08/10/2018, 08.59
TURCHIA - ARABIA SAUDITA
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Fonti turche: il giornalista Jamal Khashoggi ucciso all’interno del consolato saudita

Assassinato da un commando saudita giunto il giorno della scomparsa da Riyadh, poi ripartito. Le autorità del regno respingono ogni addebito. Telecamere di sicurezza mostrano anomalo movimento di vetture attorno al consolato. Washington Post: “Crimine enorme e incomprensibile”. 

 

Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - Con il passare dei giorni aumentano le preoccupazioni sulla sorte di Jamal Khashoggi, giornalista e intellettuale saudita, voce critica del governo di Riyadh e del principe ereditario Mohammad bin Salman (Mbs). Secondo la Turchia, egli sarebbe stato ucciso all’interno del consolato saudita a Istanbul, dove si era recato per espletare le pratiche di divorzio; Riyah respinge ogni addebito e assicura massima collaborazione. La sola certezza è che non si hanno più notizie di lui dal 2 ottobre scorso. 

Fonti della polizia di Istanbul affermano che “il giornalista è stato assassinato” dentro la sede diplomatica saudita, da una “squadra” che sarebbe venuta apposta dall’Arabia Saudita “e ha fatto ritorno il giorno stesso” nel Paese. Per gli inquirenti un gruppo di 15 sauditi è arrivato in città il giorno della scomparsa e non ha mai lasciato il consolato. 

Citando fonti investigative, l’agenzia ufficiale turca Anadolu afferma che Khashoggi “non è uscito” dalla rappresentanza diplomatica. Il consigliere del presidente turco Yasin Aktay aggiunge che il giornalista e intellettuale non avrebbe lasciato il consolato “in modo normale”. 

Dalle immagini delle telecamere di sicurezza che circondano la zona emerge che il giornalista - obbligato a consegnare il proprio telefono cellulare prima di entrare - non è mai uscito (a piedi) dall’edificio. I filmati mostrano al contempo un movimento di auto diplomatiche che vanno e vengono dalla struttura.

Khashoggi si era rivolto al consolato saudita a Istanbul per ottenere dei documenti necessari per convolare a nuove nozze con la compagna Hatice Cengiz, donna di nazionalità turca che ha denunciato per prima la sparizione. L’uomo aveva chiesto alla compagna di rivolgersi alle autorità turche [in particolare di contattare un consigliere di Recep Tayyip Erdogan] nel caso in cui non fosse tornato. Colleghi e amici hanno lanciato la campagna #JamalKhashoggiDisappeared, in arabo e inglese, che ha raccolto migliaia di adesioni. 

L’intellettuale e giornalista saudita era andato in esilio lo scorso anno negli Stati Uniti, nel timore di un possibile arresto da parte delle autorità del regno per aver criticato alcune decisioni del principe ereditario Mbs, uomo forte del Paese. Nel mirino di Khashoggi, l’intervento militare di Riyadh in Yemen e la campagna di repressione interna, che ha colpito fra gli altri l’economista Essam Al-Zamel. 

L’Arabia Saudita nega ogni coinvolgimento nella sparizione di Khashoggi e afferma di collaborare “nelle ricerche”. Sulla vicenda è intervenuto lo stesso Mbs, il quale ha affermato che “non abbiamo nulla da nascondere”. Il principe ereditario aggiunge che gli “ha lasciato dopo pochi minuti o al massimo un’ora” l’edificio e “vogliamo sapere che fine abbia fatto”. 

Per il Washington Post il suo omicidio sarebbe un “crimine enorme e incomprensibile”.

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