07/09/2023, 14.14
LANTERNE ROSSE
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I figli dei migranti interni cinesi 'lasciati indietro'

I loro genitori si spostano dalle aree rurali a quelle urbane della Cina alla ricerca di lavoro, ma oggi un'alta percentuale di minori si concentra anche nelle città e affronta una serie di disagi che vanno dalla mancanza di sostegno emotivo alle difficoltà ad accedere ai servizi pubblici. Nonostante qualche miglioramento, le condizioni di vita a cui sono sottoposti impediscono un adeguato sviluppo.

Pechino (AsiaNews) - Nonostante circa un terzo della popolazione cinese sia composta da migranti interni che si sono spostati dalle aree rurali a quelle urbane per contribuire alla crescita economica del Paese, i lavoratori delle campagne continuano a vivere ai margini del sistema di previdenza sociale. Ma a pagare le conseguenze sono anche i loro figli, definiti “lasciati indietro” (留守儿童) e che spesso sono esclusi dall’accesso all’istruzione alla sanità, nonostante all’inizio dell’anno il governo di Pechino avesse annunciato facilitazioni per l’ottenimento del certificato di residenza nei centri urbani. 

Le radici del problema risiedono infatti nel noto “hukou” (户口), il documento introdotto dal governo comunista nel 1958 per facilitare la distribuzione di risorse e fare in modo che la maggior parte della popolazione continuasse il lavoro nelle campagne. In base a questo sistema di registrazione, i benefici sociali possono essere ottenuti solo nel luogo di residenza ereditato e scritto sul proprio hukou. Di conseguenza ancora oggi i lavoratori migranti che vivono anche da molti anni in altre città hanno un accesso limitato agli ospedali e i figli non possono frequentare le scuole superiori locali. I dati dell’Ufficio nazionale di statistica dicono che i lavoratori migranti in Cina sono 295,6 milioni, con il maggiore aumento di spostamenti registrato nel 2021 a seguito della pandemia. Ma come evidenziato dal South China Morning Post, nel 2020 solo il 45,4% aveva un hukou urbano.

Nonostante quello dei bambini lasciati indietro sia un problema noto da tempo, la loro situazione - come quella dei genitori - non è migliorata e oggi il 36,4% dei bambini cinesi non vive con entrambi i genitori. 

Della questione parla un recente rapporto intitolato “China’s Child Population Status in 2020: Facts and Figures” e pubblicato congiuntamente dall’Ufficio nazionale di statistica, dall’Unicef e dal Fondo delle Nazioni unite per la popolazione.

In base ai dati del 2020 (anno dell’ultima rilevazione ufficiale), i bambini fino ai 17 anni sono il 21,1% della popolazione totale, pari a 298 milioni, ma quasi la metà - il 46,4%, pari a 138 milioni - subisce le conseguenze di uno spostamento interno. Si stima infatti che 71 milioni di bambini siano emigrati con i genitori e 67 milioni siano rimasti nel luogo di nascita, dove il più delle volte sono cresciuti dalla famiglia allargata, in particolare dai nonni. I quali però, nella maggior parte dei casi conoscono poco il mandarino e hanno un basso livello di istruzione. I bambini lasciati nelle aree rurali vedono i genitori circa una decina di volte all’anno, ma spesso riferiscono un senso di distacco emotivo anche dai loro nonni. Uno studente di scuola secondaria, per esempio, ha detto: “Aiuto i miei nonni a cucinare e guardiamo la televisione insieme ma non parliamo davvero”. A volte i ragazzi più grandi, invece, lasciano anche la città natale da soli per motivi di studio o di lavoro.

Secondo il rapporto, dal 2010 al 2020 si è dimezzato il numero di persone senza un hukou, passando da 8,05 milioni di persone a 4.03 milioni. Ma di questi, 2,91 milioni erano bambini fino ai 17 anni.

A partire dagli anni ‘80, quando le città cinesi hanno iniziato ad avere necessità di manodopera a basso costo, le restrizioni legate all’hukou hanno subito un progressivo allentamento. La percentuale di popolazione urbana è passata dal 21,1% nel 1982 al 63,9% nel 2020, dopo che centinaia di lavoratori dalle aree rurali si sono riversati nei centri urbani, a volte - come negli hub industriali di Shenzhen e Dongguan - superando anche la popolazione cittadina locale. 

Il numero di bambini “lasciati indietro” in altri centri urbani e non nelle aree rurali è cresciuto del 65,4% dal 2010 al 2020, mentre la percentuale di figli abbandonati nelle aree rurali è cresciuta del 5,2%, pari a 2,07 milioni di bambini. Potrebbe sembrare un dato incoraggiante, ma non lo è, perché nello stesso periodo di tempo la popolazione infantile nelle aree rurali è diminuita del 28,6%, per cui il numero di bambini lasciati indietro nelle aree rurali ha raggiunto i 41,77 milioni, pari al 62,4% di tutti i “lasciati indietro”. Tuttavia i dati evidenziano che il problema si è intensificato anche in città andando di pari passo con l’urbanizzazione del Paese.

Nonostante sia aumentato il numero di bambini che oggi segue i genitori grazie a una parziale erogazione dei servizi pubblici indipendentemente dal luogo di registrazione dell’hukou, non si può parlare di reali miglioramenti della loro situazione perché le condizioni di vita dei genitori continuano a impedire un adeguato sviluppo dei bambini. La stragrande maggioranza dei lavoratori migranti è infatti ancora impiegata in lavori a bassa retribuzione nel settore manifatturiero, edile e dei servizi. Nonostante progressivi aumenti di salario, lo stipendio mensile medio di un lavoratore migrante è di 4.615 yuan (588 euro), mentre la tariffa media nazionale per i servizi ambulatoriali negli ospedali generali è di 329,2 yuan per visita ì, e la tariffa media per i servizi ospedalieri è di 1.191,7 yuan al giorno. Anche l’accesso all’istruzione nelle città è ostacolato da una serie di cavilli burocratici che limitano l’iscrizione alle scuole pubbliche.

Spesso i migranti interni lavorano fino a 11 ore al giorno e senza alcun tipo di copertura assicurativa sociale. Nel 2017, per esempio, solo circa il 22% dei lavoratori migranti aveva una pensione di base o un’assicurazione medica. Non possono inoltre accedere agli alloggi pubblici, per cui secondo diverse indagini la superficie abitativa media è di soli 17,6 metri quadrati per persona nelle città con più di cinque milioni di abitanti (una città di medie dimensioni in Cina).

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