27/09/2022, 10.58
PORTA D’ORIENTE
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Fra guerra e povertà, sempre più siriani ricorrono a droghe e psicofarmaci

di Dario Salvi

La storia di una famiglia della Ghouta, dalle sofferenze del conflitto alla disperazione indotta dalla fame. Le persone sperimentano una “depressione collettiva” cui rispondono con un uso (e abuso) crescente di medicine. Secondo alcune stime, il 70% dei farmaci venduti lo scorso anno erano psicotropi. Una richiesta che alimenta il mercato nero. 

Milano (AsiaNews) - “Quando ho incontrato Haifa per la prima volta, alcuni anni fa, mentre infuriava la guerra, avevo di fronte a me una donna della Ghouta [periferia orientale di Damasco, ndr] con un grande sorriso sul volto, nonostante gli orrori e le sofferenze vissute. All’epoca mi aveva colpito, tanto da vedere in lei il simbolo di molte donne siriane per forza, resilienza e speranza. L’ho rivista un mese fa, ed è stato uno shock leggere nei suoi occhi preoccupazione e una stanchezza estrema, al di là della sola fatica fisica”. È quanto racconta ad AsiaNews Maria Sargi [nome di fantasia per proteggerne l’identità, ndr], personalità istituzionale impegnata fin dai primi tempi del conflitto siriano nel campo della diplomazia e dell’attivismo internazionale. Haifa ha tre figli e, negli ultimi mesi, in famiglia si sono nutriti con un solo pane al giorno. “Cosa importa delle malattie, di fronte alla fame? Dov’è la logica degli eventi, di fronte alla fame? Che senso ha la vita, quando i tuoi figli soffrono la fame? Siamo affamati!”. 

Abbiamo toccato il fondo

Il popolo siriano ha sofferto molto negli anni in cui il conflitto infuriava in gran parte del Paese, quando le milizie jihadiste controllavano buona parte del territorio e l’intero sistema che aveva retto la nazione sembrava sul punto di crollare. Oggi le armi mietono meno vittime, ma al rumore degli ordigni si è sostituita la bomba della povertà, non meno drammatica e mortale che ha contribuito a spingere una fetta consistente della popolazione sull’orlo della depressione. Tanto che oggi i sedativi, i tranquillanti e gli psicofarmaci sono fra le medicine più vendute nel tentativo di arginare casi sempre più frequenti di malattie o crolli mentali fra la gente comune. 

“A conclusione della sua testimonianza - prosegue nel racconto la nostra fonte - Haifa ha iniziato a piangere in modo isterico, gridando più volte di aver toccato il fondo”. Ed è la sensazione che emerge osservando il Paese e il suo popolo, che sembra essere tornato indietro nel tempo di migliaia di anni, quasi all’età della pietra quando il solo e unico scopo era quello di racimolare il cibo sufficiente per la giornata e restare vivi… “per sopravvivere!”. Questo, insomma, è ciò che è accaduto ai siriani i quali, dopo essere passati attraverso lunghi anni di guerra e aver sperato in un futuro migliore, adesso “vivono in uno stato collettivo di frustrazione e disillusione: dalle violenze di un conflitto esteriore - conclude la fonte - si è passati alla disperazione interiore”. 

Una depressione collettiva

Uno dei risultati di questa “depressione collettiva” è che milioni di siriani fanno sempre più ricorso a psicofarmaci e medicine per combattere i disturbi e per riuscire a sopportare una situazione che si fa insostenibile. Pur senza disporre di dati ufficiali ma basandosi sull’esperienza personale e quotidiana, molti farmacisti di Damasco e Aleppo interpellati da AsiaNews confermano che il dato relativo alla vendita è “assai elevato”, oggi con certezza “più alto” di un qualsiasi altro periodo della storia recente del Paese. A gravare sulla condizione dei cittadini vi è anche il crescente distacco della comunità internazionale che, dopo aver mantenuto a lungo l’interesse e la pressione sulla Siria oggi ha spostato i riflettori altrove, prima di tutto sull’Ucraina dove la stessa Russia, fondamentale per le sorti del conflitto, oggi dedica gran parte delle risorse militari. Ecco perché molti siriani chiedono almeno “la cancellazione delle sanzioni occidentali” per dare un po’ di sollievo all’economia locale e invertire un quadro in cui pochissimi facoltosi “si stanno arricchendo ancor più con la guerra e il cittadino comune è sempre più povero, depresso e disperato”.

La sensazione di miseria, abbandono, ansia per il futuro spinge un numero sempre più consistente di persone - almeno nelle zone controllate dal governo, dove i dati emergono più numerosi - a ricorrere a tranquillanti e sedativi. Wafaa Keshi, ai vertici del sindacato farmacisti siriano lancia l’allarme, spiegando che l’uso (e l’abuso) di narcotici e psicotropi è sempre più frequente a causa dell’aumento, in parallelo, dei disturbi mentali. Fra quanti sono colpiti da depressione e malesseri vi sono i reduci di guerra e i sopravvissuti con disabilità permanenti, che necessiterebbero - oltre alle cure farmacologiche - di un percorso terapeutico e un sostegno psicologico sotto costante supervisione medica. 

Il mercato nero

Secondo alcune stime indicative, il 70% dei farmaci venduti lo scorso anno appartenevano alla categoria degli psicotropi, cui le persone ricorrono per “fuggire” da una realtà caratterizzata dall’alto costo della vita, salari insufficienti, mancanza di cure mediche e di istruzione. Considerata l’alta richiesta di psicofarmaci e tranquillanti, un numero sempre maggiore di farmacie vende i prodotti anche senza prescrizione medica; al contempo, si è formato un circuito parallelo a quello ufficiale sempre più fiorente. Ahmad Shams al-Din, farmacista a Jaramana (governatorato di Rif Dimashq), riferisce ad al-Monitor che i siriani “stanno scoprendo ogni giorno nuovi narcotici”, che hanno ampia diffusione sul mercato nero. Fra questi un composto locale chiamato Cemo, uno sciroppo verde per la tosse, che contiene un ampio dosaggio di codeina, come il Baltan a base di eroina e spesso usato - in modo improprio e senza supervisione medica - per trattare i disturbi psicosomatici o per i tossicodipendenti in crisi di astinenza.

Qais Khazal, neuropsichiatra, conferma che i tranquillanti sono diventati assai comuni fra gli studenti universitari, la maggior parte dei quali assume Baltan prima di un esame pensando che possa aiutare nella concentrazione. Alia Zuhair, una studentessa a Damasco, riferisce di aver iniziato con metà pillola al giorno, ma dopo sei mesi ne assume tre ogni sei ore. “Ho anche preso altri narcotici - aggiunge - come lo sciroppo verde per la tosse Cemo e gli antidolorifici Proxamol”. Bashar Hekmat, proprietario di un negozio di alimentari nella capitale, arriva ad offrire tre volte il prezzo delle pillole se un farmacista si rifiuta di venderle senza prescrizione medica. In alternativa, si rivolge al mercato nero dove i trafficanti sono sempre più numerosi.

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