23/07/2024, 12.24
INDIA
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Delhi toglie divieto di adesione a organizzazione estremista indù per i dipendenti pubblici

di Nirmala Carvalho

Il governo guidato dal primo ministro Narendra Modi ha revocato una norma in vigore dal 1966 che impediva ai dipendenti pubblici di far parte dell'RSS, un gruppo paramilitare che promuove l'ideologia Hindutva. In origine le disposizioni impedivano anche l'adesione al Jamaat-e-Islami, un’organizzazione fondamentalista islamica, di cui non si fa menzione. I membri del Congress hanno diffuso la notizia ed espresso la loro contrarietà.

New Delhi (AsiaNews) - Il governo indiano ha revocato il divieto per i dipendenti pubblici di aderire al Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), un’organizzazione paramilitare di estrema destra che si rifà all’ideologia Hindutva (il suprematismo indù) e promuove l’intolleranza verso le altre minoranze religiose dell’India. Si tratta di un gruppo legato al Bharatiya Janata Party (BJP), il partito al governo da cui proviene il primo ministro Narendra Modi, e che, da quando l’India è diventata un Paese indipendente, è già stata bandita tre volte a causa della sua propaganda violenta. 

La notizia è emersa dopo che Jairam Ramesh e Pawan Khera, due membri del Congress, il partito all’opposizione, hanno diffuso un memorandum d’ufficio riguardante la “partecipazione dei dipendenti pubblici alle attività dell'RSS”. Il documento, pubblicato il 9 luglio dal dipartimento del personale e della formazione (a sua volta parte del ministero del personale, dei reclami pubblici e delle pensioni), fa esplicito riferimento a disposizioni precedenti, emanate nel 1966, nel 1970 e nel 1980, che vietavano ai funzionari la partecipazione alle attività dell’RSS e del Jamaat-e-Islami, un’organizzazione fondamentalista islamica ispirata ai Fratelli musulmani. Nello specifico, la direttiva del 1966, redatta dal governo di Indira Gandhi, recitava: “Qualsiasi dipendente pubblico che sia membro o sia in qualche modo associato alle suddette organizzazioni (l’RSS e il Jamaat-e-Islami) o alle loro attività è passibile di azione disciplinare”.

Nel memorandum più recente non viene però menzionata l’organizzazione islamica, ma solo l’RSS: “Le suddette disposizioni sono state riviste ed è stato deciso di rimuovere la menzione di Rashtriya Swayam Sewak Sangh”, si legge nel documento, che fino a ieri non era disponibile sul sito web del dipartimento. 

Sunil Ambekar, capo della comunicazione dell’RSS, ieri ha lodato l’iniziativa del governo: “A causa di interessi politici, all'epoca il governo aveva senza fondamento impedito ai dipendenti statali di partecipare alle attività di un'organizzazione costruttiva come il Sangh”, ha dichiarato sui propri canali social, aggiungendo: “L'attuale decisione del governo si dimostra adeguata e rafforza il sistema democratico dell'India”. Alcuni leader del BJP hanno rilasciato dichiarazioni sulla stessa linea, sostenendo che il divieto imposto in primo luogo 58 anni fa fosse incostituzionale.

Il membro del Congress Jairam Ramesh ha invece spiegato che l’RSS era stato bandito nel 1948 dopo l’assassinio di Gandhi, ma “successivamente, il divieto è stato revocato dietro rassicurazioni di buona condotta. Anche dopo ciò, l'RSS non ha mai issato il tricolore indiano a Nagpur”, sede centrale del gruppo. E ha continuato dicendo che la messa al bando del 1966 era stata imposta “giustamente”. Tuttavia, dopo le ultime elezioni che hanno visto la vittoria del BJP ma non in maniera schiacciante come in passato, i rapporti tra Modi e l’RSS si sono deteriorati, ragione che - secondo Ramesh - ha spinto Delhi a rimuovere il divieto. “Adesso i funzionari possono arrivare in calzoni”, ha aggiunto, riferendosi ai pantaloncini color kaki che fino al 2016 facevano parte della divisa ufficiale dell’RSS.

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