Giustizia e Pace: migranti, priorità della Chiesa vietnamita
Hanoi (AsiaNews/EdA) - Il fenomeno della migrazione interna e all’estero acquista una rilevanza sempre maggiore in Vietnam; anche i vescovi nella prima assemblea annuale, che si è tenuta a metà aprile a Saigon, hanno affrontato la questione aprendo un tavolo di discussione e confronti. La Chiesa locale sta cercando “risposte” alle sfide che si fanno sempre più numerose; tuttavia, attraverso il presidente della Commissione Giustizia e Pace i vertici cattolici chiariscono che essa investe “le più alte cariche dello Stato” e, in particolare, “gli organismi preposti alla difesa dei viaggiatori” e quanti si battono contro la tratta di vite umane. Perché pur essendo “un fenomeno recente”, oggi riguarda migliaia di cittadini, uomini e donne, spesso vittime di violenze e abusi.
Nell’assemblea, mons. Joseph Nguyên Chi Linh, responsabile della Commissione episcopale sui migranti, ha illustrato il problema posto dagli sfollati interni e da quanti scelgono l’estero in cerca di lavoro. Quello della migrazione in Vietnam, ha spiegato il prelato, è un fenomeno piuttosto recente: la prima, grande migrazione risale al 1954, con la fuga verso sud di un milione di vietnamiti all’indomani degli accordi di Ginevra che hanno diviso il Paese in due blocchi.
In seguito altri fenomeni migratori si sono verificati nell’aprile 1975, con la fine della guerra e la presa del potere da parte del Nord. Da qui la fuga dei boat-people, i clandestini a bordo di imbarcazioni di fortuna. Con numeri che variano da uno a cinque milioni, a seconda delle fonti. E ancora, i moltissimi migranti interni - dalle campagne alle grandi città - e gli espatriati degli ultimi decenni - prima nell’ex blocco sovietico, oggi in Malaysia, a Taiwan, o nei Paesi del Golfo come Qatar e Arabia saudita - per questioni economiche o in cerca di lavoro.
In un’intervista a Radio Free Asia (Rfa) il vescovo di Vinh mons. Paul Nguyên Thai Hop, presidente della Commissione di Giustizia e Pace della Chiesa vietnamita, ha analizzato a fondo il tema della migrazione ed elencato le situazioni di maggiore criticità. “Vi sono due tipologie diverse di migrazione - spiega il prelato - una all’interno del Paese, la seconda verso l’estero”. Ed è per rispondere a queste sfide, aggiunge, che è nata quella che oggi chiamiamo “pastorale dei migranti”.
Mons. Paul spiega che “è nostro dovere” e compito delle comunità presenti sul territorio “accogliere migranti” e favorire “le condizioni propizie per la loro integrazione”. “Non vanno considerati come ‘migranti’ - aggiunge il vescovo - ma bisogna guardarli con occhi fraterni. Da un certo punto di vista, tutte le politiche di sviluppo del nostro Paese hanno beneficiato del contributo dei migranti”.
La pastorale della Chiesa dedica “grande attenzione ai migranti”, continua il responsabile di Giustizia e Pace, e “considera questo compito come un dovere”. Del resto secondo alcuni, aggiunge, anche Gesù “era un migrante”.
Il vescovo stesso è stato testimone del “dramma vissuto dai migranti”, in particolare di quanti sono espatriati in cerca di un lavoro. Molti sono stati oggetto di scambio, posti in condizione di semi-schiavitù; le donne sfruttate per sesso o date in spose a uomini senza scrupoli. “La situazione di quanti vanno all’estero - puntualizza - resta tragica”. Fra questi le donne del delta del Mekong, che emigrano per sposarsi e diventano vere e proprie “serve” nelle famiglie di accoglienza; per alcune la situazione è così disperata da spingersi fino al suicidio. E ancora, i migranti vittime della tratta di vite umane.
“La Commissione per la pastorale dei migranti collaborerà con le altre commissioni per trovare risposte alle problematiche di maggiore attualità. [Problemi che riguardano] le più alte cariche del Paese - conclude il prelato - E in particolar modo gli organismi a tutela degli interessi dei lavoratori [migranti]”.
28/09/2021 11:49