L’Isis distrugge il monastero di Mar Elian. Nunzio a Damasco: Occorre diplomazia internazionale per salvare la Siria
Damasco (AsiaNews) - Le milizie dello Stato islamico (SI, ex Isis) hanno distrutto nelle ore scorse il monastero cattolico di Mar Elian ad Al Qariatayn, a sud-ovest di Homs, in Siria. Un edificio del quinto secolo dopo Cristo che i jihadisti hanno abbattuto con ruspe e bulldozer, postando in rete in video (in realtà si tratta di alcuni scatti fotografici montati in sequenza) che ritrae alcuni momenti dello scempio. In una prima immagine si vede la profanazione della chiesa, cui segue la riesumazione dei resti di sant’Elian - ucciso dai romani nel 285 - al quale il monastero era dedicato; infine la distruzione dello storico complesso, situato nel deserto siriano. Interpellato da AsiaNews mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, riferisce che “è difficile avere notizie di prima mano”. Il prelato ha cercato “di contattare “la diocesi della zona, ma non vi sono al momento conferme indipendenti o altre informazioni utili”.
Al Qariatayn, cittadina che ospitava il monastero, è un’area strategica ricca di giacimenti situata nella provincia centrale di Homs, strappata a inizio mese dai miliziani estremisti alle forze fedeli al presidente siriano Bashar al-Assad. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Sohr), con base a Londra e una fitta rete di informatori sul luogo, lo Stato islamico avrebbe inoltre trasferito gran parte dei cristiani assiri rapiti all’indomani della cattura di Qaryatain.
“Anche per quanto riguarda le famiglie cristiane” prosegue mons. Zenari, le notizie sono frammentarie e mai precise. È probabile che siano trattenuti per vari motivi, forse come scudi umani o altro. L’unico dato certo è che sono nelle loro mani, la situazione è ingarbugliata e sono tuttora in atto scontri fra le varie fazioni”.
Resta avvolta nel mistero anche la sorte del prete siro-cristiano Jacques Mourad, il priore del monastero di Mar Elian, famoso per la sua opera a favore di cristiani e musulmani, rapito nel maggio scorso nei pressi del luogo di culto ora distrutto. Al momento del rapimento egli era al lavoro per accogliere le centinaia di rifugiati in fuga da Palmira in seguito alla presa della città da parte dello SI. “Si cerca di escogitare tutti i mezzi possibili per liberarlo - racconta il nunzio apostolico - ma finora ogni tentativo non ha dato l’esito sperato. Anche se non si è rimasti con le mani in mano, non vi sono stati risultati tangibili”.
Il nunzio apostolico esprime allo stesso tempo un cauto ottimismo verso gli ultimi sviluppi della diplomazia internazionale, che lavora per attuare un piano di pace per la Siria martoriata da quattro anni e mezzo di guerra e ostaggio delle milizie jihadiste. “Qualcosa si muove - racconta mons. Zenari - anche se siamo ancora lontani dall’obiettivo bisogna continuare, usando una metafora calcistica, a giocare con l’obiettivo di arrivare a far gol. Siamo ancora lontani dalla porta, ma stiamo muovendo dei piccoli passi in quella direzione”.
Ieri l’Iran ha accolto con favore il piano delle Nazioni Unite che vuole mettere fine al conflitto siriano, sottolineando la necessità del coinvolgimento diretto del regime del presidente Assad. Il 18 agosto il Consiglio di sicurezza Onu aveva adottato una nuova risoluzione volta ad avviare nuovi colloqui di pace fra le varie fazioni in lotta, sostenuta dalla Russia - alleato di Damasco - e dagli altri 14 Paesi membri. Il piano elaborato dall’inviato speciale Staffan de Mistura dovrebbe iniziare a settembre e mira alla creazione di quattro gruppi di lavoro che studieranno soluzioni in materia di sicurezza, anti-terrorismo, questioni politiche e legali, ricostruzione.
Per mons. Zenari “vale la pena lavorare, anche iniziando dai lati, per arrivare un giorno al centro”. Il prelato conferma che “qualcosa si sta muovendo” e ormai tutti “si è d’accordo sul fatto che così non si può andare avanti perché l’unico a guadagnarci in questo momento è lo Stato islamico. Questo elemento è entrato nella coscienza di tutti, governo e opposizione, governi stranieri e comunità internazionale. Resta ancora il problema legato all’organo di transizione dotato di poteri esecutivi chiamato a traghettare il Paese - conclude il prelato - ma sugli altri punti (lotta al terrorismo, questione umanitaria, civili) si registrano convergenze”.(DS)
06/04/2016 15:07