Jakarta, ministro dell’Energia nel mirino della Commissione anti-corruzione
Jakarta (AsiaNews) - La Commissione indonesiana anti-corruzione (Kpk) ha aperto un fascicolo di inchiesta ai danni del ministro dell'Energia e delle risorse minerarie Jero Wacik, alto funzionario del Partito democratico del presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono. Il prossimo 20 ottobre si conclude il secondo mandato del capo di Stato e l'eventuale scandalo politico nel caso di incriminazione rischierebbe di travolgere tutto il partito; per questo fonti autorevoli riferiscono di probabili dimissioni entro fine settembre del ministro, che dovrebbe lasciare il seggio prima dell'inizio ufficiale della prossima legislatura con la riunione del Parlamento.
Wacik è indagato di abuso di potere nell'esercizio delle proprie funzioni, avendo sfruttato una carica ministeriale "strategica" per assegnare concessioni o assegnare appalti. La sua posizione è finita nel mirino degli inquirenti ai tempi dell'arresto Rudi Rubiandini, capo della speciale commissione di controllo sulla Upstream Oil and Gas Regulatory Company, meglio nota come SKK Migas, sorpreso mentre intascava tangenti. Abraham Samad, capo della Kpk, ha definito il ministro un funzionario "avido", che ha usato la posizione dominante per tornaconto personale. Se condannato, egli rischia fino a 20 anni di galera e l'espulsione dal partito.
Negli ultimi tre anni - sotto il presidente Susilo Bambang Yudhoyono, al secondo mandato - la Commissione anti-corruzione ha eseguito una serie di operazioni di successo in tutto il Paese; la Kpk ha mietuto vittime illustri e fatto emergere casi clamorosi di malaffare in vari settori, dalla giustizia, alla politica fino all'economia.
Tra i tanti, ricordiamo l'arresto di un ministro di primo piano dell'attuale esecutivo e del presidente della Corte costituzionale, lo scandalo che ha investito il mondo del petrolio e gli intrighi che hanno portato alla rielezione dell'ex governatore della Banca centrale. Del resto il tema della corruzione è stato uno degli argomenti chiave attorno ai quali si sono giocale le elezioni generali ad aprile e quelle presidenziali a luglio.
I processi eccellenti si sono conclusi con condanne fino a 10 anni di carcere; ancora più dura la sentenza che ha comminato 16 anni di prigione a Lutfi Hasan, ex parlamentare e presidente del partito filo-islamico Justice and Prosperous Party (Pks). Ancora oggi nel mirino della commissione anti-corruzione vi sono molti politici e parlamentari sottoposti a indagini o a restrizioni alla libertà di movimento.