10/06/2016, 14.49
ISRAELE - PALESTINA
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"L’attacco a Tel Aviv colpo al cuore del Paese, possono colpire ovunque"

Un'operazione “studiata a tavolino”, che ha “colto di sorpresa” le autorità israeliane. Hezbollah e Hamas celebrano l’attentato. Divieto di ingresso esteso a tutti i palestinesi. Lieberman blocca la restituzione dei corpi degli attentatori alle famiglie. Arabi israeliani contro le violenze. 

 

Gerusalemme (AsiaNews) - L’attentato di ieri a Tel Aviv è una “operazione studiata a tavolino”, che ha “colto di sorpresa” Israele che “non si aspettava” una simile operazione. Gli assalitori, e chi li sostiene e aiuta, hanno voluto lanciare un messaggio ben preciso, che sono in grado di “colpire in tutti i luoghi”. È quanto afferma ad AsiaNews Yedidia Sermoneta, personalità israeliana, esperta di vicende mediorientali, commentando l’attacco che ha colpito il cuore della capitale commerciale di Israele. La sera dell’8 giugno scorso due palestinesi di circa 20 anni hanno aperto il fuoco in un quartiere commerciale nel centro di Tel Aviv, uccidendo quattro persone e ferendone altre 12.

Gli attentatori sarebbero due cugini, il 22enne Khaled Mohammad Makhamrah, studente, e il 21enne Mohammad Ahmad Makhamrah, operaio. Entrambi sono originari di Yatta, villaggio palestinese nei pressi di Hebron, in Cisgiordania.

Nella notte l’esercito israeliano ha fatto irruzione nell’area, compiendo alcuni arresti fra i palestinesi e avviando le procedure per l’abbattimento delle case in cui abitano le famiglie degli assalitori. 

Nelle ore successive all’attentato non sono mancate le reazioni ufficiali dei vari fronti. Hamas ha accolto con gioia l’operazione e anche in Cisgiordania parte della popolazione ha festeggiato.

Commenti favorevoli giungono anche da miliziani sciiti libanesi di Hezbollah, che parlano di atto “eroico” e di gesto “di resistenza” per liberare il territorio “dall’occupazione sionista”.

Il leader palestinese Mahmoud Abbas respinge ogni gesto di violenza, pur non esprimendo una aperta condanna per l’attentato. In una nota l’ufficio di presidenza “respinge” gli attacchi “contro i civili”, da “qualsiasi parte” essi “provengano” a prescindere “dalle loro giustificazioni”. Egli auspica la ripresa di un “clima positivo” per allentare la tensione e rilanciare il cammino di pace.

Intanto, in risposta all’attentato il neo ministro della Difesa Avigdor Lieberman ha ordinato che non siano più restituiti alle loro famiglie i corpi dei palestinesi deceduti durante i tentativi di attacco in territorio israeliano. Una rottura con il predecessore Moshe Yalon, il quale ha sempre sostenuto la politica della restituzione dei cadaveri per non acuire le tensioni con il fronte palestinese. Inoltre, l’esercito israeliano ha esteso a tutta la popolazione palestinese il divieto di ingresso in Israele, rafforzando la stretta sui permessi già annunciata nelle ore successive all’attacco. 

Interpellato da AsiaNews Yedidia Sermoneta non nasconde la propria preoccupazione per le modalità dell’attacco: “Una operazione studiata bene e a lungo prima di colpire - racconta - e che ha colto di sorpresa Israele che non si aspettava un’operazione simile. Per gli attentatori Tel Aviv rappresenta la capitale, ed è un modo per far capire che possono arrivare a colpire in tutti i luoghi”. 

Colpisce, aggiunge il politologo israeliano, “il fatto che fossero vestiti bene, con giacca e cravatta, con un abbigliamento da turisti o businessman. Qualcuno parla anche di capelli tinti, insomma un camuffamento per nascondere la loro origine araba. E questo significa al contempo che oggi come oggi non puoi camminare per le strade di Israele e sentirti sicuro, bisogna mantenere alta l’allerta su ciò che accade attorno. Questa - avverte - rappresenta senza dubbio una escalation della tensione, [i terroristi] hanno alzato il tiro”.  

Per Yedidia Sermoneta si tratta di un gesto “interno” al Paese e non vi sono elementi o legami con lo Stato islamico e altri gruppi estremisti che infiammano la regione mediorientale. “Qualcuno - sottolinea - li ha aiutati da dentro Israele. Gli attentatori volevano compiere un gesto clamoroso per l’inizio del Ramadan [mese sacro di digiuno e preghiera islamico], mostrando che possono colpire ovunque”. Egli sottolinea infine che “tutta la popolazione araba” è “contraria” all’attacco e alle violenze, “perché così perdono il lavoro, si chiudono i confini e si restringono le libertà”.

Dall’ottobre scorso, dopo una serie di provocazioni da parte di ebrei ultra-ortodossi che sono andati a pregare sulla Spianata delle moschee, si sono moltiplicati incidenti e scontri in Israele e nei territori palestinesi, nel contesto della cosiddetta “intifada dei coltelli”. Finora sono stati uccisi almeno 207 palestinesi, 32 israeliani, due americani, un sudanese e un eritreo. La maggior parte dei palestinesi è stata uccisa mentre tentavano di accoltellare o di colpire con armi o con l’auto passanti o soldati. Altri sono stati uccisi nel corso di manifestazioni o in scontri con i militari.

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