25/10/2024, 08.28
UZBEKISTAN
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Il grande gioco della criminalità dell’Uzbekistan

di Vladimir Rozanskij

I processi nei confronti dei più noti criminali di Taškent vanno avanti in maniera confusa tra denunce di torture in carcere e sentenze incredibilmente blande. Con altre figure di spicco, latitanti all'estero, che compaiono insieme a politici locali sugli spalti di grandi manifestazioni sportive.

Taškent  (AsiaNews) - A quasi un anno dalla grande retata dei “40 giorni d’assalto” di Taškent, i processi e gli appelli nei confronti dei più noti criminali dell’Uzbekistan rimangono in una fase piuttosto confusa e contraddittoria, dalle proteste per le torture in carcere alle pressioni di ogni genere sulla magistratura, con interventi di parenti e uomini politici legati ai capimafia anche all’interno degli organi di polizia.

Si sono perse le tracce di Salim Abduvaliev, “il riccone” condannato a soli 6 anni e detenuto in un luogo sconosciuto anche ai parenti più stretti, ma anche altre “autorità” criminali dell’Uzbekistan sfuggono alle azioni degli organi investigativi e ai tribunali. Per esempio Gafur Rakhimov (detto Graf, il “Conte”), il principale avversario di Salim, e il suo nipote Ravšan Mukhiddinov, riparato all’estero ma ben in vista sugli spalti delle grandi manifestazioni sportive come le Olimpiadi o le partite del Paris Saint-Germain, anche al fianco di personaggi della politica come Otabek Umarov, cognato del presidente dell’Uzbekistan Šavkat Mirziyoyev.

Nei giorni scorsi si è riusciti a riportare in aula di tribunale a Taškent il 36enne Saidaziz Saidaliev, detto “Saidaziz Medgorodok” (“di tutti i Paesi”), in prigione dalla scorsa estate e condannato ad agosto a 20 anni di carcere, ora in processo d’appello. Insieme ad altri 28 suoi compagni, Saidaziz regolava un ampio sistema di corruzione e influenze in tutte le istituzioni dell’Uzbekistan e di molti altri Paesi. Per i 17 capi d’accusa il boss ammette di “aver compiuto qualche abuso”, ma conta di dimostrare la sua innocenza per la maggior parte dei casi. Il suo comportamento in prigione lo ha condotto già due volte in cella d’isolamento, facendo gridare alla “persecuzione e tortura” da parte delle guardie.

Saidaziz Medgorodok è del resto molto legato a Salim “il riccone” Abduvaliev, riconoscendolo come “un padre”, che ha limitato le sue condanne grazie alla complicità delle autorità uzbeke, e ora si teme un simile trattamento di favore anche per Saidaziz e i suoi complici, per sostenere i traffici di contrabbando dalla Cina, molto attivi sulle tratte uzbeke e kirghise. A far da tramite tra i vari gruppi criminali sarebbe il nipote Mukhiddinov, ricercato dal 2007 a livello internazionale e già arrestato due volte a Istanbul e Dubai, per poi far perdere nuovamente le tracce, e che si è meritato il titolo di “capo del gruppo dei Fratelli”, una delle definizioni del “sindacato criminale dell’Eurasia” governato da Rakhimov.

Mukhiddinov ha recentemente ringraziato su Instagram il cognato presidenziale Umarov per il suo sostegno agli sportivi uzbeki, essendo lo sport uno degli ambiti preferiti delle mafie centrasiatiche. Le autorità dell’Uzbekistan continuano a mantenere assolutamente riservate tutte le informazioni su questi personaggi e i loro processi, che solo parzialmente sono aperti ai giornalisti, a differenza di quelle del Kirghizistan, che vogliono dimostrate la loro azione risoluta contro le mafie locali.

Il più grande successo kirghiso fu l’uccisione di uno degli altri capibanda, Kamči Kolbaev, il 4 ottobre del 2023, dando inizio alle grandi operazioni di pulizia e agli arresti eccellenti, che ora sembrano disperdersi in aggiustamenti poco comprensibili per l’opinione pubblica. Un altro criminale di spicco uzbeko, Bakhtiyor Kudratullaev, detto Bakhty Taškentskij, ha diffuso un appello alle autorità e alla magistratura per “moderare le punizioni” a tutti gli altri accusati, che “cercano soltanto di fare il bene del proprio popolo”.

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