Hong Kong, il governo in tribunale per mettere al bando l’inno della protesta
Le autorità chiedono ai giudici una ordinanza per bloccare “in modo permanente” la canzone simbolo delle manifestazioni del 2019. “Gloria ad Hong Kong” ha superato in popolarità l’inno cinese ed è risuonata (per errore) in manifestazioni sportive. Proibiti anche adattamenti e cover.
Hong Kong (AsiaNews) - Il governo di Hong Kong è ricorso alle vie legali, chiedendo ai giudici di emettere un’ordinanza che vieta “in modo permanente” a chiunque di trasmettere, suonare, pubblicare o menzionare a qualsiasi titolo l’inno che, dal 2019, è diventato simbolo della protesta pro diritti e libertà. E contro la morsa di Pechino che, soprattutto negli ultimi anni con l’introduzione della famigerata Legge sulla sicurezza nazionale, la repressione e gli arresti degli attivisti pro-democrazia, si è fatta ormai soffocante.
Oggi l’Alta Corte sta valutando la richiesta definita “senza precedenti” del segretario alla Giustizia, che chiede una “ingiunzione permanente” contro Gloria a Hong Kong. L’atto, depositato ieri, chiede ai giudici di colpire quanti nutrono intenti criminali usando a qualsiasi titolo quella che è percepita come una canzone anti-governativa, perché sfruttata da quanti vogliono separare Hong Kong dalla madrepatria Cina. Vi è poi un riferimento all’insulto dell’inno ufficiale cinese, dal 1997 della stessa Hong Kong, intitolato “Marcia dei volontari”.
Al momento non è stata ancora definita la data in cui saranno chiamati a pronunciarci i giudici, ma la vicenda ha già destato profondo scalpore. Nella querela si vuole colpire anche ogni “adattamento” della canzone sia nelle parole che nella musica. Saranno colpevoli anche quanti spingono terze persone a compiere uno qualsiasi dei gesti oggetto di condanna. Nel documento depositato sono contenuti anche video di YouTube in cui vengono proposte almeno 32 versioni diverse della canzone di protesta, incluse cover strumentali e versioni cantate in mandarino, inglese, tedesco, olandese, giapponese e coreano. Si fa infine riferimento a “incidenti” in cui, durante competizioni sportive, la canzone è risuonata al posto dell’inno ufficiale, anche perché sui motori di ricerca su internet viene prima “Gloria a Hong Kong” rispetto alla “Marcia dei volontari”.
Il testo è un invito agli abitanti perché lottino per la libertà e la sua liberazione, in una sorta di “rivoluzione dei tempi moderni”. In particolare, quest’ultimo verso è percepito con un significato secessionista e una esortazione alla ribellione verso Pechino e il suo dominio.
La canzone ha dato origine a più versioni secondarie, tra cui una con testo alterato che attacca i “ribelli” che hanno dato vita alle proteste del 2019. Un artista di strada è stato sanzionato nel recente passato mentre cantava l’inno, per presunte violazioni al distanziamento sociale in una fase di imposizioni e divieti per il contenimento della pandemia di Covid-19. Tuttavia, il giovane è stato assolto in fase processuale per mancanza di prove.