Elezioni in Myanmar, Suu Kyi sfida i militari: se vince la Nld guiderà governo e presidente
Yangon (AsiaNews) - Aung San Suu Kyi entra a gamba tesa nella campagna elettorale per le elezioni generali in programma l’8 novembre in Myanmar e annuncia che, in caso di vittoria del suo partito, sarà lei a guidare il governo e ricoprirà un ruolo “al di sopra del presidente”. Un messaggio politico rivolto all’attuale esecutivo, ai generali e al partito di maggioranza Union Solidarity and Development Party (Uspd), che nei mesi scorsi si sono opposti all’emendamento di una norma contra personam che le impedisce di diventare capo di Stato. La “Signora” lancia un segnale chiaro: se vince la Lega nazionale per la democrazia sarà lei a comandare, anche se non lo farà dalla carica di presidente.
Analisti ed esperti di politica birmana prevedono un buon risultato alle urne per la Nld; tuttavia, anche in caso di vittoria del partito di opposizione, la Nobel per la pace è esclusa per legge dalla carica di presidente. Le dichiarazioni di queste ultime ore sono il messaggio più forte inviato dalla “Signora” agli attuali vertici del Paese, alla vigilia delle prime elezioni libere e partecipate in 25 anni e con oltre 90 partiti in campo.
Durante una conferenza stampa nella sua casa a Yangon, dove ha trascorso 15 anni agli arresti domiciliari fra il 1990 e il 2011, la leader della Nld Aung San Suu Kyi ha lanciato “un messaggio molto semplice”: in caso di vittoria alle urne “io sarò al di sopra del presidente”, anche perché non vi sono norme della Costituzione che lo impedirebbero. In realtà l’articolo 58 stabilisce che il presidente “ha la precedenza su tutte le altre persone” nel Paese.
La 70enne “Signora” del Myanmar non ha risparmiato critiche sul processo elettorale e le modalità in cui si è svolta la campagna, sottolineando che non è stata davvero “libera e giusta” e la Commissione preposta non ha saputo fronteggiare le irregolarità. Inoltre, negli ultimi tempi si sono verificati casi di violenze contro candidati dell’opposizione e arresti fra attivisti e studenti.
Aung San Suu Kyi sembra dunque pronta ad assumersi l’onere di guidare il Paese anche senza un preciso riconoscimento istituzionale, attraverso un governo di “riconciliazione nazionale”. Resta da capire però quale sarà l’esito del voto e i riflessi in Parlamento, dove il 25% dei seggi resta - per Costituzione - assegnato di diritto ai militari. E per cambiare la Carta, allo stato attuale, serve il 75% dei consensi. Un traguardo all’apparenza impossibile per la Nld, che deve assicurarsi il 67% dei voti per guidare il prossimo esecutivo, contro il 33% circa dell’Uspd che può contare sull’alleanza coi militari in aula.
Sulle elezioni in Myanmar è tornato anche l’arcivescovo di Yangon card Charles Maung Bo, che ieri ha rilasciato una lunga intervista ad AsiaNews. In una nota il porporato parla di “prime elezioni libere” e ringrazia quanti hanno lavorato e lavorano per rendere questo voto “un successo”. Egli si rivolge alla Commissione elettorale, perché assicuri un voto “libero e giusto anche per i poveri e gli emarginati”. “Il voto è un diritto sacro” e per questo il cardinale invita uomini e donne del Myanmar a “votare senza paure o favoritismi”.