Cina, la “propaganda online” produce 488 milioni di finti commenti positivi l’anno
Lo rivela uno studio condotto da Gary King e un team di ricercatori di Harvard. L’esercito telematico del Partito impiega tempo e risorse per scrivere sulla Rete pareri entusiasti sull’operato del governo. A questi vanno aggiunti poi i “volontari”, cittadini comuni che non vogliono cambiamenti sociali. Campagna per reclutare 10 milioni di universitari volontari per bandire contenuti "occidentali" dai social media.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Il governo comunista cinese posta ogni anno circa 488 milioni di commenti positivi sul proprio operato attraverso i social network. Gli autori materiali di questa campagna di lodi si dividono in due categorie: impiegati statali o delle Forze armate - la maggior parte - oppure volontari che non vogliono vedere cambiamenti sociali e sperano di calmare il malcontento nei confronti delle autorità. Sarebbe una leggenda quella dei “50 centesimi” pagati da Pechino per ogni post, perché questa operazione fa parte dell’impegno lavorativo dei dipendenti, che ricevono il loor stipendio.
È quanto emerge da una poderosa ricerca appena pubblicata dalla prestigiosa università di Harvard, negli Stati Uniti, che analizza sia la “guerra di propaganda online” operata dal Partito comunista sia i motivi che stanno alla base di questo sforzo. Gary King, uno dei maggiori esperti di Scienze politiche degli Stati Uniti, ha guidato la ricerca che viene definita “la prima analisi empirica su larga scala” riguardo la “brigata 50 centesimi”, in cinese “wu-mao dang”.
Alla base dell’esperimento vi sono oltre 2mila email fra diversi governi distrettuali e i loro Uffici di propaganda. La zona è quella di Ganzhou, nella provincia del Jiangxi, e il periodo va dal febbraio 2013 al novembre 2014.
La maggior parte dei messaggi riguarda proprio comunicazioni dirette alle varie “brigate”. Grazie a questa analisi, il team di King ha potuto identificare circa 43.800 messaggi online citati in maniera diretta nelle mail: di questi, più del 99% era stato generato da impiegati in circa 200 agenzie governative. Su questa base, il gruppo di ricerca ha stimato in 488 milioni il numero di messaggi sui social network creati da governativi.
Il professor Qiao Mu, della Beijing Foreign Studies University, sottolinea come a questi risultati vanno aggiunti quelli “dei volontari coinvolti nei dibattiti online. Queste persone non sono pagate e non ricevono ordini dal governo, ma non vogliono vedere cambiamenti drastici nelle autorità e difendono in maniera volontaria l’esecutivo”. Il docente smonta anche la leggenda dei 50 centesimi a post: “A scrivere sono dipendenti dello Stato, e di certo non vengono pagati di più per fare il loro lavoro”.
Per rafforzare il controllo sulla Rete, scrive il grande conoscitore di Cina Willy Wo-lap Lam, l’Ufficio generale del Gruppo centrale per la gestione degli affari del cyberspazio (Clgca) e della Lega comunista giovanile hanno lanciato un piano per reclutare 10,5 milioni di “giovani volontari per la civilizzazione di internet”. A ogni università maggiore è stata assegnata una quota di diverse migliaia di volontari da reclutare: il loro lavoro è assicurarsi che ogni materiale politicamente scorretto o “occidentalizzato” venga bandito da internet e dai social media.