Chiese di Terra Santa: 'Continuiamo a offrire rifugio a Gaza. Ma serve cessate il fuoco immediato'
Patriarchi e capi delle comunità, con l’arcivescovo di Canterbury, rinnovano l’impegno a vivere il ministero “fra i più vulnerabili” in tempo di pace come in guerra. L’appello alla comunità internazionale per la “salvaguardia” di chiese, ospedali, scuole. P. Romanelli: a san Porfirio estratto un padre deceduto che ha salvato il figlio facendo scudo con il suo corpo. Un terzo convoglio di aiuti nella Striscia. Secondo fonti palestinesi 400 morti nelle ultime 24 ore.
Gerusalemme (AsiaNews) - In un quadro di guerra e violenze sempre più allarmante, con minacce di un confronto diretto fra Israele e Iran che finirebbe per travolgere l’intera regione mediorientale trascinandola in un conflitto devastante, i leader cristiani di Gerusalemme rinnovano l’invito alla pace e alla tutela dei civili. In un messaggio diffuso nel fine settimana, molto forte nei toni e contenuti, i patriarchi e capi delle Chiese di Gerusalemme - uniti in preghiera con l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby giunto in visita a Gerusalemme - sottolineano che “non verremo meno al nostro dovere di offrire rifugio a Gaza”. Un rinnovato impegno alla solidarietà verso la popolazione civile della Striscia, nel fuoco incrociato dei caccia con la stella di David e dei razzi di Hamas che hanno colpito in pochi giorni due edifici simbolo di ospitalità e convivenza: l’Al Ahli Arab Hospital gestito dagli anglicani e la chiesa greco-ortodossa di san Porfirio, a Gaza City.
Nel comunicato i leader cristiani richiamano gli insegnamenti di Gesù che invita a vivere il ministero “fra i più vulnerabili”, un compito primario “non solo in tempo di pace”, perché “la Chiesa deve agire come Chiesa soprattutto in tempo di guerra”. Tuttavia, essi sottolineano anche che non è possibile operare “da soli” e per questo si appellano una volta di più “alla comunità internazionale” esortandola ad “adoperarsi perché sia garantita subito la salvaguardia di luoghi di rifugio come ospedali, scuole e centri di culto”. Da Gerusalemme cuore della Terra Santa, assieme all’arcivescovo di Canterbury, essi rinnovano l’invocazione per un “cessate il fuoco immediato per far arrivare cibo, acqua e medicine”.
I patriarchi e capi delle Chiese condannano i raid aerei israeliani che hanno colpito il compound di san Porfirio, con il conseguente crollo di due sale che ospitavano decine di rifugiati, incluse donne e bambini, uccisi nel sonno o sepolti dalle macerie. “L’ultimo bilancio - affermano - è di 18 morti, nove dei quali sono bambini”. “Non possiamo ignorare - scrivono - che questo non è che l’ultimo caso di civili innocenti feriti o uccisi a causa di attacchi missilistici” che hanno centrato “scuole e ospedali” dove le persone avevano trovato accoglienza e riparo perché “le loro case erano state demolite”. Devastazioni, concludono , legate alla “incessante campagna di bombardamenti condotta contro le aree residenziali di Gaza nelle ultime due settimane”.
La drammaticità della situazione è confermata dal parroco di Gaza, p. Gabriel Romanelli, in un messaggio inviato ieri sera ad AsiaNews in cui racconta da Betlemme, in attesa del nulla osta di Israele per rientrare nella Striscia, l’aggravarsi dell’emergenza umanitaria e il dramma dei civili. Alla Sacra Famiglia religiosi e laici, insieme ai parrocchiani cattolici e ortodossi, continuano “a cercare di consolare chi piange i suoi morti, guarendo le ferite e aiutando tutti” riferisce il religioso del Verbo Incarnato. La sera del 21 ottobre “una gran parte delle quasi 700 persone che erano alloggiate negli edifici parrocchiali che si affacciano sulla strada, temendo che potessero soffrire qualcosa di analogo a quello che è successo nella chiesa ortodossa, hanno dormito all’interno del luogo di culto. Erano centinaia”.
“La notte è stata lunga - prosegue nel racconto - e fino alle 3 del mattino si sono sentiti pesanti bombardamenti” e gli sfollati “hanno dormito solo per qualche ora”. Il sacerdote ribadisce che “bisogna mettere un freno a tutto questo” e lavorare con ancora maggiore vigore “per la pace” perché “ci sono già stati troppi morti e feriti in Palestina e Israele”. Infine, egli conclude con una breve storia di morte e, al tempo stesso, di speranza: “Una delle vittime [dell’attacco alla chiesa greco-ortodossa, ndr], un padre di famiglia, è stato estratto dalle macerie senza vita. Tra le sue braccia - conclude il religioso di origine argentina - è stato ritrovato vivo un suo figlio piccolo, che egli ha protetto con il proprio corpo facendogli da scudo”.
Intanto, sul fronte umanitario la Bbc riferisce che in queste ore un terzo convoglio sta entrando a Gaza dal valico di Rafah con l’Egitto, dopo un primo invio di aiuti il 21 ottobre e un secondo ieri di 20 e 14 camion rispettivamente. Per il Comitato internazionale della Croce Rossa è un passo positivo, anche se resta “una goccia” nel mare del bisogno in una realtà che definiscono “catastrofica”. Allarmi negati dall’esercito israeliano, il quale ha più volte affermato che a Gaza non è in atto una emergenza umanitaria. E mentre i leader mondiali si muovono per mediare la liberazione dei 222 ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, con il Qatar fra i più attivi, il bilancio delle vittime si fa sempre più elevato con 400 palestinesi, molti dei quali civili, deceduti nelle ultime 24 ore sotto le bombe israeliane. A Gaza si contano 4651 morti e 14.245 feriti; in Israele 1405 morti (la grande maggioranza nell’attacco del 7 ottobre) e 5431 feriti; in Cisgiordania almeno 95 morti e 1650 feriti, cui si aggiungono circa 120 arresti di palestinesi compiuti nelle ultime ore.
(Foto del Patriarcato latino di Gerusalemme)
06/11/2023 10:25
07/11/2023 08:55