Entro il 2023 i kazaki torneranno all’alfabeto latino, abbandonando il cirillico
La decisione del ministero dell’Istruzione rischia di far crollare l’alfabetizzazione nel Paese e in futuro produrrà una grave frattura tra le generazioni. Dopo la caduta dell’impero sovietico vi è stato un impoverimento culturale delle repubbliche centro-asiatiche. La latinizzazione potrebbe portare ad un avvicinamento alla Turchia e ad altri Paesi vicini, ma creando anche confusione.
Mosca (AsiaNews) - Entro il 2023, il Kazakistan tornerà all’alfabeto latino, rinunciando al cirillico oggi in uso anche per la lingua kazaca, oltre che per quella russa ancora molto diffusa.
La decisione è stata resa pubblica dal ministero dell’istruzione lo scorso 16 aprile. La scelta rischia però di far crollare il livello di alfabetizzazione nel Paese, producendo una grave frattura tra le generazioni.
Nella civiltà europea esistono due modelli fondamentali di scrittura, quello romano-germanico e quello anglo-sassone. Sia l’impero russo che l’Unione Sovietica, con i Paesi ad essa collegati, si è sempre attenuto al primo, a cui si riferisce anche l’alfabeto cirillico. Dopo il crollo dell’Urss, le varie repubbliche post-sovietiche, soprattutto in Asia centrale, hanno perso molti fondamenti ideali e politici, ed è avvenuto anche un crollo dei modelli sociali e civili, con uno scambio tra i modelli di scrittura e di espressione.
La discussione nella società kazaka va avanti da diversi anni, e in vista del 2023 si sta preparando la piena trascrizione della lingua kazaka nell’alfabeto latino. Tra la popolazione la decisione non è molto popolare, e si ritiene un capriccio delle élite; la trasformazione, proposta fin dal 2012, è iniziata nel 2017, per volontà del presidente Nursultan Nazarbaev.
La rinuncia al cirillico porta con sé un numero significativo di complicazioni e contraddizioni, a partire dal livello di istruzione della maggior parte della popolazione, legato in buona parte alla lingua russa e all’alfabeto cirillico. Le nuove generazioni sono destinate a uno strappo non solo con quelle più anziane, ma anche con quelle a loro immediatamente precedenti. Si verificheranno notevoli distanze anche tra i gruppi etnici del Paese, aggiungendo la differenza alfabetica a quella linguistica.
Anche i cittadini che oggi si esprimono principalmente nella lingua kazaka avranno grosse difficoltà a riconoscerla nella variante latinizzata, che non riusciranno né a leggere, né a comprendere, essendo differenti anche le regole di pronuncia nei due alfabeti. Senza contare un fattore molto comune alle generazioni più giovani di tutto il mondo attuale, e cioè la sempre maggiore distanza dalla parola stampata.
Per quanto si critichi, e con evidenti ragioni, la stagione del totalitarismo comunista, non si può negare che in Unione Sovietica vi fosse una grande diffusione di testi stampati, libri e riviste, anche nelle lingue nazionali delle 15 repubbliche dell’Unione. Gli attuali Paesi ex-sovietici non avrebbero né i mezzi, né le forze per continuare o rinnovare politiche editoriali di massa, e i privati non hanno alcun interesse in questo senso. Quindi le future generazioni sono condannate a leggere sempre di meno, e soltanto ciò che verrà deciso di pubblicare per convenienze politiche dai detentori del potere politico ed economico.
Un problema ulteriore riguarda la struttura stessa della lingua kazaka, come di altre lingue dei Paesi della regione, ma anche di quelli più occidentali dell’impero ex-sovietico, come il moldavo o il bielorusso: spesso si tratta di lingue parlate, con scarsa definizione letteraria. Proprio nel periodo della pandemia si è verificato un problema generale nell’esprimere teorie e definizioni scientifiche nella lingua locale, finendo sempre per ricorrere al russo, e a certi livelli all’inglese. Come sviluppare la medicina in lingua kazaka? Per ora non c’è risposta.
Senza contare l’enorme problema del personale degli insegnanti, a tutti i livelli scolastici, per preparare i quali servirà come minimo ancora un decennio. Molti considerano inoltre il rischio di inondare la lingua nazionale di anglicismi, o comunque di espressioni non provenienti dalla cultura nazionale, che oggi difetta anche di scrittori ed esponenti in grado di imporsi a livello popolare.
In passato, nella storia del Kazakistan vi furono già l’alfabeto runico e la scrittura araba, e perfino le lettere latine tra il 1929 e il 1940. I kazaki, inoltre, vivono non solo nella patria ufficiale, ma anche in altri Paesi, come ad esempio in Mongolia, dove si usa ancora l’alfabeto cirillico. La latinizzazione potrebbe portare ad un avvicinamento alla Turchia e ad altri Paesi vicini che usano tale forma di scrittura, ma il rischio della confusione è molto grande, e potrebbe portare alla crisi dell’identità nazionale kazaka. Negli ultimi 30 anni nessuno dei Paesi ex-sovietici che abbia rigettato completamente il russo e la scrittura cirillica, ha ottenuto reali benefici da queste scelte.
Nella foto: una scritta di parole russe ("terrazza estiva") in lettere latine.
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