Google ‘salva’ l’App saudita per tracciare le donne e impedire loro di fuggire
A dispetto delle critiche di politici, attivisti e ong pro diritti umani il gigante di Mountain View (e Apple) non rimuove l’applicazione dallo store. Parlamentare democratica: la risposta dei vertici di Google è “insoddisfacente”. Sostanziale “disinteresse” nel campo dei diritti umani. Nessun commento dall’azienda.
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - L’applicazione per il web lanciata alle autorità saudite per tracciare i movimenti delle donne e impedire loro di fuggire, favorendo di fatto l’implementazione in rete della tutela maschile, non viola le norme e la policy di google. Di fronte alle proteste di attivisti e ong pro diritti umani e alle interrogazioni parlamentarti (bipartisan) di deputati e senatori a Washington, il gigante statunitense - leader dei servizi internet - ha scelto il silenzio, mantenendo l’app nello store.
In questi anni le autorità saudite hanno creato un immenso database sulle donne del Paese, utilizzato dai parenti maschi - padre, marito, figlio - per tracciare i movimenti e stroncare sul nascere ogni tentativo di fuga. Attivisti e ong pro diritti umani hanno definito il sistema di monitoraggio, emerso da un’inchiesta di Insider, un “prolungamento in rete” delle leggi sulla tutela maschile.
Un archivio che esiste da anni e rafforzato di recente, in seguito alla vicenda della 18enne Rahaf Mohammed al-Qunun, in fuga dalla famiglia di origine - dopo aver abbandonato l’islam - per il timore di essere uccisa. Il sistema di guardia digitalizzato funziona grazie all’ausilio di una app per cellulari chiamata Absher, integrato con i confini nazionali: in caso di utilizzo del passaporto (autorizzato o meno), partono degli sms di allerta. In questo modo i guardiani maschi possono stabilire quando, da quali aeroporti e per quanto tempo le donne sono autorizzate a viaggiare, intrappolandole - di fatto - in Arabia Saudita. Il fenomeno ha assunto una rilevanza notevole, considerando che ogni anno almeno 1000 donne cercano di fuggire; Absher ha consentito di catturare la gran parte di loro, ben prima che potessero lasciare il Paese.
A distanza di un mese dai primi articoli di denuncia apparsi sui principali media internazionali, l’applicazione risulta ancora disponibile nei negozi virtuali di Google (e della Apple). Oltre un milione di internauti sauditi l’hanno scaricata in questi anni e continuano ad usarla senza problemi. Di recente la parlamentare Usa Jackie Speier ha incontrato i vertici del colosso di Mountain View e di Cupertino, e giudica le risposte ricevute “insoddisfacenti”. “Sono contrariata - afferma la rappresentante democratica - per il loro sostanziale disinteresse nel mostrare impregno nel campo dei diritti umani”. La loro risposta alle interrogazioni, aggiunge, è “insoddisfacente”.
Ad oggi non vi sono commenti ufficiali di Google (e della Apple) sulla vicenda.
In Arabia Saudita - dove le opinioni sulla App restano contrastanti - le donne continuano a essere represse per il loro attivismo e a poco sono valse le tanto sbandierate “riforme” del principe ereditario Mohammad bin Salman (Mbs), fra cui la fine del divieto di guida. La tutela maschile viene considerata come una forma di apartheid di genere, che lega al donna al proprio “guardiano” uomo. Essa trova applicazione tanto online e sui social, quanto nella vita reale.