In Asia il più alto numero di giornalisti incarcerati nel 2022
La repressione della libertà di stampa è in aumento in tutto il mondo con Iran, Cina, Myanmar e Turchia ai primi posti della classifica. A dirlo è il rapporto pubblicato oggi dal Comitato per la protezione dei giornalisti. Arresti crescenti di donne e appartenenti alle minoranze etniche. Numerose detenzioni anche in Vietnam, India e Afghanistan.
Milano (AsiaNews) - L’Asia ha stabilito un nuovo primato (negativo) in termini di libertà di stampa: è la regione del mondo che nell’ultimo anno ha incarcerato il più alto numero di giornalisti, sebbene arresti e repressione siano in aumento in tutto il mondo. Ad affermarlo è un rapporto pubblicato oggi dal Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj).
A livello globale sono stati imprigionati 363 reporter, con un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Di questi, 119 arresti sono avvenuti in Asia, con i governi di Cina, Myanmar e Vietnam a guidare la repressione mediatica.
"I leader autoritari hanno raddoppiato la criminalizzazione contro il giornalismo indipendente, impiegando una crudeltà crescente per soffocare le voci dissenzienti", si legge nel documento. Ma "l'imprigionamento dei giornalisti è solo una delle misure utilizzate dai leader autoritari per cercare di reprimere la libertà di stampa".
L'Iran ha incarcerato almeno 62 cronisti, ma - precisa il Comitato - “il conteggio sarebbe più alto se altri 21 giornalisti detenuti dopo l'inizio delle manifestazioni non fossero stati rilasciati su cauzione” prima del primo dicembre, data di rilevamento del rapporto. Dei 49 reporter arrestati prima delle proteste, 22 sono donne, la cifra più alta mai registrata finora.
Dopo la Repubblica islamica, il Paese più repressivo è la Cina, dove però la censura online e un sofisticato apparato di sorveglianza rendono difficile stilare il numero esatto di reporter in carcere. Quelli arrestati nell’ultimo anno sarebbero 43 secondo il Cpj, mentre nel 2021 erano stati 48. Tuttavia, sottolinea il rapporto, questo “non dovrebbe essere interpretato come un allentamento dell'intolleranza del Paese verso la cronaca indipendente”. La maggior parte dei detenuti sono di etnia uigura, la minoranza turcofona e musulmana che abita la regione autonoma dello Xinjiang, mentre è nota la repressione dei media indipendenti di Hong Kong dopo l’adozione della legge sulla sicurezza nazionale.
Al terzo posto della classifica troviamo poi il Myanmar, dove, dopo il colpo di Stato da parte dell’esercito del primo febbraio 2021, il numero di arresti di giornalisti è salito a 42 (l’anno scorso erano stati 30). Circa la metà sono stati condannati per “istigazione” e “notizie false”, mentre molti sono anche stati direttamente assassinati dalla giunta militare. "Il colpo di Stato non ha solo portato oscurità e censura per i media indipendenti e i lettori, ma anche pericoli per i giornalisti che riportano la verità", ha detto in forma anonima a Nikkei Asia un giornalista di Yangon. "Non solo siamo considerati 'nemici dello Stato', ma siamo costretti a condurre una doppia o addirittura tripla vita".
Segue poi la Turchia, con un numero di arresti quasi raddoppiato nell’ultimo anno, passando da 18 a 40: la maggior parte dei cronisti sono di etnia curda. Ankara nella seconda metà dell’anno ha incarcerato “25 cronisti curdi che lavoravano per l'agenzia di stampa Mezopotamya e l’agenzia di stampa tutta al femminile JINNEWS”, continua ancora il Cpj. “Molti ora temono che questi ultimi arresti possano indicare un nuovo giro di vite contro la libertà di stampa in vista delle elezioni del prossimo anno, soprattutto alla luce della ratifica avvenuta a ottobre da parte del Parlamento turco di una controversa legge sui media che impone pene detentive per coloro che si ritiene diffondano disinformazione”.
A completare il quadro asiatico, il Vietnam ha messo in prigione 21 giornalisti indipendenti, di cui molti stanno scontando lunghe pene detentive. Da sottolineare il caso della giornalista Pham Doan Trang, non solo condannata a 9 nove anni per crimini contro lo Stato, ma che è stata anche “trasferita da Hanoi in una remota prigione a più di 900 miglia dalla sua famiglia, una tattica comune per impedire visite regolari in carcere”.
L’India con sette giornalisti detenuti continua a suscitare critiche per la repressione dei media nella regione del Kashmir, mentre l’Afghanistan dopo la totale soppressione delle redazioni indipendenti, quest’anno per la prima volta dopo 12 anni ha imprigionato tre giornalisti.
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