Il Kazakistan rischia di essere un’altra Ucraina
La repubblica centroasiatica ospita una significativa minoranza russa. Promozione della lingua kazaka rispetto al russo vista dai politici di Mosca come una “imitazione” del nazismo. Senza il “presidente eterno” Nazarbaev vengono meno le garanzie di fedeltà al “grande fratello” moscovita.
Mosca (AsiaNews) – Mentre si spera in una soluzione del conflitto in Ucraina, l’Asia centrale rimane con il fiato sospeso, tra silenzi imbarazzati e ambigue prese di posizione. Molti osservatori si domandano però chi sarà il prossimo obiettivo della politica espansionistica della Russia di Putin.
Il politologo kazako Akhas Tažukov ha analizzato la questione su Eurasia Review. Citando un articolo di Pravda.ru, egli osserva che “Putin ha indicato i confini precisi della lealtà a tutti i regimi dello spazio post-sovietico, dove i governi non devono essere diretti dall’esterno e opprimere i russi al loro interno”. La Russia ha mostrato in Ucraina come si comporterà anche altrove, per “garantire la propria sicurezza”, e il periodo di tolleranza in questo senso è ormai finito. L’articolo cita esplicitamente il Kazakistan, “che deve capire come i giochini con il nazionalismo portano al risultato ucraino di una ripresa del neo-nazismo”.
Secondo Tažukov, Putin cerca di realizzare l’idea esposta da Aleksandr Solženitsyn nel 1990 nel famoso saggio “Come ricostruire la Russia”, in cui si parlava di “riunificazione delle terre” e della formazione di una “Unione russa” che comprendesse Russia, Ucraina, Bielorussia e alcune regioni del Kazakistan. Lo stesso presidente russo ha in effetti ripetuto in più occasioni di considerare il Kazakistan un Paese “originariamente russo”, in cui diversi territori sono stati condivisi e concessi in spirito di fraternità, come è avvenuto con l’Ucraina.
Già nel 2015 il politologo russo-statunitense Petr Eltsov sosteneva che dopo l’annessione della Crimea l’obiettivo primario sarebbe stato il Kazakistan. Con il tramonto dell’era del “presidente eterno” Nursultan Nazarbaev, notava Eltsov, sarebbero cresciuti nella popolazione locale sentimenti anti-imperialisti nei confronti dei russi, provocando l’ira di questi ultimi, come in effetti sta avvenendo oggi.
A dicembre del 2020 la Russia ha iniziato un’aggressiva campagna informativa nei confronti del Kazakistan, che i media turchi hanno definito “una guerra ibrida dei russi contro i kazaki”. Alcuni politici russi hanno cominciato allora a sostenere che “nel governo del Kazakistan si sono insediati degli imitatori dei nazisti”, riferendosi soprattutto al ministro dell’Istruzione e della cultura Askhat Aymagambetov, sostenitore del passaggio linguistico dal russo al kazako.
Da Nur-Sultan finora non ci sono state reazioni ostili alle dichiarazioni dei russi, e i disordini di gennaio hanno creato una situazione molto ambigua, proprio subito prima dell’invasione dell’Ucraina. La “de-nazarbaevizzazione” del Paese non ha finora prodotto un chiaro orientamento pro o contro la Russia, che del resto ha sostenuto il presidente Tokaev nel gestire la difficile situazione, ma è chiaro che il vecchio regime era la principale garanzia di fedeltà al “grande fratello” moscovita, mentre ora tutti i giochi sono riaperti.
Vjačeslav Morozov, docente dell’università estone di Tartu, sostiene che la concezione espansionistica del “Mondo Russo” non si potrà applicare direttamente al Kazakistan finchè non vi saranno aggressioni esplicite ai russi nel Paese, dove questi costituiscono una significativa minoranza. Per ora in tutti gli Stati centrasiatici si cerca di mantenere i nervi saldi all’interno e all’esterno, senza esporsi troppo circa le operazioni militari dei russi, come spiega anche Joanna Lillis, giornalista di origine britannica di stanza ad Almaty. Lillis osserva anche come nessuno di queste nazioni abbia peraltro riconosciuto l’annessione della Crimea o le pretese separatiste del Donbass.
Il presidente kazako Tokaev è stato anche l’unico leader regionale a parlare al telefono con l’ucraino Zelenskyj, dall’inizio dell’invasione russa, proponendo la mediazione di Nur-Sultan. Ad Almaty le autorità hanno permesso cortei contro la guerra russa, e vengono multati coloro che espongono la svastica putiniana “Z”. Allo stesso tempo sono stati arrestati due blogger anti-russi. L’economia di queste repubbliche ex sovietiche è molto colpita dalle sanzioni e da tutte le conseguenze della guerra, e non sarà facile evitare ulteriori crisi sociali e politiche nei tempi a venire.
25/05/2023 09:00
22/06/2022 08:43