14/01/2014, 00.00
PAKISTAN - ISLAM
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Capo (e volto) coperto, obbedienza all’uomo: la donna nel Pakistan “islamizzato”

di Shafique Khokhar
Secondo uno studio recente, il 32% degli abitanti è favorevole al niqab per le donne. Solo il 2% le vuole libere da qualsiasi copricapo. Per la grade maggioranza devono obbedire al marito e solo 7% ritiene che il matrimonio debba fondarsi sull’amore. Critiche della società civile; attivista musulmano: donne devono essere “libere di indossare ciò che vogliono”.

Faisalabad (AsiaNews) - Attivisti, società civile, leader cristiani e musulmani hanno a più riprese denunciato negli ultimi anni una progressiva "islamizzazione" del Pakistan, connotata da attentati terroristici e attacchi alle scuole, oltre che da minacce contro i singoli impegnati nella lotta per i diritti umani e le libertà civili. Una recente inchiesta elaborata dal Centro studi sulla popolazione dell'università del Michigan (Stati Uniti), e basata sulle risposte fornite dai cittadini di diversi Paesi musulmani in tema di abbigliamento femminile, sembra confermare questa tendenza. Per i cittadini del Paese asiatico, infatti, le donne devono coprirsi il volto (o almeno il capo) in modo rigoroso, indossando il niqab o l'abaya; e solo il 2% degli intervistati (il 51% dei quali uomini), ha risposto che le donne posso mostrarsi in pubblico con il volto scoperto e i capelli in mostra. 

Gli studiosi dell'ateneo Usa hanno condotto la ricerca fra il 2011 e il 2013, prendendo in esame gli abitanti di sette diverse nazioni a maggioranza islamica: Tunisia, Pakistan, Egitto, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Turchia. Partendo dalla domanda su come debbano mostrarsi le donne "in pubblico" per essere "appropriate" e consone alla morale. Agli intervistati venivano mostrate sei diverse immagini, che ritraevano un burqa, il niqab, altre tre diverse forme di velo (più o meno aderenti ed estese), infine una donna a volto scoperto. 

Degli oltre 3mila interpellati in Pakistan, il 32% mostra di favorire il niqab, mentre l'abaya è la seconda scelta con il 31% delle preferenze; ancora, solo il 3% dice di volere il burqa, una percentuale che è comunque superiore all'esiguo 2% che le vuole libere. A livello generale, nei sette Stati musulmani ha prevalso l'immagine che mostra una donna che indossa un velo che lascia scoperto solo il volto. Solo in Libano la maggioranza (circa il 50%) ha optato per la donna con capelli sciolti e viso scoperto.

In Pakistan solo il 22% ritiene che le donne possano "vestirsi come meglio credono", mentre oltre i due terzi è favorevole a direttive precise in materia di abbigliamento; infine, il 92% degli interpellati ritiene che le mogli debbano obbedire "sempre" ai mariti e solo il 7% ritiene che il matrimonio debba fondarsi "sull'amore". 

I risultati della ricerca hanno scatenato critiche e commenti da parte di attivisti e membri della società civile. Interpellata da AsiaNews la leader dei giovani cristiani Aila Gil risponde che "le donne dovrebbero potersi vestire come meglio credono", ma in una società prettamente maschile sono molti i diritti negati. "Costumi, tradizioni e norme culturali - aggiunge - impediscono alle donne di avanzare sul terreno politico e sociale. E se lo fanno, gli uomini si sentono minacciati e gelosi, e tendono a negare loro sempre maggiori diritti". Lancia un appello ai giovani il leader pacifista e sostenitore dei diritti umani Yousaf Benjamin, secondo cui le nuove generazioni devono "portare un cambiamento nella mentalità comune", auspicando al contempo "un futuro basato sulla dignità umana e la libertà". 

Il politico e attivista musulmano Iftikhar Ahmed nutre qualche dubbio sulla bontà dell'inchiesta, perché è una "cornucopia del modello di pensiero conservatore". Egli aggiunge che il velo "non ha alcuna radice storica nell'islam", ma è una tradizione peculiare di alcuni Paesi del Medio Oriente; le donne, sottolinea, devono essere libere "di indossare ciò che vogliono". Di contro, i risultati dell'indagine non stupiscono affatto la femminista Nazia Sardar perché sono uno specchio "dello scenario che abbiamo creato negli ultimi cinque decenni". La donna auspica la cancellazione di tutte le leggi e le politiche "discriminatorie", che propongono "differenze" di genere nella società. "Lo studio è un ritratto limpido - conclude - del sistema educativo alimentato nei bambini, ovvero che le donne valgono meno degli uomini e devono essere controllate".

Per Shazia George, invece, le persone dovrebbero coprire il volto "solo nei luoghi di culto", mentre la pratica "va scoraggiata negli spazi aperti e nei luoghi pubblici, per ragioni di sicurezza e anti-terrorismo". Timori condivisi anche dall'attivista musulmana Amina Zaman, secondo cui "non è dato sapere" chi si cela dietro una copertura, sia esso "maschio o femmina", e questa pratica finirebbe per "incoraggiare il terrorismo e fingere da scudo per fornire coperture ai terroristi". 

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