Ghouta est: l’esercito siriano ha conquistato oltre il 50% dei territori ribelli
I militari avrebbero assunto il controllo di Beit Sawa e Al-Achaari. Il prossimo obiettivo è la città di Douma e le zone a ovest dell’enclave ribelle. Alcune fonti parlano di 800 morti dall’inizio dell’offensiva, ma non vi sono conferme indipendenti. Smentito l’uso di armi chimiche da parte di Damasco nell’attacco del 4 marzo.
Damasco (AsiaNews/Agenzie) - L’esercito governativo siriano avrebbe conquistato più della metà del territorio di Ghouta est, enclave ribelle alla periferia di Damasco, dallo scorso 18 febbraio oggetto di una imponente offensiva. Ad affermarlo sono gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con base a Londra e informatori sul territorio, vicina alla galassia anti-Assad; tuttavia, al momento non si hanno conferme ulteriori dell’avanzata dei militari. In una nota Rami Abdel Rahmane, direttore dell’Osservatorio, sottolinea che “le forze del regime” hanno ripreso “oltre il 50%” dell’area, grazie alla conquista delle località di Beit Sawa e Al-Achaari, Fondamentale nel progresso dell’esercito regolare il sostegno dell’alleato russo e ora l’obiettivo è assumere il controllo dell’intera area.
Nei prossimi giorni le forze fedeli al presidente Bashar al-Assad dovrebbero puntare sulla città di Douma e le località ad ovest dell’enclave ribelle, all’interno della quale operano anche gruppi jihadisti. Secondo quanto afferma l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nella sola giornata di ieri sarebbero morti 45 civili, di cui quattro bambini. In totale, le vittime dall’inizio dell’offensiva sarebbero oltre 800, migliaia i feriti. Ma anche in questo caso non è possibile trovare altre conferme sul bilancio dei morti. In più occasioni l’ong ha accusato la Russia di aver condotto raid aerei “mortali per la popolazione civile”; con lo scopo di favorire l’avanzata delle forze di terra di Assad. Voci che Mosca ha sempre respinto al mittente con decisione.
In realtà dai territori del Ghouta orientale partono anche mortai e razzi lanciati da ribelli e jihadisti, i quali provocano morti, feriti e vittime in diversi quartieri della capitale. Vittime civili si registrano anche nella comunità cristiana, come denunciato dal nunzio apostolico card. Mario Zenari e dalle suore trappiste in una dura lettera di accusa contro Occidente e media internazionali. Nel frattempo emergono smentite in merito alle voci, circolate nei giorni scorsi, di un presunto attacco con l’uso di armi chimiche nell’enclave ribelle. Secondo quanto riferiscono alcuni medici operativi a Ghouta est, nel raid aereo del 4 marzo scorso non è stato usato il gas al cloro.
Nelle fasi successive ai bombardamenti diverse persone hanno ricevuto cure mediche per problemi respiratori e questo aveva fatto sospettare l’utilizzo di armi chimiche da parte delle forze governative. “Le analisi - affermano fonti mediche vicine all’opposizione - mostrano che un missile ha colpito uno scantinato […] l’impatto ha provocato una piccola esplosione” che ha portato alla fuoriuscita di sostanze che hanno provocato “tosse, occhi arrossati e congestione alla gola”.
Quella relativa all’uso di armi chimiche è una questione che si trascina da tempo in Siria, fra accuse di gruppi anti-Assad (e Occidente) e smentite da parte di Damasco e della Russia.