Guerra Ucraina e crisi alimentare gettano nuova ombra sull’Eid
Milioni di persone tornano a viaggiare e rientrano nei villaggi di origine per la festa di fine Ramadan, dopo due anni di chiusure e restrizioni per il Covid. Ma per molti è una celebrazione in chiaroscuro per la crisi economica e la mancanza di cibo. In India musulmani nel mirino dei nazionalisti indù.
Beirut (AsiaNews) - Milioni di indonesiani approfittano della ricorrenza, per tornare nelle case e nei villaggi di origine dopo due anni di restrizioni legate alla pandemia di Covid-19. In altre nazioni, dal Medio oriente alla Malaysia, si tratta di una festa in chiaroscuro per le molte difficoltà legate alla crisi economica, sulla quale sta impattando in maniera ancor più pesante la guerra lanciata dalla Russia in Ucraina. In India si sono verificati episodi di intolleranza e attacchi di nazionalisti indù. Ciononostante, a prevalere è il desiderio di celebrare la fine del Ramadan e riscoprire i momenti di comunità e condivisione che l’Eid al-Fitr, evento che segna la conclusione del mese sacro di digiuno e preghiera, rappresenta tradizionalmente nel mondo musulmano, sunnita e sciita.
Negli ultimi due anni, a causa del coronavirus, in gran parte del mondo sono mancati i banchetti e le cene sontuose che contraddistinguono la ricorrenza che è iniziata ieri sera e prosegue per tre giorni, anche se il calendario può variare. I musulmani ringraziano Allah per aver dato loro forza e benedizioni, nella speranza che il Ramadan li abbia aiutati ad avvicinarsi a Dio e alla perfezione. Il primo a celebrare l’Eid è stato Maometto nel 624 d.C., all’indomani di una vittoria in battaglia. I festeggiamenti cambiano fra sunniti e sciiti, o a seconda dei luoghi di origine. La tradizione vuole che i fedeli si radunino in moschee o all’aria aperta, per consumare il primo pasto alla luce del giorno; la festa è anche occasione di incontro interreligioso.
A gettare più di un’ombra sulle feste quest’anno non è più il Covid, quanto la guerra e le difficoltà economiche generalizzate sommate all’inflazione e all’interruzione delle forniture alimentari, in primis il grano e i cereali. In Egitto molte famiglie hanno acquistato quantitativi inferiori di dolci, di abiti e di regali da distribuire a figli o condividere con parenti, amici e vicini di casa. Il più importante luogo di culto musulmano del sud-est asiatico, la grande moschea di Istiqlal in Indonesia, ha chiuso le porte proprio due anni fa, durante le prime fasi della pandemia. E anche lo scorso anno non ha ospitato fedeli a causa delle restrizioni governative. “Le parole non bastano - afferma all’Ap un fedele di nome Epi Tanjung, a conclusione della preghiera - per descrivere la mia felicità nell’essere qui oggi, dopo due anni divisi dalla pandemia”.
Diverse nazioni a maggioranza musulmana contavano sulle scorte di grano provenienti da Russia e Ucraina per rispondere al fabbisogno interno e oggi sperimentano condizioni di forte difficoltà. A Idlib, provincia nel nord-ovest della Siria controllata dai ribelli e jihadisti anti-Assad, la situazione quest’anno è più difficile che in passato: molte famiglie hanno ricevuto solo la metà delle scorte di cibo necessarie per il fabbisogno. Mancano riso, lenticchie, olio per cucinare in un quadro già fortemente segnato dalla guerra, dalle sanzioni occidentali e dalla corruzione diffusa, elementi questi che si riflettono in maniera più o meno evidente anche nel vicino Libano.
Nella Striscia di Gaza vie e mercati sono gremiti, ma pochi si possono permettere spese complete e l’acquisto di cibi e beni legati alla festa. “La situazione è difficile - racconta Um Musab, madre di cinque figli - e solo i dipendenti statali riescono a guadagnare il necessario per vivere, ma il resto delle persone è schiacciato da povertà e bisogno”. Timori e preoccupazioni legate alla sicurezza uniscono l’Afghanistan e l’Iraq: a Kabul i talebani hanno rafforzato i controlli dopo gli attentati degli ultimi giorni, in un periodo spesso caratterizzato da esplosioni e in una fase di espansione degli attacchi sferrati da cellule locali legate allo Stato islamico (SI, ex Isis) che hanno lanciato una sfida aperta agli studenti coranici. Massima attenzione anche a Baghdad e in diversi grandi centri iracheni, dove scarseggiano gli acquirenti e i negozi lamentano pesanti cali del fatturato.
In India la minoranza musulmana è oggetto di attacchi denigratori dei nazionalisti radicali indù, che hanno a lungo sposato posizioni anti-islamiche e fomentato gli attacchi. I predicatori islamici hanno avvertito i fedeli di rimanere vigili durante l'Eid, mentre si preparano “ad affrontare il peggio”. “Nulla è più come prima - afferma l’attivista Ovais Sultan Khan - per i musulmani in India, incluso l’Eid”.
Tuttavia, molti musulmani altrove nel mondo si sono rallegrati per la ripresa dei rituali interrotti dalle restrizioni pandemiche. Milioni in Indonesia hanno preso d’assalto treni, traghetti e autobus per tornare alle loro famiglie e festeggiare. Nella capitale le famiglie si sono riversate nei centri commerciali per comprare abiti, scarpe e dolci in previsione delle vacanze, a dispetto degli allerta per la pandemia e l’aumento dei prezzi degli alimenti. Anche nella vicina Malaysia è forte la voglia di voltare pagina, dopo due anni di blocchi ai confini. “È una benedizione - sottolinea un commerciante a Kuala Lumpur - poter tornare a festeggiare”.
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