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Capo Marina Usa: non più 2027, Pechino potrebbe attaccare Taipei entro il 2024

L’ammiraglio Michael Gilday anticipa la finestra temporale per la possibile invasione cinese. Le previsioni taiwanesi erano per il 2025. Nei prossimi due anni Washington deve consegnare a Taiwan una grossa partita di missili anti-nave. Segretario di Stato Blinken: la Cina sta perseguendo “la riunificazione a un ritmo più veloce”.

Taipei (AsiaNews) – La Cina potrebbe essere in grado di invadere Taiwan entro il 2024 e non il 2027, come previsto in precedenza dal Pentagono. È quanto ha dichiarato l’ammiraglio Michael Gilday, capo delle operazioni navali della Marina Usa. Nel marzo 2021 l’ammiraglio Phil Davidson, all’epoca alla guida del Comando Usa dell’Indo-Pacifico, aveva affermato che i cinesi potrebbero tentare di riprendersi l’isola entro i prossimi sei anni.

Pechino considera Taiwan una “provincia ribelle”, e non ha mai escluso di riconquistarla con l’uso della forza. L’isola è di fatto indipendente dalla Cina dal 1949; all’epoca i nazionalisti di Chiang Kai-shek vi hanno trovato rifugio dopo aver perso la guerra civile sul continente contro i comunisti, facendola diventare l’erede della Repubblica di Cina fondata nel 1912.

La previsione di Gilday, fatta il 19 ottobre durante un convegno organizzato dall’Atlantic Council, non anticipa solo la “finestra Davidson”, ma anche quella taiwanese. Nell’ottobre dello scorso anno, il ministro taiwanese della Difesa Chiu Kuo-cheng aveva avvertito che la Cina avrebbe raggiunto la capacità di lanciare un attacco su “vasta scala” contro l’isola entro il 2025.

L’uscita di Gilday è in linea con quanto riportato da AsiaNews a fine 2021, con la possibilità di una aggressione cinese a Taiwan prima che Taipei riceva un’importante fornitura di missili anti-nave dagli Stati Uniti, programmata nel 2023 e nel 2024.

Nel suo intervento, Gilday ha sottolineato che la flotta Usa deve essere pronta per uno scenario di guerra lungo lo Stretto di Taiwan. E questo non per le parole bellicose di Xi Jinping all’apertura del 20° Congresso del Partito comunista cinese, ma per il fatto che negli ultimi 20 anni Pechino ha realizzato i suoi obiettivi in anticipo sui tempi.

Ai vertici del governo Usa sembra ci sia incertezza sulla questione Taiwan. Per smorzare i toni dopo le affermazioni di Gilday,  ieri il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato che “non c’è alcun motivo” per un conflitto nello Stretto di Taiwan. Il 17 ottobre il segretario di Stato Antony Blinken aveva ammonito però che la Cina sta perseguendo “la riunificazione a un ritmo più veloce”.

In base al Taiwan Relations Act, gli Stati Uniti sono impegnati a difendere l’isola. Adottato nel 1979 dopo il formale riconoscimento diplomatico della Cina comunista, il provvedimento non specifica l’effettiva natura dell’impegno di Washington verso Taiwan: una “ambiguità strategica” che produce continue tensioni con Pechino.

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