27/05/2016, 11.46
INDONESIA
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Giustizia e pace: la pena di morte “è inutile e sbagliata”, l’Indonesia è troppo corrotta

di Mathias Hariyadi

Jakarta ha annunciato l’esecuzione imminente di 15 detenuti. P. Siswantoko, segretario esecutivo della Commissione, denuncia le lacune del sistema giudiziario, che non garantisce pene ai colpevoli e mette alla sbarra gli innocenti: “La pena capitale non è un deterrente per gli spacciatori di droga. Molti di essi continuano a lavorare da dietro le sbarre”.

 

Jakarta (AsiaNews) – Non c’è “alcun dato valido o informazione che indichi che la pena di morte abbia ridotto o minimizzato il business della droga in Indonesia”. Secondo p. Siswantoko, segretario esecutivo della Commissione episcopale di giustizia e pace, questo è uno dei motivi per cui la pena capitale va rigettata. La Chiesa indonesiana è tornata ad esprimersi sulle pene estreme in vigore nel Paese contro i trafficanti di droga, dopo che Jakarta ha annunciato che è imminente l’esecuzione di 15 detenuti.

Il sacerdote spiega che la pena di morte non risolverà la piaga dello spaccio di stupefacenti se il sistema giudiziario rimarrà corrotto come è adesso: “Quello che apprendiamo dalla stampa – dice – è che non c’è l’effetto deterrente che le pene dovrebbero avere. Siamo scioccati dall’apprendere che alcuni signori della droga potevano condurre i propri affari anche da dietro le sbarre”.

I dati di Transparency International, aggiornati al 2015, mostrano che l’opinione pubblica indonesiana percepisce il settore pubblico come molto corrotto, classificando il Paese all’88mo posto su 168. Di recente, il segretario generale della Corte suprema di Jakarta è finito al centro di un caso di corruzione: avrebbe favorito alcuni sospettati in cambio di somme di denaro.

La Commissione di giustizia e pace, afferma p. Siswantoko, è attiva da tempo per denunciare le esecuzioni capitali e garantire giustizia agli innocenti che finiscono alla sbarra per “errori” giudiziari. Egli racconta l’episodio di Christian, un commerciante di grano che nel 2008 è stato condannato a morte per spaccio di droga. Per la Commissione, che ha fornito 11 avvocati che lavorano pro bono per Christian, l’uomo è vittima di uno scambio di persona ed è stato scelto come capro espiatorio dalla polizia.

La pena capitale va annullata, afferma il sacerdote, “perché il sistema legale in Indonesia è marcio. Non ci sono garanzie che gli imputati siano le persone che davvero dovrebbero essere condannate, perché il sistema legale e burocratico è una catena di corruzione”.

Pochi giorni fa sul tema è intervenuto anche mons. Ignatius Suharyo, presidente della Conferenza episcopale (Kwi). Nel corso di un seminario all’università cattolica Atma Jaya di Yogyakarta, egli ha ribadito la posizione della Chiesa, che “rigetta con fermezza” la pena di morte e difende la vita dal suo concepimento alla morte naturale.

L’Indonesia ha una delle leggi anti-droga più severe al mondo, per combattere quella che il presidente Joko Widodo ha definito “un’emergenza nazionale”. Dal 1979 al 2015, sono state portate a termine 66 esecuzioni capitali.

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