09/05/2015, 00.00
RUSSIA
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Il V-day di Putin è diventato anche una festa religiosa e sacrale

di Nina Achmatova
Per il sociologo Lev Gudkov, la Chiesa contribuisce alla creazione della sacralità della Vittoria sovietica sui nazisti. L’ortodossia alla base della legittimità politica del capo del Cremlino, che ha riportato la Russia tra le potenze mondiali.

Mosca (AsiaNews) - La vittoria sovietica sui nazisti, di cui il 9 maggio 2015 si celebra il 70° anniversario con la più grande parata militare della storia della Russia moderna, è uno dei temi più sensibili nel dibattito pubblico, forse allo stesso livello della Chiesa e della religione ortodossa. La pensa così Lev Gudkov, direttore del Centro Levada, il più autorevole istituto demoscopico indipendente del Paese, che fa notare come proprio la forte componente di “sacralità” dell’evento  distingue il V-Day russo di oggi da quello che si celebrava in Urss.

“I russi si rapportano al Giorno della Vittoria (Den Pobedi in russo) come a qualcosa di sacro e questo ai tempi di Brezhnev (che nel 1965 ha ripristinato la festività, abolita nel 1947 da Stalin) non esisteva - spiega il sociologo ad AsiaNews - la Chiesa ha aiutato il potere a dare autorità morale e spirituale a questo mito della Vittoria”, su cui Vladimir Putin ha poi costruito la sua legittimità politica di leader che ha riportato la Russia tra le grandi potenze mondiali.

Le celebrazioni del Den Pobedi hanno tradizionalmente il loro culmine nella parata militare a Mosca, a cui quest’anno assistono, insieme a Putin, anche alcuni leader internazionali, tra cui il cinese Xi Jinping, ma non i capi di Stato e governo occidentali, per via della crisi ucraina. Per l’occasione, dal monte Athos è stata portata in Russia l’arca con la mano destra di San Giorgio il Vittorioso e l’icona del Grande Martire, protettore di Mosca che i fedeli ortodossi potranno venerare per due mesi anche a San Pietroburgo e in altre 12 città della Federazione.

Il Patriarca ortodosso russo Kirill - che di recente ha definito la Vittoria dell’Armata rossa su Hitler come un “miracolo di Dio” - ha più volte sottolineato il ruolo particolare di San Giorgio nel rafforzamento dello spirito nazionale durante quella che i russi chiamano la Grande Guerra Patriottica, costata un numero di vittime 20 volte maggiore che ai Paesi europei, ma che oggi in Russia è una sorta di tabù di cui non si può discutere senza il rischio di ripercussioni anche legali. Silenzio anche sulle colpe e gli errori di Stalin come pure sulle repressioni che colpirono proprio il clero cristiano.

San Giorgio, poi, torna nell’ormai famoso ‘nastro di San Giorgio’, di colore nero e arancione e che i russi esibiscono come simbolo della resistenza al nazifascismo; non a caso usato anche dai separatisti in Ucraina dell’Est che nella propaganda ufficiale combattono contro “i fascisti di Kiev”. 

“Nonostante l’ateismo di Stato dell’Unione sovietica, è stata la fede ortodossa e i principi morali connessi ad essa, insieme con lo spirito nazionale su di questi formato, che ha costituito il fattore deciso per la Vittoria”, ha scritto in un articolo il capo del dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa e società Vsevolod Chaplin.

“La gente vede il potere come corrotto mentre la Chiesa è ancora ritenuta un’autorità morale - spiega ancora Gudkov - Se in 20 anni, da quanto abbiamo iniziato le nostre ricerche, i credenti erano il 16% della popolazione, oggi il 70% si dice ortodosso; siamo diventati un Paese ortodosso, ma in cui  la gente non sa nulla delle cose di Chiesa (il 40% dei russi dice di non credere in Dio). Ormai oggi ortodosso significa russo”. 

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