Energia: Ankara raddoppia l’uso del carbone, il 75% è di provenienza russa
In controtendenza con l’Europa, la Turchia punta sempre più sul combustibile fossile sfruttando il calo dei prezzi. Secondo Ember dal 2013 il Paese è passato dal 25% al 36% nell’uso del carbone per la produzione di energia. Nel 2023 spesi oltre 3,7 miliardi nell’importazione del materiale.
Istanbul (AsiaNews) - In controtendenza con l’Unione europea e la maggior parte delle cancellerie occidentali, che stanno cercando di limitare la dipendenza dal combustile fossile per raggiungere gli obiettivi climatici, la Turchia sta rapidamente aumentando la quota di energia prodotta sfruttando il carbone. A differenza di Bruxelles che ha fissato il 2040 come termine per il completamento della transizione a fonti “green”, da parte sua Ankara ha indicato “l’anno zero” nel 2053, senza però individuare un obiettivo specifico per la transizione ai combustibili fossili.
Secondo uno studio pubblicato nei giorni scorsi dal think tank globale sull’energia Ember, rilanciato da al-Monitor, nel 2013 l’elettricità da carbone rappresentava il 25% della produzione di energia tanto in Turchia quanto nella Ue. A distanza di 11 anni circa questo dato è crollato al 12% fra le 27 nazioni che compongono il blocco europeo, mentre la Turchia ha percorso una rotta opposta arrivando a quota 36% del totale.
Nel 2023 la produzione di elettricità da carbone della Turchia ha raggiunto il livello record di 118 Terawattora, diventando il secondo produttore di carbone in Europa dopo aver superato la Polonia ora al terzo posto. La Germania è l’attuale maggior produttore europeo, avendo riaperto diversi impianti dismessi in seguito all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. In precedenza l’Europa dipendeva fortemente dall’energia russa, ma le sanzioni di Bruxelles a Mosca hanno incluso l’acquisto di prodotti base dal Paese.
Ufuk Alparslan, responsabile regionale Ember per la Turchia, l’Ucraina e i Balcani occidentali, ha definito “molto probabile” che nel 2024 Ankara “superi tutti gli altri Paesi europei e diventi la principale nazione produttrice di energia elettrica da carbone in Europa”. Mentre altri Stati dipendenti dal carbone, come la Germania e la Polonia, si stanno “gradualmente allontanando da questa fonte energetica sporca, la Turchia - afferma - sta andando nella direzione opposta”.
A dispetto del conflitto, la Turchia sta diventando sempre più dipendente dalla Russia per le importazioni di carbone: nel rapporto si legge che nel 2023 il 73% delle importazioni di carbone di Ankara è giunto da Mosca anche grazie alle sanzioni occidentali che hanno determinato un crollo dei prezzi e reso assai meno conveniente l’utilizzo del gas. Da qui la scelta turca di approfittare delle condizioni offerte dal mercato, convogliando nel Paese oltre 15 milioni di tonnellate di carbone destinate in precedenza a Germania, Olanda e altre nazioni Ue. Inoltre, sempre secondo lo studio, lo scorso anno la Turchia ha speso 3,7 miliardi di dollari per l’importazione di carbone per la produzione di elettricità.
In materia di consumi, dallo studio di Ember emerge una diminuzione lo scorso anno in Turchia di almeno due terawattora, passando a 326,6 nel 2023 rispetto ai 328,7 dell’anno precedente, soprattutto a causa del rallentamento dell’attività industriale. Fra le risorse in termini di energia rinnovabile che potrebbe sfruttare Ankara in chiave produttiva vi è il solare, con un potenziale di 120 gigawatt solo dai tetti aggiunge Alparslan, una cifra “pari a 10 volte l’attuale capacità”. Infine, gli “ampi bacini idrici della Turchia - conclude l’esperto - offrono le condizioni perfette per le centrali solari galleggianti. Utilizzando solo il 3% della superficie del bacino idrico della diga di Ataturk, la più grande del Paese, la Turchia può creare oltre due gigawatt”.