07/11/2017, 12.15
BANGLADESH
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Gaibandha: nessuna giustizia un anno dopo l’attacco ai cristiani santal

di Sumon Corraya

Ieri una manifestazione di protesta per non dimenticare l’aggressione del novembre 2016. Polizia e musulmani hanno saccheggiato le case e occupato le terre dei cristiani tribali. Le indagini hanno portato a tre arresti, ma i presunti colpevoli sono stati rilasciati su cauzione.

Gaibandha (AsiaNews) – A un anno dall’attacco ai cristiani santal del distretto di Gaibandha, aggrediti in modo violento dalla polizia per una disputa terriera, le vittime vivono nel terrore di nuove violenze. Non solo, gli aggrediti non sono ancora tornati nelle proprie case e non hanno riavuto indietro le proprietà espropriate.

Per non dimenticare quanto avvenuto lo scorso anno, ieri circa 1500 tribali santal, in maggioranza cristiani, hanno organizzato una manifestazione di protesta a Gobindaganj, sul luogo dell’aggressione. L’evento era organizzato dal Bagda Farm Bhumi Uddher Sangram Committee [comitato per il recupero delle terre di Bagda Farm, ndr].

Il 6 novembre del 2016 una folla di polizia e musulmani ha attaccato i cristiani locali, perlopiù cattolici di etnia santal, per una disputa terriera. Lo scontro ha provocato la morte di tre cristiani e il ferimento di circa 30 persone, compresi nove agenti. Testimoni hanno raccontato che la polizia aveva mandati d’arresto per 300 santal, fuggiti per evitare il carcere. Altri si sono difesi con archi e frecce ferendo alcuni agenti. Le case dei tribali sono state perquisite e saccheggiate.

Sebastian Hembrom, cattolico santal e membro della chiesa di Mariampur, racconta ad AsiaNews: “I criminali ci hanno attaccato con l’aiuto della polizia e hanno occupato le nostre terre. Dopo un anno, la polizia non ha ancora terminato le indagini. Non vediamo alcun progresso, siamo preoccupati. Abbiamo chiesto che sia fatta giustizia e di riavere i terreni. Vogliamo anche sicurezza”.

P. Shimson Marandi, santal e parroco di Mariampur, riporta che i cristiani sono preoccupati “perché siamo persone perseguitate. Non abbiamo avuto giustizia, tantomeno le terre. Viviamo nella paura”. La preoccupazione maggiore, aggiunge, “deriva dal fatto che se non dovessimo ottenere giustizia, gli aggressori potrebbero essere incoraggiati a perpetrare nuovi attacchi”. Il sacerdote riferisce che più di 1500 capanne sono state date alle fiamme e le proprietà dei residenti derubate. Le indagini hanno portato all’arresto di 33 persone, compresi un politico locale e il presidente del sotto-distretto dell’unione di Sapmara. In tutto, sono state arrestate tre persone, poi rilasciate su cauzione.

Secondo Anwar Hossian Migha, funzionario di polizia, il motivo del ritardo nelle indagini è dovuto “alla necessità di avere il tempo necessario per investigare. Le vittime non sono state in grado di fornire adeguate testimonianze e prove”.

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