27/02/2024, 11.00
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Il lato oscuro dell’economia giapponese: dal debito pubblico alla crisi politica

Nonostante il debito pubblico nipponico superi di 2,5 volte la dimensione dell’economia reale il governo ha stanziato un budget record per l’anno fiscale in corso, con obiettivi poco realistici per la spesa pubblica. Il tutto mentre il partito del premier Kishida attraversa una crisi politica figlia dello scandalo sui fondi irregolari del Partito Liberal Democratico,

Tokyo (AsiaNews/Agenzie) - Il Giappone è attraversato da tempo da una profonda crisi economica. Secondo diversi analisti politici ed economici giapponesi, una delle chiavi di volta per comprenderla è osservare da vicino la caduta della fazione del Partito Liberal Democratico (LDP) precedentemente guidata dal defunto ex primo ministro Shinzo Abe. Già nel suo secondo mandato, Abe – che una volta definì la Banca del Giappone “una filiale del governo giapponese” – è stato uno dei sostenitori più accesi della politica “espansiva” (Abenomics) delle spese dello Stato, usate come strumento per riavviare un’economia nipponica stagnante dalla fine degli anni ‘90. Quella visione ha portato la stessa “fazione di Abe”- di cui anche l’attuale premier Fumio Kishida fa parte - a dover aumentare le tasse per coprire l’esplosione della spesa pubblica, a partire da quelle onerose per la difesa alla fine del 2022. Ad aggravare la situazione è arrivato lo scandalo sulla raccolta dei fondi politici che ha scosso il partito di governo e portato alle dimissioni di quattro ministri del partito guidato dal 2021 Kishida, e messo in ginocchio la fazione, composta da oltre 90 membri e destinata allo scioglimento, che da Abe in poi ha portato avanti questa visione politico-economica. 

Nonostante ciò, è sempre l’LDP a discutere le modalità per riequilibrare le finanze al collasso della nazione: a inizio febbraio il comitato economico ha presentato un piano per migliorare il saldo primario – ovvero la differenza tra entrate e spese pubbliche, esclusi i pagamenti degli interessi – e per ridurre la spesa pubblica. Secondo il deputato del LDP Keisuke Suzuki, che è anche segretario generale ad interim del comitato, “a meno che la leadership del partito e il governo non mostrino una forte determinazione a bilanciare le finanze, è improbabile che le cose cambino presto”. A certificare le sue parole c’è la retrocessione dell'economia del Giappone scivolata al quarto posto nella classifica mondiale, dietro anche alla Germania in recessione.

L’attuale bozza del bilancio presentata stima che nel prossimo anno fiscale, che inizierà ad aprile, la spesa pubblica di Tokyo raggiungerà i 112 trilioni di yen (744 miliardi di dollari), in lieve calo rispetto al massimo storico dello scorso anno di 114 trilioni di yen, ma dovuto alla riduzione dei fondi per il COVID-19. La maggiore parte di questo denaro è però destinata a coprire i costi del debito, spiega Gabriele Ninivaggi analista politico di The Japan Times. Nel complesso, il governo è destinato a fare affidamento ancora sulla spesa in deficit per quasi un terzo del totale, mentre le conseguenze e i ritardi nella ricostruzione del terremoto di Noto del 1° gennaio hanno costretto il governo a raddoppiare la sua stima sull’ammontare dei fondi di riserva richiesti.

Il ministro delle Finanze Shunichi Suzuki ha annunciato che il debito pubblico alla fine dello scorso anno aveva raggiunto il livello record di 1,2 quadrilioni di yen. Oltre 2,5 volte la dimensione dell’economia reale nipponica. Nonostante ciò, con l’inflazione in crescita, i salari in aumento e le esportazioni in forte espansione per il governo non è questo il momento di frenare la spesa pubblica, ma piuttosto di stimolare consumi e investimenti. Le radici della dipendenza del Giappone dal debito risalgono agli anni ’90. Dopo lo scoppio della bolla economica, il rallentamento della crescita economica e una società in rapido ingrigimento demografico è arrivato un periodo di calo delle entrate fiscali e di aumento delle spese sociali che ha aggravato lo stato delle casse del Paese.

“Credo che la revisione dei sistemi fiscali del governo sia insufficiente per far fronte ai cambiamenti strutturali necessari imposti dalla lenta crescita stagnante e dal declino anagrafico della popolazione”, ha detto l’economista Takahide Kiuchi. Che aggiunge: “Gli elettori non hanno una conoscenza approfondita delle finanze del Paese e ciò incentiva il governo a perseguire politiche economiche populiste. Infatti l’aumento della spesa in deficit rimane difficile da comprendere”. Ciò che ostacola passi concreti verso la riduzione del deficit “è anche la stretta relazione tra interessi privati e funzionari politici eletti”, dice il segretario generale ad interim del comitato economico del governo Keisuke Suzuki. “Nelle aree in cui il governo potrebbe potenzialmente tagliare la spesa, questi interessi acquisiti nei settori produttivi correlati spesso mostrano resistenza a qualsiasi cambiamento dello status quo”.

“La lobby a favore di una grande spesa pubblica, e di conseguenza di un debito più elevato, rimane forte, e Kishida non può permettersi di inimicarsi quello che è ancora un ampio collegio elettorale all’interno del partito, soprattutto in vista delle elezioni presidenziali LDP di settembre. A lungo termine però - conclude l’analista del Times -, sarà necessaria una grande dose di astuzia politica per soddisfare entrambe le parti in causa senza scottarsi”.

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