità del popolo russo”.

I partecipanti del forum di Sebastopoli, a partire dall’organizzatore, l’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev, hanno infatti chiesto che venga inserito nella legislazione russa il concetto di triedinstvo, la “tri-unità” dei bielorussi, i malorossy (“piccoli russi”, cioè gli ucraini) e i velikorossy, i “grandi russi” di Mosca, applicando anche multe e punizioni a chi contesta questo dogma slavofilo fondamentale. Il triedinstvo del resto richiama direttamente la Troitsa, la Trinità, principale dogma della fede cristiana e soggetto della più famosa icona russa, la Trinità di Andrej Rublev, che il patriarca Kirill ha strappato al museo della Galleria Tretjakov (il cognome del principe fondatore è pure simbolico, Tretjakov significa “Terziario”) per esporla alla devozione patriottica nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore e della Lavra di S. Sergij di Radonež, il padre spirituale della Russia di Mosca, vittoriosa contro i tatari e ogni altro nemico di Oriente e Occidente a fine Trecento.

Nelle tre persone della Santissima Trinità sono infatti incarnate le tre varianti della Santa Russia, che riunisce le terre e i popoli nella sobornost universale. Nella proposta del forum di Sebastopoli si prevede il reato di “discredito” della tri-unità del Mondo Russo, con la formulazione per cui “la Federazione Russa riconosce la tri-unità formata storicamente dalla narodnost [“popolarità”, termine risalente allo zarismo ottocentesco] del fondatore dell’antica Rus’, che con la propria iniziativa ha creato uno sviluppo storico di una civiltà, uno Stato, una cultura tri-unitaria, quella del popolo russo che unisce in sé i russi grandi, piccoli e bianchi, che sono indivisibili nelle loro parti”. L’unità trinitaria dei russi è la base che “per secoli ha formato la storia patria, protetta dalle leggi che esprimono i valori tradizionali spirituali e morali, culturali e storici della Russia”.

Il “discredito” prevede punizioni per chi propone di interpretare la tri-unità in “forme erronee, o negandola pubblicamente”, reato per cui si dovrebbe come minimo pagare una multa di 1,5 milioni di rubli (15 mila euro), oppure lavori forzati e di pubblica utilità, fino alla detenzione in lager per 5 anni. Se tale negazione o falsa interpretazione sarà aggravata da circostanze come l’abuso di cariche pubbliche, la diffusione sui media o per motivi politici, ideologici e razziali, fino all’odio nazionale e l’ostilità contro lo Stato, la legge propone di elevare la multa da 3 a 5 milioni di rubli, per arrivare a una condanna tra i 10 e i 15 anni di lager. Nel forum è stata anche costituita una commissione su “cultura e valori tradizionali morali e spirituali”, per aggiungere alla legge proposta le giuste motivazioni, guidata dal governatore di Sebastopoli Mikhail Razvožaev, che coordinerà future sessioni di giuristi ed esperti per stendere tutti i testi necessari per la nuova “costituzione del mondo russo”, consultandosi con i deputati e i senatori del parlamento di Mosca.

Il patriarca Kirill ha sostenuto da Mosca l’iniziativa, lasciando la scena al suo avversario Tikhon, raccomandando di trovare la medicina per “guarire le ferite della divisione tra Russia e Malorossija”, procurate dalle “forze ostili a noi esterne”.  Nel suo messaggio per la festa del Battesimo di Vladimir e della Rus’, egli afferma che “coloro che ci vogliono dividere, seminando incessantemente la discordia e le lotte intestine, hanno lo scopo primario di sprofondarci nel buio di un nuovo paganesimo, distruggendo le nostre fondamenta spirituali e morali”. In opportuna coincidenza con la festa, si è realizzato il clamoroso scambio di prigionieri politici tra Russia, Germania e Stati Uniti, liberando la Russia dai più noti “agenti stranieri” che disturbavano la pace interna anche dalle celle dei lager, e recuperando alcuni “eroi” della resistenza alle forze ostili, assassini e spioni devoti alla grande Patria.

Il capo degli ortodossi russi invita a pregare affinché “si rinnovi la nostra sincera conversione e il pentimento davanti a Dio, per non rinunciare alla grande vocazione cristiana del nostro popolo e custodire l’eredità del grande principe Vladimir, uguale agli apostoli, e riunire la Russia e la Malorossija”. Come ricorda il patriarca, “dal fonte battesimale del Dnepr è sorto un popolo rinnovato e trasfigurato, in possesso di una enorme forza morale e della luce intramontabile del Vangelo della verità, che si è estesa su tutta la cultura russa, che sgorga proprio da quel fonte”. Come conclude Kirill, “se perdiamo la nostra identità cristiana, perderemo anche la Russia, diventando un facile preda delle forze oscure e delle minacciose influenze delle culture estranee”.

La missione della Russia, secondo il patriarca Kirill, è quella di “riunire i popoli della Santa Rus”, Russia, Ucraina, Bielorussia e “tutti gli altri Stati e popoli che si riferiscono all’antica Rus”. A dare il buon esempio ci ha pensato il presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukašenko, che unisce agli storici festeggiamenti anche il 30° giubileo della sua presidenza, mostrandosi come il “grande padre” della tri-unità, o almeno della bi-unità di Mosca e Minsk. Come ha ricordato uno dei principali predicatori bielorussi, il protoierej Fëdor Povnyj, Lukašenko “ha creato insieme al primo esarca del nostro Paese, il metropolita Filaret [Vakhromeev, in carica dal 1978 al 2013, morto nel 2021] una nuova concezione della nazione bielorussa”, che ha portato allo “Stato unitario” con la Russia.

Il “presidente-eterno” della Bielorussia, che negli anni Novanta si definiva “ateo ortodosso” come il russo Boris Eltsin, secondo Povnyj “ha saputo mettere a fondamento dello Stato le relazioni di collaborazione con la Chiesa, con una politica interna basata sul dialogo e sulla pace”. La Chiesa ortodossa in Bielorussia è un esarcato (struttura autonoma e dipendente allo stesso tempo) del patriarcato di Mosca, come inizialmente era stato deciso anche per l’Ucraina, che dal 1992 ha però cercato la piena indipendenza, fino all’attuale ambiguità di una Chiesa formalmente autonoma, ma di fatto ancora in parte legata alla Russia. Il successore dell’esarca Filaret, l’attuale metropolita di Minsk Venjamin (Tupeko), ha dichiarato a sua volta che “lo scisma dell’ortodossia in Ucraina”, con tanto di spostamento della data del Natale al 25 dicembre secondo il calendario occidentale, “ha lo scopo di sradicare i fedeli dalle fondamenta spirituali, per poterli più facilmente indirizzare su nuovi orientamenti estranei”.

Lukašenko ha in effetti anticipato lo stesso Putin in molti aspetti della sua gestione dittatoriale, contestata e riaffermata con violenza nel 2020, ma in effetti in piena continuità con il passato sovietico, essendo entrato in carica nel 1994. La Bielorussia ha conservato perfino la denominazione di “Kgb” per la principale struttura di potere del passato e del presente, che in Russia oggi si chiama “Fsb”, il servizio di sicurezza che Putin ha guidato prima di prendere il potere governativo e presidenziale dopo la fine dell’Urss. Di fatto, le uniche due strutture sopravvissute alla fine dell’impero comunista sono il Kgb-Fsb e il patriarcato di Mosca, le “due nature” del dogma ideologico che si intreccia con la “tri-unità” dei popoli ribattezzati in fretta e furia dopo un secolo di ateismo, che forse ormai ci appare persino più rispettoso dei diritti dell’uomo e dei valori spirituali di quanto lo sia l’attuale Ortodossia veliko-malo-bielorussa.

 

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