17/04/2025, 08.53
BAHREIN - GOLFO
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I riti della Pasqua nella Chiesa diventata ‘casa’ per i migranti nel Vicariato d’Arabia

di Dario Salvi

Mons. Berardi racconta la Settimana Santa fra i cattolici del Golfo, una realtà “unica” per moltitudine di riti e di lingue. Gli “expat” in Arabia Saudita usano internet e la tv per seguire le celebrazioni. Le preghiere per la pace in Terra Santa, Libano, Siria e Yemen. Il significato della missione che è “prima di tutto conversione personale”.

Milano (AsiaNews) - Una realtà “unica” in cui i migranti “ritrovano” nella Chiesa quella che un tempo era la loro terra di origine, costruiscono legami e riescono a superare anche “l’unica difficoltà” dettata dalla lingua, perché “non tutti parlano arabo o inglese”. È quanto racconta ad AsiaNews il vicario apostolico dell’Arabia settentrionale mons. Aldo Berardi, sacerdote dell’Ordine della Santissima Trinità e degli Schiavi di cui è stato vicario generale, da oltre due anni alla guida di un territorio complesso, ma ricco nella diversità. “Sono migranti o, per meglio dire, degli ‘expat’ - precisa - poiché qui nessuno resta a lungo o prende la cittadinanza per nascita o acquisita. Persone che ritornano o emigrano in altri Paesi ma la Chiesa con i suoi sacramenti, la sua dottrina, i suoi riti universali e le sue celebrazioni” come oggi, in cui ricorre il Giovedì Santo, “li fanno sentire a casa”, 

Il vicariato del Nord estende la propria giurisdizione su quattro Stati della Penisola, con situazioni diverse a livello sociale, politico e di libertà religiosa: Bahrein, Kuwait, Qatar e Arabia Saudita, nazione quest’ultima in cui non è ammesso altro culto oltre l’islam ma in cui vi è - sotto traccia - una presenza cattolica. Nel 2020 alla morte dell’ultimo vicario mons. Camillo Ballin, cui è succeduto come amministratore mons. Paul Hinder già vicario dell’Arabia meridionale, si contavano quasi 2,8 milioni di battezzati su circa 43 milioni di abitanti. Il territorio diviso in 11 parrocchie, la sede è in Bahrein, ad Awali, dove sorge la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia.

Una realtà composta in larghissima maggioranza da migranti economici dall’Asia, soprattutto India, e riti diversi come quello dei siro-malabaresi cui papa Francesco ha concesso la giurisdizione su quanti si trovano per lavoro in Medio Oriente. Volti, origini e storie diverse che nelle funzioni legate alla festività, come in occasione della Settimana Santa, riscoprono “un senso di appartenenza: la chiesa non è solo un edificio ma è casa loro perché sono accolti, al suo interno si creano legami e diventa un punto di riferimento. Anche se non hanno la messa nella loro lingua di origine seguono la funzione - prosegue il prelato - poi al termine si fermano nel cortile, parlano con il sacerdote, con il loro vescovo [il vicario apostolico, ndr], chiedono benedizioni e si confrontano sulle difficoltà”. 

Nei territori del vicariato del Nord vi è compresa anche l’Arabia Saudita, culla dell’islam sunnita in cui è ammessa la sola religione musulmana ma che, in realtà, ospita circa un milione di cattolici, lavoratori migranti o espatriati. “A Pasqua i fedeli seguono le funzioni online - racconta il prelato - e spesso si collegano ai canali televisivi del Paese di origine o usano internet, per ascoltare le messe e le celebrazioni nella propria lingua”. Pur se in una condizione di difficoltà, perché è vietato praticare in pubblico la fede, i cristiani in Arabia Saudita mantengono un “legame” con le chiese della regione, in particolare “con la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia: chi può - prosegue mons. Berardi - varca il confine e va in Bahrein o in Kuwait per assistere alle funzioni. I momenti di maggiore affluenza coincidono con le principali festività musulmane, quando anche i cristiani beneficiano di due o tre giorni di ferie”. “Arrivano in macchina, in autobus, vengono a pregare e ne approfittiamo per amministrare i sacramenti - prosegue - dal battesimo alla cresima, con cerimonie speciali fatte per loro e applicando una certa flessibilità nella preparazione dei sacramenti, che viene fatta anch’essa online”.

Il messaggio lanciato dal Vicariato, sottolinea mons. Berardi, è quello di una Chiesa “stabile e radicata, anche se la gente va e viene, ma vi è sempre questa immensità di credenti: due milioni di fedeli a Nord, cui si somma un altro milione dal Sud”. E la visita di papa Francesco ad Abu Dhabi prima (Emirati Arabi Uniti, nel 2019) e in Bahrein (novembre 2022) ha garantito “ancora maggiore riconoscimento e visibilità”, una presenza fondata sui valori di “generosità e solidarietà”. “Si insiste molto - aggiunge - sul tema della coesistenza, che significa rispetto dell’altro e va oltre la stessa tolleranza che non implica l’incontro. La coesistenza è un passo in più” e spinge a ragionare su come “vivere insieme, il rispetto nella diversità” partendo da “punti comuni” mentre restano ai margini elementi di conflitto come la teologia. “Dopo due anni di permanenza nel vicariato - afferma - si stanno creando relazioni solide, di condivisione dello spazio e discussione”. 

“Abbiamo iniziato la Settimana Santa venerdì scorso 11 aprile, perché la gente e più libera di partecipare. Ciascun rito ha le proprie tradizioni e il programma delle funzioni è davvero intenso per tutte le parrocchie” racconta il vicario. “Martedì sera abbiamo celebrato la messa crismale, con tutti i parroci delle diverse chiese del Bahrein e alcuni da fuori venuti a prendere gli oli. Oltre ai ministri sono presenti anche i laici - prosegue - una bella assemblea per questa funzione particolare, ciascun rito con il proprio vestito tradizionale, dai maroniti ai malabaresi, a simboleggiare l’unità della Chiesa attorno al vescovo, un concetto di grande importanza per il territorio”. “Il rito latino - aggiunge - resta il più importante, perché rappresenta la maggioranza dei fedeli ma, anche in questo caso, la messa viene celebrata in diverse lingue”. Dalla cattedrale alle chiese, fino alla scuola cattolica cui le autorità di Manama concedono l’uso per celebrare messe in occasione delle principali festività, i luoghi di culto sono gremiti con migliaia di fedeli. In Qatar e Kuwait l’afflusso è ininterrotto perché i riti orientali durano ore, vengono celebrati la sera, di notte, la mattina presto e ognuno ha un modo particolare per celebrare il Venerdì Santo, dalla Via Crucis al funerale di Gesù. “Da domani fino a domenica - spiega mons. Berardi - è un continuo, che è anche specchio della ricchezza della Chiesa e del Vicariato del Golfo, tutti vogliono baciare la croce”.

Le celebrazioni della Pasqua si intrecciano inevitabilmente con la fase di profonda tensione che caratterizza la regione mediorientale, e diverse aree del pianeta. “A ogni messa - racconta il vicario - preghiamo per la pace, alla fine di ogni funzione domenicale vi è una preghiera speciale che ho affidato a tutte le parrocchie per invocare concordia, conversione e dialogo in Terra Santa [per identificare Israele e Palestina], Siria, Libano e Yemen”. Soprattutto la comunità araba cattolica, prosegue, “soffre per la situazione, dai siriani ai palestinesi la preoccupazione è forte. Vi è poi grande attenzione per lo Yemen, perché “è vicino a noi, fa parte del Vicariato del Sud, ci sono le suore e dispiace che la gente soffra. Ora - aggiunge - si sommano pure le tensioni fra Iran e Israele (e Stati Uniti). Noi, che siamo in mezzo, preghiamo con ancora più forza per la pace”. Infine, un ultimo richiamo è alla “missione”, che ha delle caratteristiche particolari nel Golfo in cui è vietato il proselitismo: “Dobbiamo convertirci sempre di più personalmente. Qui essere missionari significa esserlo per se stessi, sviluppando questa identità cattolica, la moralità cattolica, la spiritualità che ci fa essere riconosciuti. Tanti non possono venire in chiesa - conclude - per questo stiamo riflettendo su come raggiungerli attraverso strade diverse”. 

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