26/09/2014, 00.00
VATICANO - ONU
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Card. Parolin all'Onu: le religioni hanno la responsabilità di condannare chi giustifica la violenza con la fede

Intervenendo al Consiglio di sicurezza, il segretario di Stato vaticano ha detto che il terrorismo è ormai un fenomeno globale con "una forte componente culturale". Un fenomeno contro il quale è necessaria la cooperazione internazionale. "Ogni azione nei confronti del terrorismo al di là dei confini del paese che è direttamente sotto attacco deve essere sanzionata dal Consiglio di Sicurezza".

New York (AsiaNews) - "Le persone di fede hanno la decisa responsabilità di condannare quanti cercano di scindere la fede dalla ragione e di strumentalizzarla per giustificare la violenza". L'ha dichiarato il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, durante il dibattito aperto sui terroristi stranieri, svoltosi il 24 settembre al Consiglio di sicurezza dell'Onu, in connessione con il tema in agenda "Minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici".

Nel suo intervento il cardinale ha evidenziato come il terrorismo sia ormai un fenomeno globale con "una forte componente culturale", che esige il solidale intervento delle nazioni, ma che "ogni azione nei confronti del terrorismo al di là dei confini del paese che è direttamente sotto attacco, così come definito dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, deve essere sanzionata dal Consiglio di Sicurezza".

Al giorno d'oggi, ha detto il cardinale, "il terrorismo costituisce una minaccia fondamentale alla nostra umanità comune e condivisa, poiché disumanizza sia l'autore sia la vittima e cerca di distruggere la libertà e la dignità umana, radicate nell'ordine morale naturale, sostituendo ad esse la logica della paura, del potere e della distruzione".

"Come ci ha ricordato Papa san Giovanni Paolo II nella scia dei tragici eventi dell'11 settembre 2001, il diritto di difendere paesi e popoli contro atti di terrorismo non autorizza a rispondere semplicemente con violenza alla violenza, ma piuttosto "deve essere esercitato rispettando i limiti morali e legali nella scelta dei fini e dei mezzi. I colpevoli devono essere correttamente identificati, poiché la responsabilità penale è sempre personale e non può essere estesa alla nazione, al gruppo etnico o alla religione di appartenenza dei terroristi".

"La cooperazione internazionale deve anche affrontare le cause fondamentali di cui il terrorismo internazionale si alimenta per crescere. Inoltre, l'attuale sfida terroristica ha una forte componente culturale. I giovani che si recano all'estero per unirsi alle organizzazioni terroristiche spesso sono ragazzi provenienti da famiglie povere di immigranti, delusi da quella che percepiscono come una situazione di esclusione e dalla mancanza di valori di alcune società opulente. Insieme con gli strumenti legali e le risorse per evitare che i cittadini diventino combattenti terroristi stranieri, i Governi dovrebbero impegnarsi con la società civile per affrontare i problemi delle comunità più a rischio di reclutamento e di radicalizzazione e ottenere la loro integrazione sociale serena e soddisfacente".

Il porporato ha poi ricordato quanto affermato da papa Francesco nel corso del suo viaggio in Albania, che "Nessuno pensi di poter farsi scudo di Dio mentre progetta e compie atti di violenza e sopraffazione! Nessuno prenda a pretesto la religione per le proprie azioni contrarie alla dignità dell'uomo e ai suoi diritti fondamentali, in primo luogo quello alla vita ed alla libertà religiosa di tutti!", e ha concluso tornando ad affermare che "allo stesso tempo, però, è bene sottolineare che per porre fine al nuovo fenomeno terroristico, l'obiettivo di raggiungere la comprensione culturale tra popoli e paesi e la giustizia sociale per tutti è essenziale".

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