Kerala: sit-in da 800 giorni, chiede giustizia per il fratello ‘ucciso’ in custodia
SR Sreejith è diventato un “eroe" sui social media. L’hashtag “#JusticeForSreejith” ha ricevuto migliaia di condivisioni. Il fratello 26enne malmenato dagli agenti, forse per punirlo di una relazione con la futura sposa di uno di loro.
Trivandrum (AsiaNews/Agenzie) – Un uomo indiano siede da quasi 800 giorni di fronte al segretariato dello Stato del Kerala e aspetta che sia fatta giustizia per il fratello, morto in custodia della polizia. È la storia di SR Sreejith, rimasta sconosciuta per gran parte del tempo, fino a quando la sua vicenda personale è apparsa sui social media e ha attirato l’attenzione di tanti volti noti dello sport e di Bollywood. Le pressioni hanno portato l’amministrazione a disporre un’indagine interna alle forze di polizia. Ma per Sreejith – e per tanti altri che ora siedono accanto a lui – non basta. Egli ha anche iniziato uno sciopero della fame e lo interromperà solo quando l’ufficio di investigazione federale inizierà le indagini.
Sui social media l’hashtag “#JusticeForSreejith” ha raccolto numerose adesioni. La canzone con lo stesso titolo scritta da Godi Sundar, famoso compositore indiano, ha ricevuto milioni di visualizzazioni da quando è stata caricata su Youtube il 17 gennaio.
La protesta dell’uomo è iniziata il 22 maggio 2015 di fronte all’ufficio governativo di Trivandrum. Seduto su un semplice tappeto e con un piccolo riparo, egli sfida il caldo asfissiante e le piogge monsoniche. Riferisce che a volte trova riparo nei negozi vicini, ma più spesso aspetta paziente all’addiaccio che le piogge e i venti passino.
Il motivo del suo sit-in è la giustizia per il fratello minore Sreejeev, 26 anni, morto in circostanze misteriose nell’ospedale governativo. Il giovane era stato arrestato qualche giorno prima dagli agenti per il presunto furto di un cellulare. Secondo i poliziotti, Sreejeev avrebbe tentato il suicidio. La versione del fratello è del tutto opposta: per Sreejith, il parente sarebbe stato malmenato dalla polizia ed è morto per le ferite riportate. La sua unica “colpa” era una relazione sentimentale con una donna (futura sposa) legata ad uno degli agenti, che non avrebbe tollerato il tradimento.
Sreejith racconta di aver tentato di avvicinarsi al fratello mentre “era legato al lettino dell’ospedale. Voleva dirmi qualcosa. Indossava una maschera per l’ossigeno e aveva evidenti lividi su tutto il corpo. La polizia lo sorvegliava e mi ha impedito di avvicinarmi”.
La popolarità guadagnata grazie ai social ha spinto l’Assemblea statale a chiedere l’avvio di indagini interne. Al contrario, il dimostrante non si fida della polizia e vuole che ad investigare sia il Central Bureau of Investigation (Cbi), di competenza federale. Nonostante pesi ormai solo 49 chili, qualche settimana fa ha deciso di cominciare uno sciopero della fame. Diverse persone si sono unite a lui in una sorta di “staffetta del digiuno”, in cui rinunciano o all’acqua o al cibo.
Le speranze di Sreejith potrebbero realizzarsi presto: la scorsa settimana l’Alta corte del Kerala ha deciso il trasferimento del caso al Cbi. “Interromperò la protesta – afferma l’eroe dei social media – solo quando l’agenzia davvero darà avvio alle indagini”.