Famiglie indù nel dolore: il terremoto blocca i riti funebri
Kathmandu (AsiaNews) - A causa del devastante terremoto che ha colpito il Paese il 25 aprile scorso, migliaia di famiglie indù non hanno celebrato il rito funebre tipico della loro religione, che prevede la cremazione del corpo del cadavere e un periodo di digiuno da parte dei familiari. La fame e la povertà sono le cause principali della mancata celebrazione dei rituali sacri. I fedeli ora temono che lo spirito del defunto non riesca a completare il percorso di reincarnazione e torni a perseguitarli sotto forma di fantasma.
Almeno 3mila morti non sono stati cremati a causa del terremoto. Fra questi, alcuni familiari del 39enne Rajendra Tamang, del villaggio di Singati (distretto di Dolakha nel Nepal settentrionale). “Il terremoto - dice - ha ucciso i miei due figli, mia moglie e mia sorella. Non ho soldi, perciò non posso celebrare il rito funebre e cremare i loro corpi. Nel mio villaggio almeno 50 famiglie indù non hanno potuto compiere il rito finale. Questo ha diffuso tra di noi il timore che gli spiriti tornino a perseguitarci come spettri. Abbiamo paura ad uscire quando calano le tenebre”.
Rama Karki, 49 anni, spiega ad AsiaNews che tra i fattori determinanti vi è pure il costo del rituale: “Mio marito è morto durante il sisma. Noi siamo poveri e dal momento che servono soldi per il rito, non abbiamo potuto celebrarlo”. La donna aggiunge: “In situazioni di crisi, quello che più conta è la nostra vita e non mantenere le pratiche tradizionali indù”.
Nella religione indù il rito funebre riveste un’importanza capitale. Se questo non viene celebrato, l’anima del defunto non può ascendere al Nirvana e reincarnarsi in un’altra vita. La tradizione prevede che il corpo del defunto sia cremato e i familiari più stretti rispettino un periodo di lutto di 13 giorni, durante i quali possono consumare un solo pasto al giorno senza sale e indossare abiti bianchi.
Sirjana Magar, una donna di 33 anni e madre di 3 bambini, ha perso il marito. Racconta le difficoltà della vita di tutti i giorni all’indomani del terremoto: “Ho tre figli e due anziani suoceri. Sono responsabile per loro e devo procurare loro almeno due pasti al giorno. Se dovessi celebrare il tradizionale rito funebre per mio marito, non avrei più soldi e tempo. Inoltre i miei parenti morirebbero di fame”.
Il governo cerca di venire incontro al problema distribuendo denaro per i rituali. Minendra Rijal, ministro dell’Informazione e portavoce del governo, afferma: “Stiamo provando a raggiungere tutte le persone. Distribuiamo loro dei soldi, ma poi è una loro scelta se usarli o meno per i riti. Il governo sta restituendo i corpi delle persone morte ai loro cari, ma non può celebrare il rito al posto loro”.
Secondo Govinda Tondon, esperto di cultura indù, “la tragedia ha portato alcuni fedeli a rompere la tradizione. Se il governo non li aiuterà, secoli di antiche tradizioni indù potrebbero scomparire a poco a poco”. Il terremoto ha colpito in modo particolare la comunità indù: la maggior parte dei templi sono stati distrutti e le autorità hanno vietato l’ingresso ai luoghi sacri per paura di nuovi crolli.