Crimea, alla vigilia del referendum la Chiesa ucraina fa appello all'integrità del Paese
Mosca (AsiaNews) - Oggi in Crimea gli ucraini sono in pericolo di vita. A lanciare l'allarme è l'arcivescovo Kliment di Simferopol e Crimea della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev, a pochi giorni dal referendum che il 16 marzo deciderà sull'annessione della penisola alla Russia. "Tutta la propaganda parla di questo: se sei ucraino sei un banderovez (ultranazionalista, dal nome del politico del secolo scorso, Stepan Bandera, considerato in Ucraina occidentale un padre della patria e dall'Est e dai russi un ammiratore di Hitler) e quindi bisogna ucciderti", racconta l'arcivescovo al portale Sobitia Krima.
Kliment è sceso in piazza già due volte in questi giorni a Simferopol, capitale della repubblica autonoma di Crimea, per pregare per la pace e l'integrità del Paese con alcuni sacerdoti, attivisti del movimento Euromaidan Crimea e rappresentanti della comunità tatara (il 12% della popolazione). Si tratta dei principali tre gruppi che oggi hanno il coraggio di sfidare gli aggressivi uomini del cosiddetto "esercito di autodifesa" filorusso, i quali imperversano per le strade delle città, scoraggiando con minacce - e a volte impedendo con la forza - qualunque espressione di sostegno al governo centrale di Kiev e contraria all'"occupazione russa". "Maidan" o "Ucraina" sono concetti ormai considerati "provocatori" in Crimea, l'unica regione a maggioranza russa e dove il parlamento locale ha già votato di fatto per la secessione e aspetta di "tornare a casa", riunendosi a Mosca, come sostengono i volantini della campagna elettorale.
"L'Europa occupa la posizione di osservatore come fece nel 1933, quando in Ucraina ci fu l'Holodomor" (la terribile carestia staliniana) e nel 1941, quando gli ebrei venivano fucilati", denuncia Kliment, sottolineando che "nel frattempo la situazione è diventata ancora più minacciosa". L'arcivescovo ortodosso ricorda gli attacchi ai giornalisti e il sequestro, da parte di attivisti filorussi, di due degli organizzatori del movimento Euromaidan Crimea: Anatoli Kovalsky e Andrei Schekun, di cui si sono perse tracce dal 9 marzo.
Toni meno allarmati dal reggente della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca, il metropolita Onufry, che lancia comunque un appello a mantenere l'armonia sociale e l'integrità del Paese. "Dobbiamo aiutare la gente a capire che tutti i problemi devono essere risolti in modo pacifico, che non si può offendere il prossimo e tanto meno ucciderlo", dichiara il metropolita in un'intervista al Giornale del Patriarcato di Mosca. A suo dire, quello che succede oggi in Ucraina "mette alla prova il nostro amore per Dio e per il prossimo". Onufry invita a trovare nella preghiera e nel rapporto più stretto con Dio "il modo giusto di uscire da qualsiasi situazione politica". Fino al 15 marzo, intanto, su iniziativa del metropolita Lazar di Simferopol e Crimea (Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca), si pregherà per la pace in tutte le chiese e i monasteri di Crimea.
Onufry ricorda, poi, che l'Ucraina è un Paese "multinazionale": "Qui vivono tatari, russi, romeni, moldavi, ucraini. Dobbiamo imparare a rispettare la cultura degli altri. La causa dell'attuale tensione risiede per lo più nel fatto che una parte, a un certo punto, ha iniziato a imporre la sua cultura, il suo modo di pensare a tutti gli altri". "Dobbiamo, invece, imparare a rispettarci l'un l'altro - ammonisce - la parte orientale dell'Ucraina (più vicina alla Russia) quella occidentale (a maggioranza ucraina e che chiede l'Europa) e viceversa".
"Il mio più fervente desiderio come vescovo della Chiesa ortodossa ucraina è che la Russia faccia tutto il possibile per preservare l'integrità territoriale dell'Ucraina - conclude - in caso contrario verrà inferta una sanguinosa ferità all'unità dei nostri due popoli, che si rifletterà in modo doloroso sulle nostre relazioni reciproche". (N.A.)
13/11/2020 09:01